Essere belli, anche da anziani

La pittrice Sofonisba Anguissola, che per prima si autoritrasse in età avanzata

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La pittrice Sofonisba Anguissola visse per 90 anni (1535 ca. Cremona – 1625 Palermo), e fu famosa fin da giovane.

Michelangelo espresse apprezzabili lodi d’incoraggiamento all’indirizzo della giovane cremonese (allora dieciannovenne), quando fu invitato ad esprimere un giudizio sul suo disegno Fanciullo morso da un gambero (o da un granchio), descritto, come di seguito, dal Vasari: “(…) dove è un’altra carta di mano di Sofonisba, nella quale è una fanciullina che ride di un putto che piagne, perché avendogli ella messo innanzi un canestrino pieno di gamberi, uno di essi gli morde il dito; del qual disegno non si può veder cosa più graziosa né più simile al vero”.

Sofonisba fu molto apprezzata e lodata dai contemporanei. Gli elogi furono espressi a lei – donna e artista del ‘500 – da eminenti personaggi maschili del mondo intellettuale come Annibal Caro, Francesco Salviati, Giovanni Paolo Lomazzo, e finanche dal già citato (e misogino) Giorgio Vasari, che durante la stesura delle Vite si recò nel ’66 in casa Anguissola per verificare la forza dell’indole inventiva della “virtuosa nobildonna“.

Ugualmente Antonio Campi, pittore e storico (1585): “Grandissimo honore hanno etiandio recato alla città di Cremona, sei nobilissimi sorelle… la prima è Sofonisba, eccellentissima nella Pittura...” 

Sofonisba si rappresentò in numerosissimi ritratti.

L’unicità della sua opera (considerata soltanto da questa angolazione) è che continuò a fare autoritratti quando era molto anziana, praticamente vecchia. Cosa che non ha mai fatto nessun’altra pittrice fino al primo novecento.

Infatti, tranne poche eccezioni (per esempio nel ‘600 Giovanna Garzoni e Maria Sibylla Merian, che si fecero rappresentare in età anziana; o Rosalba Carriera – ‘700 – che da anziana si ritrasse biancheggiante come la neve d’inverno), tutte le donne pittrici che fecero dell’autoritratto il loro interesse professionale principale, quando cominciava ad allontanarsi la giovinezza, cambiavano genere pittorico o addirittura cambiavano genere artistico.

Si pensi, per tutte, a Elisabeth Vigée-Le Brun che smise di fare autoritratti intorno ai 40 anni, e cominciò a rappresentare da quella età altri soggetti, fino ad affidare i propri ricordi (Souvenirs) – a 80 anni – non alla pittura ma alla letteratura.

Sofonisba cominciò a ritrarsi nel 1554, quando aveva circa 20 anni (1554 ca.). Nel quadro mostra tra le mani un libro, in cui campeggia la scritta “virgo”, ovvero il requisito d’illibatezza che il codice morale richiedeva nella fase antecedente all’esperienza matrimoniale.

A 21 anni si ritrae per far sapere che fa la pittrice e che è molto brava; a 24 anni si rappresenta come una donna benestante e bellissima.

Qualche volta Sofonisba diviene modella per gli altri, e si fa ritrarre da fuori: da Bernardino Campi, suo maestro, e dalla sorella, che le vuole bene.

Tuttavia – si osserva – diversamente da quanto farà Rembrandt, Sofonisba non usa il proprio volto per studiarne le luci e le espressioni, ma solo e proprio per dire che lei c’è ed è in quel modo.

Quando arriva la vecchiaia (autoritratti del 1610, 1620) – e Sofonisba la riconosce da dentro – continua a fermarsi sul suo corpo, magari sorvolando sui particolari della pelle e delle mani, magari proteggendo il collo, primo indicatore di vecchiaia del corpo, con un colletto rialzato. Ma la postura, l’intero, l’essere sono quelli della vecchiaia che è la sua, sentita da dentro e riconosciuta da fuori.

L’autoritratto a 75 anni porta un’iscrizione “A sua maestà cattolica io vi bacio le mani Anguissola“. Era probabilmente un omaggio al nuovo sovrano spagnolo Filippo III, il cui padre aveva curato gli interessi dell’artista alla corte spagnola nel XVI secolo. Incapace di affrontare un viaggio, la pittrice presentò personalmente i suoi omaggi col quadro.

Nel ritratto a 85 anni si vede con il corpo inclinato in avanti; espone soltanto le mani e il volto, e guarda con sospetto l’osservatore e il suo giudizio.

Nel 1624, a Palermo, Sofonisba ricevette la visita del giovane Anton Van Dyck, chiamato in città per dipingere il ritratto del viceré Emanuele Filiberto di Savoia.

Quando  Van Dick vuole ritrarla (1624, l’anno prima della morte, a 96 anni), lei accetta, e – sembrerebbe – con discreto entusiasmo. Van Dick la trova con “la memoria et il servrello prontissimo, cortesissima”, e racconta che, nonostante l’età, la vecchiaia e la vista, Sofonisba sorvegliava accuratamente l’esecuzione dell’opera mettendo “gli quadri avanti ad essa et con gran stenta mettendo il naso sopra il quadro”

Durante il lavoro, Sofonisba lo intratteneva con discorsi sulla vecchiaia, come fanno i vecchi, raccontando “della vita di essa per la quale se conobbe che era pittora de natura et miracolosa”, inframezzandoli conconsigli discreti sulla illuminazione “accio che le ombre nelle rughe della vecciaia non diventassero troppo grande”.

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FONTI
GIORGIO VASARI: Le vite, Edizione Giuntina e Torrentiniana, http://vasari.sns.it/consultazione/Vasari/indice.html

G. BORSANI: Biografia cremonese, vol. 1, pp. 250-60, Milano 1819, www.lib.uchicago.edu/efts/IWW/texts/htmlfiles/A0148-T001/

DANIELA PIZZAGALLI: La signora della pittura. Vita di Sofonisba Anguissola, gentildonna e artista nel Rinascimento, Rizzoli

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Domenico Sabatini

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