La Santa Sede ha risposto in due sedute al Comitato ONU contro la tortura, come tutti i Paesi che aderiscono a questa convenzione delle Nazioni Unite. Nelle interrogazioni sul tema sono stati affrontati anche i casi di abusi di minori da parte di sacerdoti. La Santa Sede questo lunedì ha risposto che la territorialità che le compete è quella dello Stato Città del Vaticano, perché i crimini compiuti in altri Paesi entrano nella giurisdizione di questi Stati. Martedì, l’Osservatore Permanente della Santa Sede a Ginevra, mons. Silvano Tomasi, ha presentato altre risposte, indicando le misure ‘quasi capillari’ che la Chiesa ha implementato negli ultimi anni, e rivelando che tra il 2004 e 2013 sono stati espulsi 848 sacerdoti, prese misure nei seminari per formare adeguatamente i futuri sacerdoti, e che azioni intraprese hanno segnato una forte diminuzione dei casi di pedofilia nel clero e nella Chiesa. ZENIT ha parlato con mons. Tomasi, che ha indicato come l’obiettivo finale di queste misure intraprese è la protezione dei bambini, per assicurare la loro crescita sana e serena, in modo che siano persone costruttive per la società nella quale devono vivere. Ha inoltre rimarcato che tutti devono pensare ai minori, perché secondo la Organizzazione Mondiale della Salute, ci sono più di 40 milioni di abusi annuali, che spesso avvengono in famiglia, all’interno di associazioni o nella scuola. E ha invitato a interrogarsi su come la forza del Vangelo oggi possa operare per trasformare questa cultura e rafforzare la normalità della vita, e lo sviluppo sano della società.
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Al comitato dell’Onu forse si è un po’ “pasticciato” nel mischiare la tortura con i casi di abuso?
Mons. Tomasi: Alcuni membri del Comitato della CAT hanno trasformato un po’ la situazione facendo appello a un articolo della convenzione contro la tortura, l’articolo 16, dove si parla di comportamento crudele, umiliante e inumano, e quindi considerando che la violazione sessuale è una azione di questo tipo hanno aperto la porta a mettere in iter queste questioni, che tra l’altro sono molto appetitose per i mezzi di comunicazione.
La Santa Sede non è entrata nella discussione se gli abusi sono tortura o meno, ma ha dato dei dati su quanto intrapreso contro la pedofilia…
Mons. Tomasi: La definizione di “tortura” nella Convenzione è molto precisa e la sua estensione ad includere gli abusi sessuali non è in questo momento accettata dalle autorità sui diritti umani. Naturalmente, la Chiesa cattolica rigetta qualsiasi azione che viola la dignità umana. Ma c’era forse un altro obiettivo in questa discussione. Del resto, molto volte vari mezzi di comunicazione ripetono che la Chiesa ha ostacolato o continua ad ostacolare l’azione contro i chierici o i preti che hanno commesso crimini contro i minori, oppure che ignora questa realtà o che non ha preso delle iniziative coerenti.
Quindi lei ha risposto presentando dei numeri?
Mons. Tomasi: Dando queste statistiche disponibili, si documenta chiaramente che negli ultimi dieci anni la Chiesa ha fatto veramente una azione quasi capillare, direi, di pulizia della casa cercando non solo di punire i colpevoli dal punto di vista canonico, ma anche con le sanzioni degli Stati di cui sono cittadini o residenti. E ha creato le condizioni per prevenire questo tipo di crimine prendendo delle misure specifiche nella formazione dei futuri sacerdoti e con l’istituzione, da parte di Papa Francesco, della Commissione per la protezione dei minori.
E per quanto riguarda le vittime?
Mons. Tomasi: La Chiesa ha cercato in quanto possibile di compensare le vittime. L’ha fatto con degli aiuti finanziari, per esempio dando negli Stati Uniti più di 2,5 miliardi di dollari. Ma l’ha fatto anche offrendo aiuti morali, dando consigli e sostegno spirituale per facilitare la loro integrazione nella società e la loro ripresa di una vita normale.
Sono stati 848 i sacerdoti espulsi dalla Chiesa in dieci anni, vero?
Mons. Tomasi: E’ un dato di fatto, questa è la realtà. Bisogna tener conto che il grosso dei casi di pedofilia conosciuti, sono avvenuti negli anni ’60, ’70, ’80. Quindi anche se delle denunce di casi alla Congregazione della Dottrina della Fede sono recenti non vuol dire che essi siano avvenuti quando sono stati riferiti al tribunale civile o ecclesiastico, ma anche molto tempo prima.
E la tendenza oggi quale è?
Mons. Tomasi: Dobbiamo tener conto che la tendenza degli ultimi anni è di diminuzione dei casi di pedofilia nel clero. Mi pare che questo è un segno che le misure prese sono efficaci e che una nuova cultura è entrata nella Chiesa e negli ambienti vicini ad Essa, cioè di denunciare immediatamente i casi che emergono sia dall’autorità civile o ecclesiastica. Certo, la strada migliore è di fare tutto il possibile per vivere la nostra vita sacerdotale e di servizio alla Chiesa in modo giusto.
La Commissione contro la tortura dell’ONU soltanto al Vaticano ha chiesto sugli abusi, o anche ad altri Paesi?
Mons. Tomasi: Sì, anche ad altri Paesi sono state poste domande al riguardo di abusi sessuali sui minori dalla Commissione della Convenzione contro la tortura. Mi pare che ci siano due osservazioni da fare a questo riguardo. La prima è che l’attenzione dei mezzi di comunicazione si concentra sulla Chiesa e hanno messo i riflettori su di questa, perché si capisce che il personale di Chiesa deve essere di estrema fiducia e quando si commettono crimini contro i minorenni non solo si fa un crimine, ma c’è anche la rottura di una fiducia che dovrebbe essere assicurata.
E la seconda osservazione?
Mons. Tomasi: Bisogna mettere questi fatti che sono avvenuti nella Chiesa, nel contesto della situazione globale, perché l’Organizzazione Mondiale della Salute parla di più di 40 milioni di casi di pedofilia l’anno e la stragrande maggioranza di questi casi avvengono nella famiglia e altre categorie di persone coinvolte, come insegnanti di scuole pubbliche, professionisti di vario genere o istituzioni, dai boy-scout, ai casci-blu, al parlamento inglese, come riportato dalla stampa.
I dati della OMS, che attestano circa 40 milioni di casi di pedofilia l’anno nel mondo, sono tremendi…
Mons. Tomasi: Perciò, quando si parla della Chiesa ci vuole un senso di prospettiva per capire che il problema va al di là di essa e che da parte di tutti di deve sentire l’esigenza di proteggere i bambini: l’obiettivo finale è la loro protezione e assicurare loro una crescita sana e serena, in modo che possano essere persone costruttive per la società nella quale devono vivere.
Quale cultura c’é alla radice di questi fatti?
Mons. Tomasi: Mi pare che alla radice del fenomeno della pedofilia ci sia una cultura basata su estreme forme di individualismo che cercano di giustificare qualsiasi comportamento e di fare di ogni desiderio e velleità un diritto umano. Invece la cultura che si fonda sulla tradizione cristiana promuove la dignità della persona e la sua apertura verso la trascendenza e sostiene un concetto di libertà che è legato alla responsabilità delle azioni che si pongono. Abbiamo due culture che si muovono su binari diversi. Per noi cristiani si pone quindi la domanda su come la forza del Vangelo oggi possa operare per trasformare la cultura dell’estremo individualismo ed essere fermento di vita per lo sviluppo sano della società.
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