Durante la veglia di preghiera, tenuta nella Basilica di San Giovanni, a Roma, a pochi giorni dalla canonizzazione di Giovanni Paolo II, don Fabio Rosini – responsabile della Pastorale vocazionale della diocesi e iniziatore, tra l’altro, del fortunato e ormai diffuso cammino dei “Dieci Comandamenti” – sottolineò, nella sua appassionata riflessione, un particolare che probabilmente, a prima vista, sfugge alla osservazione di chi si inoltra nella Basilica stessa del Laterano. Le imponenti statue dei dodici Apostoli, collocate a destra e a sinistra, lungo la navata centrale, sono raffigurate nell’atto di oltrepassare una soglia e di penetrare così all’interno della Cattedrale. Nella Chiesa – diceva don Fabio – si accede come in un luogo bello, santo, amabile: è la nostra casa, un ambiente che ci è caro, familiare, dove la comunità cristiana si incontra con il Signore e si raduna volentieri, per ascoltare la Parola di Vita e per celebrare i gesti sacramentali della nostra Salvezza. Gli Apostoli varcano quella soglia per indicarci il passaggio sicuro, la via che ci riporta finalmente a casa.
La ricca simbologia, relativa alla “Porta”, trova le sue radici nella Sacra Scrittura: Apritemi le porte della giustizia: entrerò a rendere grazie al Signore. È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti (Sal 117, 19- 20). Le parole del salmista rievocano l’ingresso festoso di Israele nel Tempio, che custodiva la Legge e l’Alleanza e che rappresentava uno dei segni più chiari e tangibili della unità del popolo eletto, nella comune fede in Jahvé.
Gesù stesso ha dichiarato di essere Lui la porta (Gv 10,7 ss).“Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo”. E la celebrazione degli Anni Giubilari ha riproposto, di epoca in epoca, “il segno” della Porta Santa, aperta per la prima volta nel 1423, proprio al Laterano. Scriveva Giovanni Paolo II, nel 1998, nella Bolla di indizione del Grande Giubileo: “L’indicazione della porta richiama la responsabilità di ogni credente ad attraversarne la soglia… significa confessare che Gesù Cristo è il Signore… È una decisione che suppone la libertà di scegliere e il coraggio di lasciare qualcosa, sapendo che si acquista la vita divina” (Incarnationis Mysterium, 8). E il suo successore, Benedetto XVI, nel 2011, annunciando l’ Anno della Fede, aggiungeva che “La porta della fede, che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella Chiesa, è sempre aperta per noi”(Porta Fidei 1).
Cristo Gesù è la porta della salvezza: perché è via verità e vita per ogni uomo. È il Signore, il Redentore. Solo attraverso di Lui si penetra nel mistero di Dio; solo nel suo nome si può essere salvati. Conoscere il Maestro vuol dire imparare ad amarlo e a seguirlo, a fidarci di Lui. Significa ascoltarne la Parola e lasciarci toccare e risanare dalla Grazia, per conformarci in tutto alla sua Persona, secondo la irripetibile originalità di ognuno. Esistono infiniti sentieri che attraverso il Cuore adorabile di Gesù ci riconducono al Padre. Esistono tanti percorsi, quanti sono i volti stessi della nostra umanità – miliardi e miliardi di cuori – che riflettono la luce del Verbo in una tonalità e in una varietà di colori sempre nuove.
La “porta” della Salvezza è il Cuore Immacolato di Maria, la Ianua Coeli, che partecipa – da creatura – con tutto il suo essere al progetto del Figlio, divenendo per noi canale certo della Grazia, rifugio e materna via che ci riconduce al Cielo, come ebbe Lei stessa a dire a Lucia di Fatima. La devozione mariana, lungi dal sottrarre tempo e attenzione a Cristo, alimenta anzi e pienamente conferma la nostra fedeltà al Vangelo; ci dispone – come Lei – ad ascoltare e a meditare le parole e i gesti del Signore. La assidua recita del Rosario ci guida a partecipare, con una coscienza sempre più viva, alla celebrazione dei Sacramenti e alla carità operosa.
Da Lei impariamo a essere, l’uno per l’altro, luminosi segni di speranza. La “porta” è il nostro cuore: il cuore di ciascuno, per il bene del prossimo. Cuore che sappia – come Maria – amare, comprendere, compatire. Non dito che implacabile accusa, ma mano che si tende per sostenere, per accompagnare e risollevare chi è nella fatica, nel dolore, nel peccato; per abbracciare il piccolo e il povero, il giovane, l’infermo, ogni uomo: non più avversario, ma amico e fratello, che condivide il medesimo nostro cammino e la medesima nostra fatica. È l’abbraccio di Cristo, il purissimo abbraccio del Signore e di Sua Madre, che conforta, che perdona e che consola. Senza di loro, noi sappiamo solo desiderare, afferrare, possedere e distruggere, inesorabilmente, cose, occasioni, persone.
La “porta” è la Chiesa, la Famiglia dei figli di Dio che -come si diceva- è la nostra casa: una gioia condivisa da sperimentare e da testimoniaregià qui, sulla terra, nell’attesa della infinita luce e pace del Paradiso.
(tratto dal mensile “Maria di Fatima”, della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria)