Legge 194/78: quali interventi di prevenzione dell'aborto?

La scorsa settimana, un’interrogazione urgente al ministro della Salute per chiedere quali interventi vengono attuati per prevenire il fenomeno

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Lo scorso 13 maggio, alla Camera, gli onorevoli Gian Luigi Gigli e Paola Binetti hanno presentato un’interrogazione urgente al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in cui chiedevano notizie sulle azioni intraprese dal Governo al fine di conoscere gli interventi di prevenzione dell’aborto previsti dalla Legge 194.

All”articolo 1 della legge n. 194 del 1978, infatti, come ribadito dagli interpellanti, si afferma che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce “il valore sociale della maternità” e “tutela la vita umana dal suo inizio”, mentre l’interruzione volontaria della gravidanza “non è mezzo per il controllo delle nascite” e si dispone, altresì, che lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, “promuovano e sviluppino i servizi socio-sanitari”, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

I consultori familiari sono tenuti, ai sensi dell’articolo 2 della stessa legge, – come evidenziato nell’interrogazione parlamentare degli On. Gigli e Binetti – ad informare la donna in stato di gravidanza sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio, oltre che sulle modalità idonee ad ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante.

Gli stessi consultori debbono anche contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza e possono avvalersi, per attuare i fini previsti dalla legge, della collaborazione di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. “Ai sensi dell’articolo 5 della stessa legge” – come ricorda ancora il testo dell’interrogazione parlamentare suddetta -, il consultorio e le strutture socio-sanitarie hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero all’interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna,  offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.”

Al fine di adempiere ai compiti ulteriori assegnati dalla legge n. 194 del 1978 ai consultori familiari è stata prevista l’assegnazione di specifiche risorse finanziarie. “Dall’esame delle annuali relazioni al Parlamento del Ministro della salute sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978, però – osservano gli interpellanti -,  non risultano dati riguardanti le attività sopra descritte previste dagli articoli 2, 3 e 5 della L. 194/78 e finanziate a norma dell’articolo 4”.

In data 29 maggio 2013, in risposta ad un’interrogazione degli stessi Gigli e Binetti, il Sottosegretario pro tempore Paolo Fadda dichiarava che i dati richiesti sugli interventi di prevenzione dell’aborto non erano in posesso del Ministero della Salute, anche per oggettive carenze dei flussi informativi.

Lo stesso Sottosegretario comunicava contestualmente l’impegno del Ministero della salute ad avviare presso le regioni un’adeguata iniziativa, anche con formale lettera, non solo per sensibilizzare le strutture sanitarie con particolare riguardo al mondo del volontariato per promuovere e sostenere importanti canali di collaborazione e supporto tra i consultori e le associazioni di volontariato, ma soprattutto per richiedere una specifica dei dati con maggiore livello di dettaglio in relazione ai singoli quesiti posti.

“Più recentemente – osservano ancora Gigli e Binetti nell’interrogazione urgente al Ministro del 13 maggio scorso -, la XII Commissione permanente della Camera dei deputati, in riferimento alla relazione del Ministro della salute sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978, ha approvato, in data 6 marzo 2014, una risoluzione nella quale, dopo aver confermato la necessità di una maggiore valutazione dei consultori familiari quali servizi primari di prevenzione del fenomeno abortivo, ha impegnato il Governo ‘a dare piena attuazione agli articoli 2 e 5 della legge n. 194 del 1978’ per favorire la tutela sociale della maternità”.

Gli interpellanti hanno chiesto infine se, a seguito dell’impegno assunto dal Sottosegretario pro tempore Fadda, “sia stata predisposta l’implementazione di una scheda di raccolta dati sull’attuazione della legge n. 194 del 1978, tale da prevedere da parte delle regioni la comunicazione dei dati utili a calcolare il numero delle gestanti per le quali siano stati attivati i colloqui previsti dalla legge, a esaminare le cause che inducono all’interruzione volontaria della gravidanza, per tentarne la rimozione, a conoscere il numero delle gestanti per cui siano stati disposti interventi personalizzati a sostegno della maternità, a quantificare il numero di aborti evitati e l’ammontare degli impegni finanziari assunti a tale scopo, nonché a riferire il numero e la tipologia delle collaborazioni attivate con le associazioni di volontariato che hanno come finalità statutaria l’aiuto alle gestanti in difficoltà”.

La risposta del ministro Lorenzin all’interrogazione suddetta è avvenuta durante lo svolgimento del Question Time alla Camera del 14 maggio, ed è stata davvero deludente. L’on. Gigli si è dichiarato insoddisfatto di quanto affermato dal Ministro, che ha solamente reso nota l’adozione di una scheda di raccolta dati con cui viene chiesto ai consultori di sapere il numero delle donne che hanno effettuato un colloquio a fini Ivg e il numero dei certificati  rilasciati, ma senza alcuna richiesta relativamente agli  interventi effettuati a sostegno delle maternità difficili per ragioni socio-economiche per poter prevenire l’aborto.

L’On. Gigli ha chiesto al Ministro “se invece non sia da cambiare l’atteggiamento del nostro sistema sanitario nei confronti dell’aborto in virtù proprio di quello che la legge n. 194 prevede, cioè la tutela sociale della maternità.”  “Si tratta di andare al di là di quello che viene normalmente inteso come un diritto soggettivo – ha proseguito Gian Luigi Gigli – e che invece, per quanto riguarda la legge, è nient’altro che la dolorosa presa d’atto di un male sociale che dovrebbe essere nostro dovere, per quanto possibile, contenere non attraverso la sanzione ma attraverso proprio la prevenzione e l’educazione. È questo tipo di sforzo che si vorrebbe, ma se non c’è nemmeno il dato di conoscenza su ciò che oggi viene fatto e su ciò che si potrebbe fare, non aiuteremo mai le gestanti in difficoltà e tradiremo lo spirito stesso della legge n. 194.”

Fonte: vitanascente.blogspot.it

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Anna Fusina

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