La persecuzione dei cristiani in molte zone del mondo arriva ad essere una vera “epurazione sistematica” e, dove non ha ancora assunto i “toni della violenza”, si manifesta in modo “ideologico”, attraverso le varie “sedi culturali e legislative”.
Lo ha detto il cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore presso il Tribunale della Penitenzieria Apostolica, nel suo intervento introduttivo di lunedì scorso al convegno internazionale Può la cristianità sopravvivere alla persecuzione?, tenutosi a Malta e promosso da Aiuto alla Chiesa che Soffre.
La domanda sollevata dall’incontro, ha spiegato Piacenza, si presta ad una duplice risposta. Se per “cristianità” si intende un “contesto sociale e culturale cristiano” ed una “espressione sociale e pubblica del cristianesimo”, la risposta potrebbe essere “negativa”.
Il “fatto cristiano” in se stesso, tuttavia, inteso come “incontro con l’Avvenimento e la persona di Gesù Cristo”, non solo è ineliminabile ma è la storia a rammentarci che esso è stato “irrobustito nelle sue corde profonde, proprio dalla persecuzione”. Il cristianesimo, quindi, ha “una struttura imprescindibilmente martiriologica”.
C’è poi un aspetto, quello della “libertà religiosa” che non si può negare sia “anche un frutto maturo del cristianesimo” e ciò è avvenuto grazie al “fecondo e strutturale dialogo tra ragione e fede”.
La libertà religiosa, tuttavia “non legittima il “supermarket” contemporaneo della fede o delle spiritualità, ma pone un limite al potere”, in particolare “di fronte a qualunque tentativo, esplicito o occulto, di indebita ingerenza”.
La “Cristianità”, intesa come “legittima traduzione della fede cristiana in espressioni sociali e storiche”, ha proseguito il porporato, può avere un futuro “proporzionato alla verità con cui vivremo l’appartenenza a Cristo”.
Il cristianesimo “non è mai estraneo all’uomo” e, “anche nel tempo della persecuzione”, esso “non è una ideologia che si scontra con altre ideologie, né una morale che viene sostituita da altre morali”, ma è, piuttosto, “la risposta definitiva di Dio alle esigenze insopprimibili del cuore umano, di quella dimensione profonda ed insopprimibile che l’uomo vive nella feconda solitudine della coscienza e nella verità di se stesso”.
Non si tratta quindi soltanto di “difendere le strutture o le leggi cristiane” ma anche di saper “ridestare il cuore umano, il cui desiderio di infinito è troppo spesso soffocato da mille inadeguate risposte o ridotto da infinite obiezioni e riduzioni”: è in questa prospettiva che dovrebbe porsi la “nuova evangelizzazione, se non vogliamo che essa rimanga uno slogan demagogicamente ripetuto e basta”, ha affermato Piacenza.
La sopravvivenza della cristianità, nella sua “dimensione storica e sociale”, è quindi condizionata alla “corrispondenza di Cristo al cuore umano”. Pertanto la cristianità può sopravvivere alla persecuzione “nella certezza della natura soprannaturale, cioè divina, del fatto cristiano e nella conferma, che da venti secoli ci giunge dalla storia, che “non praevalebunt”.
Una sopravvivenza che, a sua volta, è anche condizionata dal fatto che “gli uomini non si dimentichino di se stessi” e “della propria dimensione di domanda infinita di significato” e che “la Chiesa non si vergogni di Cristo”.
In conclusione il cardinale Piacenza ha elogiato Aiuto alla Chiesa che Soffre per “il suo continuo impegno a sostegno della missione ecclesiale, della libertà religiosa, della formazione sacerdotale e dell’apostolato concreto”.
Il porporato ha poi accennato all’inaugurazione di un ufficio di ACS a Malta, che si inserisce nella “antichissima, veneranda storia della Chiesa maltese”, la quale è “garanzia di stabilità e di fedeltà all’ininterrotta Tradizione apostolica”.