Il Brasile è il primo Paese al mondo ad opporsi all’ideologia gender per via legislativa. “È stata una battaglia superata con successo a favore della famiglia nel Congresso National”, esulta a ZENIT il prof. Hermes Rodrigues Nery, coordinatore della Commissione Diocesana in Difesa della Vita.
È accaduto il 23 aprile scorso, quando una Commissione speciale si è riunita per analizzare il Piano Educativo Nazionale, che fissa obiettivi e strategie per i prossimi 10 anni e stanzia importanti investimenti pubblici nel settore dell’istruzione.
La proposta, scritta dalla Giunta di governo della presidente Dilma Rousseff, era già stata approvata nel 2012, aveva poi subito delle modifiche in Senato ed era quindi tornata alla Camera (Congresso National).
Nel corso delle votazioni, è stata sollevata la questione relativa a un passaggio del testo di legge che attiene alla “promozione della parità razziale, regionale, di uguaglianza di genere e di orientamento sessuale”. Alcuni parlamentari presenti in Commissione, fiutando la strategia che si cela dietro determinati termini, hanno chiesto di sottoporre a un dibattito e al voto la definizione “uguaglianza di genere e di orientamento sessuale”.
Il deputato Antonio Bulhões, del Partito Repubblicano, ha spiegato ai colleghi: “Questo passaggio sull’ideologia di genere autorizza i burocrati del ministero della Pubblica Istruzione a invadere le scuole con libri gay, bisessuali, transgender ed altro, e tutto con un supporto legale, etichettato come promozione della parità di genere”.
Nonostante gli strali dei colleghi socialisti, che hanno difeso il passaggio in questione definendo “un crimine” qualsiasi pregiudizio e scagliandosi contro il “machismo”, la maggioranza dei deputati ha votato per l’eliminazione del passaggio.
“Non potevamo tollerare l’introduzione dell’ideologia gender nell’istruzione brasiliana, perché si tratta di una questione inerente il singolo individuo, non può essere lo Stato a regolare queste situazioni”, ha affermato ancora, al termine della seduta, Antonio Bulhões.
Nei giorni precedenti al voto, si è espressa sull’argomento anche la psicologa e scrittrice brasiliana Marisa Lobo. La donna ha redatto una lettera nella quale sottolinea che nei Paesi in cui l’ideologia gender si è diffusa, la famiglia ne ha subito gravi danni. A titolo d’esempio, la Lobo ha parlato della Svezia, laddove “i matrimoni diminuiscono, i divorzi crescono, le famiglie sono vessate e oppresse dallo Stato”.
“La vittoria dell’ideologia gender – ha scritto ancora la psicologa – significherebbe l’autorizzazione di ogni perversione sessuale (compresi incesto e pedofilia), la criminalizzazione di ogni opposizione all’omosessualità (reato di omofobia), la perdita di controllo dei genitori sull’educazione dei propri figli, l’estinzione della famiglia e la trasformazione della società in una massa informe, potenzialmente dominata da regimi totalitari”.
L’opinione del prof. Hermes Rodrigues Nery è che “il Brasile, eliminando l’ideologia gender dal suo Piano Educativo Nazionale, ha compiuto un altro passo decisivo nell’affermazione della cultura della vita, per essere un Paese veramente sviluppato, una fiorente nazione”. Pertanto, la vittoria pro-famiglia nel Congresso, conclude Rodrigues Nery, “senza precedenti nel mondo, assume un valore rilevante”.