“Le scuole, comunità di fede, conoscenza e servizio”: è il tema della Settimana nazionale delle scuole cattoliche, che la Chiesa degli Stati Uniti celebra dal prossimo 26 gennaio al 1° febbraio. L’evento – giunto alla sua 40° edizione – è promosso dalla Conferenza episcopale nazionale (Usccb), insieme con la “National Catholic Educational Association” (Ncea), l’Associazione che coordina gli insegnanti e gli educatori delle scuole cattoliche del Paese.
Sono più di due milioni gli studenti che frequentano i 6.600 istituti di ogni ordine e grado negli Stati Uniti, distinguendosi per serietà e profitto. A conferma dell’alto livello dell’educazione da essi impartita, si registra che il 99% degli studenti raggiunge il diploma superiore e l’85% arriva all’università.
Mons. George J. Lucas, presidente della Commissione per l’educazione dell’Usccb, afferma con soddisfazione: “Negli anni, le nostre scuole hanno educato milioni di giovani fornendo loro una formazione accademica superiore, senza mai perdere di vista la dimensione spirituale. Il successo delle scuole cattoliche nel trasmettere la fede alle nuove generazioni è un segno luminoso della storia della Chiesa degli Stati Uniti”.
Queste considerazioni incoraggiano anche la Chiesa italiana che registra ogni anno una diminuzione delle scuole cattoliche e qualche volta anche la perdita dell’alto spessore culturale e formativo che le ha distinte nel tempo.
La Conferenza Episcopale Italiana ha promosso per il 10 maggio la giornata della scuola con un grande pomeriggio di festa e d’incontro con il Papa in Piazza san Pietro a cui sono invitati gli studenti, gli insegnanti, le famiglie e tutti coloro che sono coinvolti nella grande avventura della scuola e dell’educazione
”Nella fase storica che attualmente stiamo vivendo, si legge nel messaggio della CEI, il contributo dell’insegnamento della religione cattolica può essere determinante per favorire la crescita equilibrata delle future generazioni e l’apertura culturale a tutte le manifestazioni dello spirito umano‘‘.
Don Francesco Macrì, presidente nazionale della FIDAE (federazione nazionale delle scuole cattoliche) nel corso del convegno nazionale sul tema:’Quale curricolo, per quale alunno, per quale società’, analizzando le difficoltà della scuola cattolica e delle prospettive future, ha affermato: ”Nessuna strada fino ad oggi ha permesso di raggiungere risultati significativi. Va verificato se rispetto al “quanto” e al “come” e al “perché”, non ci siano altre modalità ed opzioni operative ed organizzative più rispondenti alle nuove esigenze del territorio e del nostro tempo”.
Mentre si afferma che L’educazione dei nostri figli è una priorità, di fatto con l’applicazione della Tares e, da quest’anno dell’Imu “la parità giuridica tra scuola statale e non statale rischia di essere disattesa nei fatti“. Lo afferma il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Tocca Fondi.
“Non si capisce, infatti, perché una scuola gestita dallo Stato o dalla Provincia non debba pagare l’Imu e perchè lo debba fare un istituto paritario che, come riconosce la legge, fornisce lo stesso servizio pubblico. Per il 2013 l’applicazione è stata sospesa, ma dal 2014 potrebbe essere letale per molte scuole”. Quanto alla Tares, “non si capisce perché il tributo per la paritaria venga calcolato a metro quadro della struttura, mentre quello della scuola statale a bambino iscritto: come se gli alunni di una scuola sporcassero di più di quelli di un’altra scuola”.
L’ex ministro dell’Istruzione Beppe Fioroni, autorevole esponente del Pd, lancia l’allarme per il rischio di chiusura delle scuole materne paritaria, alla luce del taglio dei fondi e delle nuove imposizioni fiscali: “Nell’indifferenza generale rischiano di chiudere le scuole paritarie, con un terzo dei bambini senza diritto costituzionale“, Questo, ha spiegato, sarebbe “un dramma per le famiglie. Serve una risposta sulle tasse e i contributi o domani le famiglie di tutti i tipi avranno i bambini in strada. Questa è una vergogna“. Eppure è stato accertato che lo Stato risparmierebbe oltre 500 milioni di euro l’anno se aumentasse di 100 milioni i contributi alla scuola paritaria, consentendo a più famiglie di sceglierla. Ogni euro investito nella scuola paritaria renderebbe allo Stato 5 euro di risparmio (che potrebbero essere in tutto o in parte reinvestiti nella scuola statale), perché il costo per studente nella scuola statale è più elevato in assoluto e, ovviamente, molto più elevato per lo Stato rispetto al costo per studente che lo Stato versa alla scuola paritaria.
Quattordici anni fa, il Parlamento nazionale, su proposta del ministro Berlinguer, varava la legge 10 marzo 2000, n. 62 sulla parità scolastica che riconosceva alle scuole private, per la prima volta nel nostro Paese, di essere poste alla pari delle scuole statali, come parte integrante del sistema nazionale d’istruzione, e con pieno diritto a rilasciare direttamente titoli di studio.
Per ottenere e confermare il diritto alla parità, le scuole private devono assicurare taluni requisiti, tra cui quello di conformarsi agli ordinamenti scolastici previsti per le scuole statali.
La stessa legge che dettava i requisiti per la parità, riconosceva alle scuole paritarie il diritto di fruire di appositi finanziamenti, prevedendo, in proposito che veniva “autorizzata la spesa di lire 250 miliardi per l’anno 2000 e di lire 300 miliardi annui a decorrere dall’anno 2001″. Trecento miliardi delle vecchie lire, pari a circa 150 milioni di euro, sono la dote di base per le scuole paritarie, ma questa legge nei fatti è rimasta disattesa, determinando così la chiusura di tante scuole cattoliche.
In risposta all’incomprensione degli apparati della politica, della burocrazia, del sindacato, dei giornali, nei confronti della scuola cattolica, diversi genitori scelgono per i loro figli la scuola cattolica che gode grande apprezzamento e rispetto, per la qualità del servizio d’istruzione e di formazione. Se si potessero ridurre le spese a carico delle famiglie sarebbe un vero salto di qualità per una società libera e democratica, rispettosa dei diritti di tutti.