Seppur reduce da una storia travagliata e non esente da problemi ancora attuali, l’Albania è capace di regalare notizie sorprendentemente positive. Notizie di tolleranza e convivenza religiosa come la seguente. Nel villaggio di Derven, frazione di Krujua (una roccaforte nazionalista durante le invasioni ottomane), quindici famiglie di fede musulmana hanno contribuito, versando denaro e fornendo lavoro volontario, alla riedificazione di una chiesa cattolica intitolata a San Nicola. Secondo quanto riporta l’emittente albanese A1 Report, la ricostruzione dell’edificio sacro è avvenuta per la terza volta, dopo le devastazioni avvenute in passato nel corso della Seconda Guerra Mondiale e per opera del regime comunista.
I residenti del villaggio sono apparsi colpiti dall’enfasi che ha suscitato il loro gesto. Hanno candidamente dichiarato ai giornalisti di aver agito in questa maniera poiché abituati a vivere in armonia senza dar peso alle differenze religiose. Durante la cerimonia di inaugurazione della nuova chiesa era presente anche il vescovo ausiliare di Tirana-Durazzo, George Frendo, il quale si è speso per stringere le mani dei rappresentanti della comunità musulmana del villaggio e per ringraziarli personalmente. “Sono rimasto sorpreso quando ho visto tanta gente – le parole di mons. Frendo -, pensavo che si sarebbe trattato di 20 persone. Ma sono contento di vedere così tanti bambini, perché San Nicola è il santo dei bambini”. Il vescovo ha inoltre affermato che questa decisione rafforza ulteriormente la convivenza religiosa in Albania.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Pashk Cypi, priore di Derven, che ha dichiarato: “Senza distinzione di religione, musulmani e cattolici, si sono uniti in maniera volontaria in una collaborazione che ha portato alla ricostruzione della Chiesa di San Nicola. La comunità cattolica è riconoscente per questo gesto di solidarietà e di fratellanza, un gesto che rende fieri non solo i cittadini di Derven, ma l’intera Albania, che per l’ennesima volta dimostra che la convivenza tra le religioni non è un miraggio”.
Nel corso dei secoli, infatti, l’Albania è riuscita a superare le difficoltà delle differenze religiose, rendendo il Paese un caleidoscopio interconfessionale reso unito dal comune sentimento patriottico. Vaso Pasha, uno dei poeti del Risorgimento Albanese, glorificò in chiave nazionalistica questa peculiarità del suo Paese scrivendo alla fine del XIX secolo: “La religione degli albanesi è l’albanesità”.
Ad oggi è difficile scattare una fotografia religiosa del “Paese di fronte” all’Italia. L’ultimo censimento, datato 1938, potrebbe aver subito sensibili variazioni dopo oltre quarant’anni di ateismo di Stato imposto dal regime comunista. Secondo quella obsoleta ricerca, i cattolici costituirebbero il 10% della popolazione e vivrebbero principalmente nella parte settentrionale dell’Albania, un altro 20% sarebbe composto da ortodossi, mentre il restante 70% da musulmani. Questi ultimi divisi in sunniti, in una minoranza sciita e in bektashi, una comunità di derivazione sufi stabilitasi in Albania attraverso i giannizzeri ottomani.
A seguito della caduta del regime, nel 1991, fu abolita l’interdizione delle pratiche religiose, consentendo così gradatamente alla religione di tornare a svolgere un ruolo pubblico nella società albanese. La ricostruzione di chiese e moschee è stato, ed è ancora, il simbolo tangibile di questo nuovo corso intrapreso dall’Albania.