Per diventare Santi, che non significa eroi…

A Santa Marta, Francesco spiega che è la Chiesa a santificare i peccatori che la compongono, non viceversa. E ricorda la forte testimonianza di Giovanni Paolo II nei suoi ultimi giorni di vita

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La lezione di santità del Santo Giovanni Paolo II ha trovato nuovo vigore nell’omelia di oggi di Francesco a Santa Marta. “La santità è la misura alta della vita cristiana ordinaria”, affermava il Papa polacco, un pensiero rimasto agli annali con cui il Pontefice spiegava ad ogni fedele che percorrere la via della santità non significava compiere gesti fuori dal comune, ma vivere quotidianamente aggrappati a Cristo.

A modo suo, e con il suo linguaggio caratteristico, Bergoglio ha ampliato il concetto del Santo predecessore e, nella sua omelia, ha spiegato che santo non è sinonimo di eroe, semmai di peccatore santificato da Dio attraverso la strada dell’umiltà e della croce. Perché è proprio il Signore a rendere santi: “Nessuno santifica se stesso”.

Il caso esemplare è quello di San Paolo che – come narra la prima Lettura della liturgia odierna – da nemico della Chiesa e persecutore dei cristiani, diventa il Santo “Apostolo delle genti”. Una radicale conversione – ha osservato il Papa – che lascia intendere il significato dell’affermazione “la Chiesa è santa”.

La domanda sorge infatti istintiva: “Ma come può essere santa se tutti noi siamo dentro?”. “Siamo peccatori tutti, qui”, ha confermato Francesco, però “è santa la Chiesa! Noi siamo peccatori, lei è santa. È la sposa di Gesù Cristo e Lui la ama, Lui la santifica, la santifica ogni giorno col suo sacrificio eucaristico, perché la ama tanto”. È proprio per questa “appartenenza alla Chiesa” che anche noi peccatori “ci santifichiamo”: “Siamo figli della Chiesa e la Madre Chiesa ci santifica, col suo amore, con i Sacramenti del suo Sposo”. 

In questa Chiesa santa – ha proseguito il Pontefice – il Signore “sceglie alcune persone”, proprio “per far vedere che è Lui che santifica, che nessuno santifica se stesso, che non c’è un corso per diventare santo, che essere santo non è fare il fachiro o qualcosa di questo stile…”. “No! – ha esclamato il Papa – La santità è un dono di Gesù alla sua Chiesa e per far vedere questo Lui sceglie persone in cui si vede chiaro il suo lavoro per santificare”.

È sufficiente sfogliare le pagine del Vangelo per comprendere le parole di Papa Francesco: dalla Maddalena, da cui Gesù aveva cacciato sette demoni, fino a Zaccheo e Matteo, “un traditore del suo popolo che prendeva i soldi per darli ai romani”, sono tanti, nelle Scritture, gli esempi dei peccatori redenti da Cristo. Tutti accomunati dall’essere dimostrazione vivente della “prima regola della santità”: ossia che “è necessario che Cristo cresca e che noi veniamo meno”.

In tal senso, Saulo è l’esempio più efficace. Lui perseguitava e sterminava i cristiani, “ma il Signore lo aspetta. Lo aspetta e fa sentire il suo potere”, ha sottolineato Bergoglio. Quando poi “diventa cieco”, Paolo “obbedisce” e da grande che era “diventa come un fanciullo”, muta il suo cuore e conduce “un’altra vita”. Una vita che non porta certo l’Apostolo ad essere umanamente un vincente: egli “non diventa un eroe”, ha precisato il Papa; lui porta il Vangelo in ogni angolo del mondo ma “finisce la sua vita con un piccolo gruppetto di amici, qui a Roma, vittima dei suoi discepoli”. Fino a che “una mattina sono andati da lui 3-4-5 soldati, lo hanno portato via e gli hanno tagliato la testa. Semplicemente”.

È la prima regola della santità, appunto: “Il grande, quello che era andato in tutto il mondo, finisce così”, “diminuisce, diminuisce, diminuisce…”.

Senza andare troppo indietro nel tempo, sono tanti i testimoni che hanno percorso la “via di Gesù Cristo”, la via “della croce” per santificarsi. Grandi personaggi che “finiscono tanto umilmente”. Ed è proprio questa “imitazione di Gesù Cristo” a rivelare “la differenza fra gli eroi e i santi”.

Come non pensare, in tal senso, “agli ultimi giorni di San Giovanni Paolo II…”. “Tutti lo abbiamo visto”, ha ricordato Francesco, “non poteva parlare, il grande atleta di Dio, il grande guerriero di Dio finisce così: annientato dalla malattia, umiliato come Gesù”.

Eppure “questo è il percorso della santità dei grandi” e “anche il percorso della nostra santità”. Dunque, ha concluso il Pontefice: “Se noi non ci lasciamo convertire il cuore per questa strada di Gesù –  portare la croce tutti i giorni, la croce ordinaria, la croce semplice – e lasciare che Gesù cresca; se non andiamo su questa via, non saremo santi”. Se, invece, andiamo su questa via, “tutti noi daremo testimonianza di Gesù Cristo, che ci ama tanto. E daremo testimonianza che, benché siamo peccatori, la Chiesa è santa”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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