Omosessuale e fedele alla Chiesa: è possibile? (Prima parte)

Intervista esclusiva a Philippe Ariño, scrittore e blogger controcorrente

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La differenza è sottile: gli atti omosessuali sono un peccato ma l’inclinazione omosessuale è un fatto di cui le persone che ne sono afflitte non devono provare vergogna. Anzi: se vissuta nella castità e se la sofferenza che ne deriva viene offerta a Dio, l’inclinazione omosessuale può diventare perfino uno strumento di santificazione. Ne è convinto Philippe Ariño, giovane scrittore e blogger francese, la cui storia ha suscitato scalpore a livello internazionale. Reduce da alcune conferenze in Italia – tra cui una al Salone del Libro e un’altra oggi a Milano, a Palazzo Isimbardi, dal titolo Omofobia: vittime e carnefici – Ariño ha raccontato di se stesso a ZENIT. Senza falsi pudori.

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Philippe, presto avrai 34 anni e sei una figura emblematica nel panorama omosessuale e cattolico in Francia. Il tuo blog Il ragno del deserto, (L’Araignée du Désertwww.araigneedudesert.fr), e specialmente il tuo Dizionario dei simboli omosessuali, (Dictionnaire des Codes homosexuels), fanno molto parlare sui social network. Com’è possibile tutto questo, secondo te?

Ariño: Non è facile capire quanto le persone omosessuali siano amate! Lo dico sul serio. In genere, la fragilità umana ha sempre suscitato compassione e tenerezza. Inoltre, l’omosessualità è una parola che affascina e, allo stesso tempo, spaventa, poiché è circondata di mistero, di sofferenza (intuita ma poco denunciata), d’ignoranza, di silenzio (le persone che si avventurano nel parlarne hanno paura di essere catalogate come “omosessuali” o “omofobe”), di buone intenzioni (con il tempo, essa ha preso il nome di “amore” o di “identità” indiscutibili, anche al livello legislativo) e di una grande violenza simbolica. In effetti, nello spazio di un secolo e mezzo, si è scivolati inavvertitamente dai Diritti dell’Uomo verso i “diritti degli eterosessuali e degli omosessuali”, togliendo agli esseri umani la loro umanità sessuata e questo è oggettivamente violento. Come si possono ridurre le persone ai loro fantasmi erotici, a detrimento della loro identità profonda di uomo (o di donna) e di Figli di Dio? Io, ben prima di essere una persona omosessuale, sono un uomo ed un figlio di Dio. Non mi riduco alle mie pulsioni. Non sono un animale né un ossessionato dal sesso! Sono un essere umano… abitato da un desiderio omosessuale più o meno duraturo. Ecco tutto.

Dato che oggi l’omosessualità è banalizzata e, allo stesso tempo, demonizzata o sacralizzata – in altre parole i nostri mass media e i nostri politici l’assolutizzano o la giustificano per non spiegarla – è diventata l’oppio dei popoli, argomento di censura invocato per qualunque ragione o causa politica, anche la più delirante! Attualmente la bipolarità omosessualità/eterosessualità, ovvero un’umanità definita dai suoi fantasmi erotici, è il sassolino nella scarpa del nostro pianeta. I nostri contemporanei si sentono persi identitariamente nella sessualità e nell’amore, dal momento che essi si allontanano dalle due rocce che ci fondano e che ci aiutano ad amare veramente: la differenza dei sessi amante e la differenza tra Creatore e creatura. I nostri contemporanei sono anche disturbati dal fatto che l’esclusione violenta di queste due differenze fondanti sia globalmente chiamata “amore”, “specie umana”, “desiderio omosessuale normale”, “lotta contro le esclusioni”, “accoglienza delle differenze”, ecc., quando essa è proprio un rigetto delle differenze. C’è un paradosso del quale molti uomini moderni non vogliono più rispondere: in effetti, come si può sostenere, nella stessa frase, che “bisogna accettare tutte le differenze” ed anche che “le differenze non esistono perché siamo tutti uguali ed abbiamo gli stessi diritti”? Siamo di fronte ad una cacofonia interiore ed esteriore!

Com’è possibile dirsi al contempo cattolico praticante ed omosessuale, sapendo che la Chiesa condanna fermamente gli atti omosessuali?

Ariño: È molto semplice! Innanzitutto comprendendo che la Chiesa accoglie pienamente il peccatore con il suo peccato, ma senza giustificare questo stesso peccato o i segni che di questo la persona porta con sé, senza eliminarli magicamente. Inoltre è possibile, non praticando la propria omosessualità ma considerandola comunque come un desiderio realmente esistente che può essere trasformato e donato agli altri. Allora diventa possibile (ri)scoprire la propria omosessualità come un potente motore di santità, allorché all’inizio essa rappresentava una vergogna, una pulsione della quale bisognava sbarazzarsi. Da quando ho scelto di vivere nella continenza (dal gennaio 2011 ho posto fine alla seduzione, al porno e alla masturbazione), la vergogna mi ha lasciato, la lingua si è sciolta, la mia gioia è più grande, le mie amicizie sono più numerose e più solide, la mia omosessualità diventa fattore di ironia e di convivialità, non vivo più dei momenti di malinconia come prima. La continenza, anche se essa non è da mettere sullo stesso piano del matrimonio tra uomo e donna o del celibato consacrato, deve essere proposta con delicatezza (a seconda delle situazioni), può essere un “celibato di attesa” meraviglioso, per ogni persona che si sente durevolmente omosessuale e che potrà difficilmente aspirare al matrimonio o al sacerdozio. Nella mia vita, la continenza è già un passo immenso verso il dono completo della mia persona cosi com’è, con le mie forze ma anche con le mie debolezze. La continenza in sé non mi basta. Non mi fermo a questo. Ma essa è già una liberazione. Con la continenza si è creata un’unità tra la mia condizione omosessuale ed il mio amore alla Chiesa. Posso donarmi interamente ed anche con questo desiderio omosessuale che mi abita 24 ore su 24, senza dover portare la colpa della pratica omosessuale.  È davvero l’ideale! Conosco solo i vantaggi del desiderio omosessuale senza gli inconvenienti. Una ferita, in sé, non è né bella né da applaudire. Ma non dimentichiamo che una ferita donata diventa un cuore aperto. Inoltre, le ferite, se offerte a Dio e agli altri, lasciano passare più luce! Sarebbe sciocco, allora, negarle e non utilizzarle!

Andrai presto in Italia, in Spagna ed in Inghilterra per presentare la traduzione del tuo libro L’homosexualité en vérité che è stato un successo in Francia e che è stato appena tradotto in italiano con il titolo Omosessualità controcorrente (Edizioni Effatà).

Ariño: Sì, all’inizio di aprile ho fatto un primo viaggio a Bologna e ritorno in Italia per una serie di conferenze a Torino, Milano e a Roma in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia (IDAHOT) del 17 maggio (per il programma completo degli eventi vedi www.coraggiodellacastita.blogspot.it). Il 19 maggio andrò a Logroño in Spagna, su invito del vescovo Mons. Omella-Omella; a giugno invece incontrerò le Sentinelle di Londra.

[Intervista a cura di N.S.. La seconda parte sarà pubblicata domani, venerdì 16 maggio]

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ZENIT Staff

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