Proprio negli stessi giorni in cui il Parlamento italiano si appresta a varare il “divorzio breve”, in realtà brevissimo, “sprint” come è stato definito da Alfredo Mantovano, è stato ricordato il quarantesimo anniversario del referendum che nel 1974 sancì l’approvazione della legge Fortuna-Baslini che appunto introduceva il divorzio nell’ordinamento giuridico italiano.
L’evento è stato celebrato come liberatorio da quasi tutti i mezzi di comunicazione. Fra le poche eccezioni una serie di servizi de il Foglio, con un articolo dello statistico Roberto Volpi che ricorda quanto già scritto nei suoi libri, e cioè che con il referendum cominciò il declino demografico degli italiani e la diminuzione dei matrimoni, oltre ovviamente all’incremento delle separazioni. Sempre il Foglio, in un articolo firmato da Maurizio Crippa, ricorda un punto nodale di quella stagione (e ancora attuale), ossia il motivo della mancata unità dei cattolici nella difesa dell’indissolubilità del matrimonio a causa della loro ignoranza del diritto naturale.
In poche parole, avvenne che pochi compresero l’insegnamento della Chiesa secondo cui l’indissolubilità del matrimonio è un principio della legge naturale e non deve essere difeso nel dibattito civile e politico in quanto sacramento della fede cristiana. Lo comprese il comitato promotore del referendum e il suo Presidente, il docente di diritto romano Gabrio Lombardi, che pose questa tesi al centro della campagna referendaria. Lo disse il Consiglio permanente della Conferenza Episcopale, ma questa idea non penetrò in profondità nel mondo cattolico. I sostenitori dell’abrogazione della legge divorzista furono così in difficoltà di fronte ai divorzisti che li accusavano di voler imporre la fede e le sue conseguenze morali a chi non credeva. Se sei cattolico non divorzierai, ma se non lo sei perché non dovresti poterlo fare? Quante volte questa tesi è risuonata durante quegli antichi dibattiti, senza ottenere risposte adeguate, e spostando così centinaia di migliaia di voti da un fronte all’altro.
Ricordare è utile se serve per evitare di ripetere errori già commessi. O si riesce a spiegare che il matrimonio è un fatto che riguarda tutti gli uomini e che la sua indissolubilità è un valore universale che prescinde dalla fede, oppure non si comincerà mai a risalire la china. Certo, lo smarrimento della fede ha influito moltissimo nella perdita del significato del matrimonio, ma se vogliamo spiegare agli uomini contemporanei le ragioni dell’indissolubilità dobbiamo partire da un discorso di ragione.
Il mondo è cambiato profondamente
Il mondo è profondamente cambiato da allora. E’ cambiata la geopolitica dopo il 1989, è cambiato il costume dopo il Sessantotto. Allora si trattava di difendere un istituto ancora forte e che comunque veniva ritenuto fondamentale anche se non si conosceva ancora, nel 1974, quanto l’attacco portato alla famiglia a partire dal 1968 fosse realmente penetrato nella cultura e nel costume.
Oggi lo abbiamo capito. Abbiamo compreso quant’acqua è passata sotto i ponti da allora e quanto quella generazione abbia dovuto subire lo scardinamento dei princìpi.
Se allora si trattava di difendere oggi bisogna riconquistare. Si tratta della stessa differenza fra difendere la Chiesa assediata, come è accaduto per due secoli, l’Ottocento e il Novecento, e invece riproporre il Vangelo dopo la fine di questa epoca, durata due secoli (1789-1989), che ha cambiato i connotati di una generazione.
La nuova evangelizzazione è proprio questa cosa. Si tratta di riproporre la salvezza dell’unico Salvatore a un popolo profondamente segnato da questi ultimi 40 anni di scristianizzazione. E nel cuore della nuova evangelizzazione c’è un istituto naturale, la cui importanza fondamentale può essere colta anche dalla ragione di ogni uomo, e proprio per questo può essere protetta e promossa dalle leggi.
Bisognerebbe avere l’accortezza di mettere a fuoco queste cose quando si ricordano questi anniversari, altrimenti si rischia di diventare culturalmente succubi di Pannella che, celebrando il referendum, ha detto che i veri cattolici stavano con lui, nel 1974. Forse i “cattolici adulti”, anche se allora si autodefinivano “cattolici-democratici”, quelli che preferiscono disobbedire e sono prossimi all’eresia, o l’hanno già abbracciata.
Che fare oggi?
Ma allora come oggi i cattolici veri stanno da un’altra parte. Stanno con il Magistero e con il diritto naturale, anche quando i loro preti non ne parlano mai.
Certo, ci rendiamo conto di come sia profondamente cambiato, in peggio, il nostro mondo. Ci rendiamo conto che oggi non si tratta di difendere, ma soprattutto di riconquistare, e di ricominciare. Si tratta di “uscire” come dice papa Francesco, di essere visibili sulle piazze per interrogare anche chi, quasi il 90% in Italia, non frequenta la Chiesa e quindi non ha nessuna nozione di diritto naturale perché se quest’ultimo è stato dimenticato dai cattolici, è stato abbandonato molto prima e molto più profondamente da tutti gli altri. Oggi c’è poco da difendere e tutto, o quasi, da riconquistare, con pazienza e con molta umiltà, senza lanciare anatemi, senza scoraggiarsi, senza scandalizzarsi e con una grande pazienza, quella “pazienza storica” che manca completamente nell’epoca del “tutto e subito”.
Fonte: www.comunitambrosiana.org
Per approfondire
– Pannella: “Con noi i cattolici veri”, intervista di Giacomo Galeazzi, Vatican insider, 12 maggio 2014
– Roberto Volpi, Mappa del disastro famigliare e Maurizio Crippa, Fanfani, Pasolini e storie cattoliche, il Foglio, 13 maggio 2014
– Marco Invernizzi, “Divorzio corto”, in Cristianità, n. 143, marzo 1987
– M. Invernizzi, Appunti sulla storia e sul ‘progetto’ dei ‘cattolici democratici’, ibid., n. 156-157