Con il cappello in mano

Espressione di preghiera rivolta a Chi può tutto in nostro favore, ma anche meraviglia e riconoscenza per le grandi cose da Lui fatte per amore

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Fin da piccolo osservavo che il mio papà, fuori di casa, portava abitualmente il cappello. Ripensando ai momenti in cui lo teneva in mano li definirei gesti di delicatezza, devozione, ossequio, deferenza, supplica, sottomissione, dipendenza, sudditanza.

Erano momenti, circostanze, persone… luoghi particolari in cui, con lo sguardo fisso a qualcuno o a qualcosa, con un volto ora attento e rispettoso, ora preoccupato e supplichevole, lo vedevo rivolgere la parola ad una o ad un’altra persona.

Ma il momento particolare che mi scuoteva era quando, entrando in chiesa, lo vedevo non solo levarsi il cappello, ma, con lo sguardo fisso e rasserenato verso l’altare, piegare le ginocchia. Era la genuflessione, la prostrazione.

Vedendo il papà con il cappello in mano, capivo non solo il suo profondo rispetto, ma avvertivo, ammiravo la grandezza di Colui che sta sull’altare, nel tabernacolo, degno di adorazione non solo da parte degli uomini, ma anche degli angeli.

Il cappello in mano esprimeva così preghiera rivolta a Chi può tutto in tuo favore, ma anche meraviglia e riconoscenza per le grandi cose da Lui fatte per amore tuo. E’ il sentimento che ti afferra quando a3000 metrid’altezza, di fronte alla  magnificenza d’un panorama mozzafiato, ti vedi immerso in una realtà che ti supera e ti fa corona.

Hai la netta percezione di essere incoronato e insignito di una grandezza che non solo ti supera, ma di fronte alla quale perfino il tuo Creatore sembra onorarti con il cappello in mano.

Ciao da p. Andrea

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Andrea Panont

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