Si è svolta ieri pomeriggio l’audizione di mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di Ginevra, davanti al comitato sulla Convenzione contro la Tortura, riunito in questi giorni per la 52° sessione. Il presule aveva già esposto lunedì il primo rapporto della Santa Sede, ieri invece ha risposto alle domande degli esperti Onu, per oltre tre ore. Molte questioni hanno riguardato il tema dei casi di abusi sessuali e pedofilia all’interno del Clero.
Mons. Tomasi ha prontamente fornito dati su dati per dimostrare il grande impegno e lavoro condotto dal Vaticano in questi anni contro questa piaga della Chiesa cattolica. Innanzitutto, ha detto, la Santa Sede ha ridotto allo stato laicale 848 preti pedofili tra il 2004 e il 2013. 2572 sacerdoti abusatori sono stati sanzionati con misure meno drastiche. Mentre 3420 casi sono stati denunciati alla Congregazione per la Dottrina della Fede basati su accuse credibili di abuso sessuale da parte di un sacerdote con un minore di meno di 18 anni.
Il rappresentante vaticano ne ha elencato i numeri, in ordine cronologico dal 2004 al 2013,: 713 nel 2004, 184 nel 2005, 218 nel 2006, 216 nel 2007, 191 nel 2008, 196 nel 2009, 464 nel 2010, 402 nel 2011, 418 nel 2012, 401 nel 2013, per un totale di 3420 casi. I casi, tuttavia, non si riferiscono agli anni in cui sono riportati: la maggior parte di essi si riferisce anche ad abusi avvenuti tra gli anni ’50 e ’80.
Mons. Tomasi ha poi riferito agli esperti Onu che i sacerdoti dimessi dallo stato clericale direttamente dalla Santa Sede negli anni dal 2004 al 2013, sono: 89 nel 2004, 84 nel 2005, 114 nel 2006, 84 nel 2007, 68 nel 2008, 69 nel 2009, 84 nel 2010, 143 nel 2011, 70 nel 2012, 43 nel 2013. Per un totale di 848. Riguardo invece ai casi risolti con altre misure canoniche e disciplinari, come l’imposizione di una vita di preghiera e penitenza, applicazione di misure penali o altre misure disciplinari, i dati sono i seguenti: 641 nel 2004, 100 nel 2005, 104 nel 2006, 132 nel 2007, 123 nel 2008, 127 nel 2009, 380 nel 2010, 259 nel 2011, 348 nel 2012, 358 nel 2013, per un totale di 2572”.
Dopo la dimissione dallo stato clericale, questi sacerdoti – ha sottolineato Tomasi – tornano a essere “laici con le proprie convinzioni e responsabilità”, senza più “relazioni con il vescovo diocesano o il superiore religioso”, a volte anche “puniti anche dalle autorità civili”. “Non so quanti di questi preti sono stati denunciati alle autorità civili – ha soggiunto – ma da quello che capisco molti o la maggior parte di loro sono stati sanzionati anche in base sistema penale civile”. L’osservatore della Santa Sede ha dichiarato di non possedere, in questo momento, dati relativi a quanti casi siano stati denunciati dalle autorità ecclesiastiche alle corti civili: tuttavia, “la politica è che quando c’è una accusa credibile essa deve essere riportata alle autorità civili in modo che si possa procedere sia sul piano canonico che, nello Stato dove la persona è cittadina, su quello civile”.
Mons. Tomasi ha poi citato i casi dei vescovi di Stati Uniti e Australia come esempi positivi di risposta allo scandalo della pedofili. In particolare, il caso statunitense è stato esemplare in quanto a risarcimenti: “L’ammontare totale pagato da diocesi e ordini religiosi per gli accordi con le vittime tra il 1950 e ora è stato approssimativamente di 2,5 miliardi di dollari Usa. L’ammontare totale per terapie per le vittime 78 milioni di dollari, altri costi approssimativamente 47 milioni di dollari, inclusi pagamenti per inchieste sulle accuse, costi medici o altri sostegni alle vittime, costi per i processi, spese per le trasferte e assistenza di emergenza, terapia, sostegno alle famiglie, servizio di monitoraggio, assicurazioni e altri costi sostenuti dalla conferenza episcopale degli Stati Uniti”.
Alla luce dei dati esposti, mons. Tomasi ha concluso l’audizione ribadendo che “la questione degli abusi sessuali sui bambini, che sono una piaga di livello mondiale, è stata affrontata dalla Chiesa nell’ultimo decennio in modo sistematico, costruttivo ed efficace” e che, anzi, la Chiesa cattolica, intesa come Santa Sede ma anche come Chiese locali, va guardata come “un esempio di buone pratiche che altre istituzioni possono copiare”.
Durante le tre ore di audizione, mons. Tomasi ha toccato numerosi altri temi, come la nuova legge penale promulgata da Papa Francesco; la distinzione tra la giurisdizione della Santa Sede all’interno dello Stato della Città del Vaticano e al di fuori di essa; la posizione della Chiesa sull’aborto. Un punto, questo, contestato dai commissari Onu, a cui mons. Tomasi ha risposto rimarcando il rischio di “violare la libertà di opinione e di fede” insita in questa critica e rivendicando che la Chiesa “non obbliga” al rispetto delle proprie convinzioni, ma “condanna la tortura, inclusa quella inflitta a coloro che sono torturati o uccisi prima di nascere”.
Sul caso controverso di una bambina brasiliana di nove anni, scomunicata dopo essere rimasta incinta in seguito ad uno stupro da parte del patrigno, mons. Tomasi ha parlato di un “caso eccezionale”, ricordando l’impegno della Chiesa accanto alle donne.
Un’altra domanda ha infine riguardato “i maltrattamenti subiti nella cella della Gendarmeria da Paolo Gabriele”, il maggiordomo di Benedetto XVI processato e arrestato per la fuga di documenti privati. Maltrattementi che lo stesso Gabriele denunciò durante il processo. Al quesito, oltre a Tomasi ha risposto la delegazione vaticana – che include mons. Christophe El-Kassis, il prof. Vincenzo Buonomo e mons. Richard Gyhra – la quale ha sottolineato che un ingegnere e un oftalmologo furono incaricati di verificare se il maggiordomo fosse costretto a vivere in uno spazio insufficiente o aveva subito danni alla vista. L’esame si era concluso negativamente.
La commissione Onu pubblicherà le sue relazioni il prossimo 23 maggio.
(A cura di Salvatore Cernuzio)