Papa Francesco: la mia scuola

L’educazione secondo Bergoglio in un libro che raccoglie i suoi interventi durante il suo episcopato a Buenos Aires

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Cosa possiamo fare noi maestri, ieri simboli viventi di un progetto di società libera e in cerca di futuro, oggi con ridotta considerazione  sociale e impossibilitati a vivere in modo dignitoso del nostro lavoro?  Cosa può fare l’insieme della comunità educativa, lei stessa attraversata da tante situazioni di discontinuità e sradicamento?”.

Così si interrogava l’attuale pontefice ai tempi in cui era arcivescovo di Buenos Aires. E, tuttavia, la “scuola di Bergoglio”  ha dimostrato non solo di sapersi porre interrogativi giusti, ma anche di formulare già alcune risposte convincenti: nel segno di una “conversione creativa”, come innovazione didattica e, insieme, come pieno orizzonte di responsabilità civile e politica.

Per rendersene conto basta aprire le pagine di papa Francesco “La mia scuola” appena arrivato in libreria (Editrice La Scuola, pagg. 128,  € 9,50). Ovvero: il mondo della scuola –  e  dell’educazione –  visto dal papa, qui soprattutto educatore e pastore, che non rinuncia a coniugare realismo e utopia. L’opera raccoglie infatti tutti i suoi testi più significativi e in particolare quelli che riescono persino ad affrontare la crisi educativa come opportunità, e che indicano percorsi di educazione alla fraternità, oppure decisivi per vincere quella che viene definita la cultura dello scarto.

Non solo. Vi troviamo pure gli scritti più sorprendenti di Jorge Mario Bergoglio, che ci spiegano la sua pedagogia della liberazione e la sua rivoluzione nel segno della tenerezza. Il volume è curato da Fulvio De Giorgi, ordinario di storia della pedagogia, che ha raggruppato queste “perle” secondo un criterio tematico e non meramente cronologico per far meglio emergere la visione globale del pontefice. Uno sguardo ampio, che si staglia nitido nella sua coerenza e compattezza: da un discernimento di fondo sulla realtà storica al riferimento – cruciale e decisivo – a Gesù Maestro, per poi focalizzare l’attenzione sulle opportunità e le responsabilità del tempo presente e sull’educazione alla solidarietà. Il  magistero educativo che emerge  da questi testi tradotti in tutto il mondo, è ricco di spunti e di occasioni di riflessione, ed è insieme vivace e fresco.

Perché nasce  da una lunga esperienza sul campo e dalla contemporanea riflessione pedagogica sulla stessa: frutto maturo di un sapere pratico e di una ricerca sapienziale. A confermare questa constatazione il saggio finale di De Giorgi  che scandaglia le posizioni bergogliane precedenti l’ascesa al soglio pontificio, al fine di individuare matrici originarie, fonti e processi di maturazione, confronti con educatori e insegnanti , dei quali l’ex arcivescovo di Buenos Aires mostra  di conoscere parecchio:

Ed ecco la sintesi fatta – dallo storico Fulvio De Giorgi – dal pensiero bergogliano in tema di scuola e di educazione: quasi un decalogo. Insomma  i 10 punti per un’educazione (eticamente ed evangelicamente) nuova perché rinnovata:

SCUOLA E EDUCAZIONE:  I DIECI PUNTI DI BERGOGLIO

1) «Non consentiamo che la mentalità individualista e competiitiva, così radicata nella nostra cultura, finisca per colonizzare
anche le nostre scuole. Troviamo la forza di insegnare e addirittura esigere la generosità, la benevolenza, il primato del bene co-
mune. L’uguaglianza e il rispetto di tutti: stranieri (di paesi confinanti), poveri, indigenti. Combattiamo, nelle nostre scuole,
ogni forma di discriminazione e di pregiudizio» 


2) «Puntare all’inserimento, lavorare per questo. […] Le nostre scuole devono essere rette da un criterio ben definito: quello
della fratellanza solidale. E quello deve essere il loro tratto distintivo in qualsiasi dimensione e attività; e anche, permettete-
mi di dirlo, quello di ogni maestro cristiano».


3) «Più ci preoccupiamo di sviluppare un pensiero critico, di affinare il nostro senso etico, al fine di migliorare le nostre capa-
cità, la nostra creatività e le nostre risorse, tanto più potremo evitare di diventare schiavi della pubblicità, della pianificata (da
altri) esacerbazione di ciò che è immediato, della manipolazione dell’informazione, dello scoraggiamento che rinchiude ognu-
no all’interno del proprio interesse»

4) «L’educazione non è in alcun modo un processo unidirezionale. […] Siamo davvero disposti a lasciare che [i nostri allievi] insegnino anche a noi maestri? Siamo in grado di farci carico di una relazione da cui tutti possiamo venirne fuori cambiati?».

5) «Le nostre scuole sono chiamate […] a essere istituzioni in cui vengano messe alla prova nuove modalità di relazione, nuovi
cammini di fratellanza, un nuovo rispetto verso la particolarità di ogni essere umano, una maggiore apertura e una maggiore
sincerità, un ambiente di lavoro caratterizzato dalla collaborazione, dalla giustizia e dalla valorizzazione di tutti, da cui resti-
no esclusi i rapporti di manipolazione, competizione, intrighi compiuti alle spalle, autoritarismi e favoritismi interessati».

6) «Innanzi tutto proporci di stimolare, nei nostri giovani, una trasformazione che dia frutti di libertà, autodeterminazione e
creatività e che, allo stesso tempo, si manifesti in termini di risultati come abilità e conoscenze realmente operative»

7) «Ma è necessario fare un ulteriore passo: non sarà per mezzo dell’esaltazione dell’individualismo che daremo ai diritti della per-
sona il posto che spetta loro. Il più grande diritto di un individuo non risiede soltanto nel fatto che nessuno gli impedisca di rea-
lizzare i propri scopi, ma nel poterli effettivamente realizzare.[…]   Una persona matura, una società matura, dunque, sarà quella la cui libertà sia pienamente responsabile e basata sull’amore».

8) «Educare alla solidarietà presuppone non soltanto insegnare ad essere buoni e generosi, a fare collette, a partecipare a opere ri-
guardanti il bene pubblico, ad appoggiare fondazioni e ong. È necessario creare una nuova mentalità che pensi in termini di
comunità, di priorità della vita di tutti e di ognuno invece che all’appropriazione dei beni da parte di pochi».


9) «Il nostro obiettivo non è solo quello di “formare individui utili alla società”, ma educare persone che la possano trasformare!
[…] [non] flaccidi burattini della società consumistica». 

10) «O siamo in grado di formare uomini e donne con questa nuova mentalità, o avremo fallito la nostra missione. […] se nelle nostre
scuole non viene dato vita a un nuovo modo di essere uomini e donne, a un’altra cultura e a un’altra società, stiamo perdendo tempo».

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ZENIT Staff

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