“Riflettere sulla dimensione ‘luminosa’ della fede e sulla connessione tra fede e verità, da indagare non solo con gli occhi della mente ma anche con quelli del cuore, cioè nella prospettiva dell’amore”. Si potrebbe sintetizzare in questo invito il messaggio di Papa Francesco nei suoi due documenti ufficiali: la Lumen Fidei e l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium.
Un invito che il Pontefice ha riproposto nel suo messaggio ai partecipanti della diciottesima seduta pubblica delle Pontificie accademie, convocata oggi nell’aula magna del Palazzo San Pio X sul tema «Oculata fides. Leggere la realtà con gli occhi di Cristo»: una espressione del Doctor Angelicus – ricorda il Papa – citata anche nella Enciclica scritta a quattro mani con Benedetto XVI.
Nel messaggio – inviato al presidente del Coordinamento delle Pontificie Accademie, il card. Gianfranco Ravasi, e letto dal segretario di Stato mons. Pietro Parolin – Francesco parte dalle parole di San Paolo ai Romani, “Con il cuore si crede” (Rm 10, 10), e spiega che “è in questo intreccio della fede con l’amore che si comprende la forma di conoscenza propria della fede, la sua forza di convinzione, la sua capacità di illuminare i nostri passi”.
“La comprensione della fede – scrive il Papa – è quella che nasce quando riceviamo il grande amore di Dio che ci trasforma interiormente e ci dona occhi nuovi per vedere la realtà”. Come accadde ai discepoli all’indomani della Risurrezione di Gesù, i quali “non contemplarono una verità puramente interiore o astratta, ma una verità che si dischiudeva loro proprio nell’incontro col Risorto, nella contemplazione della sua vita, dei suoi misteri”. Per questo, san Tommaso d’Aquino “giustamente” afferma che si tratta di una “oculata fides, di una fede che vede!”.
Da questo assunto “derivano importanti conseguenze sia per l’agire dei credenti, sia per il metodo di lavoro dei teologi”, rimarca Bergoglio. Anzitutto, il fatto che “la verità oggi è ridotta spesso ad autenticità soggettiva del singolo, valida solo per la vita individuale”. In altre parole, “una verità comune ci fa paura, perché la identifichiamo con l’imposizione intransigente dei totalitarismi”.
Se però la verità “è la verità dell’amore”, e “si schiude nell’incontro personale con l’Altro e con gli altri”, allora, sottolinea il Papa, “resta liberata dalla chiusura nel singolo e può fare parte del bene comune”. “Lungi dall’irrigidirci”, quindi, la sicurezza della fede “ci mette in cammino e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti”.
Tale prospettiva di “una Chiesa tutta in cammino e tutta missionaria” interpella “tutta la Chiesa ed ogni sua parte”, inseguendo il “sogno di una scelta missionaria capace di rinnovare ogni cosa”. Anche le Accademie Pontificie “sono chiamate a questa trasformazione – afferma il Santo Padre – per non far mancare al Corpo ecclesiale il contributo loro proprio”.
Attenzione, però: “Non si tratta di fare operazioni esteriori, di facciata”; ma piuttosto “di concentrarsi ancora di più sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario”. In tal modo, aggiunge, “la proposta si semplifica, senza perdere per questo profondità e verità, e così diventa più convincente e radiosa”.
Al termine del messaggio, il Papa nomina i due vincitori ex aequo del Premio delle Pontificie Accademie, dedicato quest’anno alla ricerca teologica e allo studio delle opere di san Tommaso d’Aquino. Si tratta di due giovani studiosi: il prof. Alessandro Clemenzia, per l’opera Nella Trinità come Chiesa. In dialogo con Heribert Mühlen, e la prof.ssa Maria Silvia Vaccarezza per l’opera Le ragioni del contingente. La saggezza pratica tra Aristotele e Tommaso d’Aquino.
Una scelta, questa – spiega Bergoglio – volta ad “incoraggiare quanti, tra i giovani studiosi di teologia, vogliono offrire il proprio contributo alla promozione e alla realizzazione di un nuovo umanesimo cristiano attraverso la loro ricerca”. Infine, il Pontefice augura agli Accademici e ai presenti “un impegno fruttuoso nei rispettivi campi di ricerca” e, prima della Benedizione Apostolica, affida ciascuno alla materna protezione della Vergine Maria Sedes Sapientiae, domandando come sempre un ricordo nella preghiera per sé e il suo ministero.