Vedere le cose e le attività umane con gli occhi di Dio

Omelia di mons. Giampaolo Crepaldi per la festa di San Francesco di Sales

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Riprendiamo di seguito l’omelia tenuta dall’arcivescovo di Trieste, monsignor Giampaolo Crepaldi, in occasione della Santa Messa per gli operatori delle comunicazioni sociali celebrata ieri – festa liturgica del Santo Patrono dei Giornalisti, San Francesco di Sales – nella Cappella della Trinità della Curia Vescovile.

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Cari amici giornalisti,

1.           Benvenuti a questa Santa Messa che celebriamo in onore del vostro Patrono, San Francesco di Sales (1567-1622). Una cosa a cui penso sempre, in occasione della festa del Patrono dei giornalisti, è proprio il suo essere un santo. Voi direte: tutti i Patroni sono dei Santi… E’ vero! Ed, infatti, la cosa stupefacente è che i Santi siano stati santi anche occupandosi di cose che, di per sé, non hanno niente a che fare con la santità. Cosa ha a che fare, per esempio, il giornalismo – che ai tempi di San Francesco di Sales consisteva in ben poco, cioè come seminare qualche piccolo manifesto – con la santità? Sia chiaro: San Francesco di Sales non è stato fatto santo perché era un giornalista. E ciò non solo perché non era propriamente un giornalista come noi lo intendiamo oggi, dato che, tra Cinque e Seicento, il giornalismo non c’era ancora. Ma perché il giornalismo, in quanto tale, non è motivo di santità. E’ proprio per questo che un santo giornalista mi riempie di meraviglia. Significa che egli si è chinato sul giornalismo – incapace di per sé di dare la santità – e ne ha fatto uno strumento di santità, lo ha elevato al rango di occasione di santità. Questo mi colpisce sempre e molto. Questo vale per il giornalismo, ma vale per tutte le altre dimensioni della vita.

2.           Cari amici, il fatto che la Chiesa abbia proclamato dei Patroni per ogni attività umana, vuol dire che le attività umane di per sé non possono dare la santità, ma anche che, se sono guardate con occhi santi, possono diventare occasioni di santità. Non “santificate”, perché possono essere santificate solo le anime, ma rese luoghi in cui la santità si manifesta. E tutti noi sappiamo in cosa consista il segreto per fare questo: vedere le cose e le attività umane – quindi anche il giornalismo – non con gli occhi nostri, ma con quelli di Dio. E così che una cosa piccola e di per sé incapace di darsi la salvezza, come il giornalismo, diventa una cosa grande: perché Dio è talmente onnipotente da farsi infinitamente piccolo e da fare grandi le cose piccole.

3.           Cari amici, provo ora a mettermi nei panni di un santo che fa anche il giornalista. Non è facile, dobbiamo convenirne. Del resto proprio questo dobbiamo chiederci tutti, anche se – ma chissà! il dubbio rimarrà fino all’ultimo – non diventeremo santi. Cosa può voler mai dire, allora, vedere il giornalismo con gli occhi di Dio?

– La prima cosa da fare, non sembri un paradosso, è essere dei buoni giornalisti dal punto di vista “giornalistico”. Se Dio sa farsi piccolissimo e se un santo si china sulle piccole attività della vita … allora vuol dire che quella attività ha una sua dignità e non sarebbe santo non amarla e non rispettarla. Un santo non può scrivere dei brutti pezzi di giornalismo, anche se non sarà mai santo solo perché  scrive buoni pezzi di giornalismo.

– La seconda cosa da fare è avere un cuore puro ed essere un testimone, nel campo del giornalismo, di serietà, onestà, amore per la verità, indipendenza dai poteri. Ogni santo è prima di tutto un testimone. Ciò, nel cinismo che contraddistingue spesso il mondo del giornalismo, significa anche avere il coraggio di perdere qualche corsa (anche nel giornalismo esistono i “non possumus”), e accettare le conseguenze delle nostre obiezioni di coscienza.

– In terzo luogo, significa prestare attenzione non solo alla nostra “buona fede”, ma anche alla bontà e verità oggettiva di quello che scriviamo. Non basta essere in buona coscienza, bisogna sapere le verità che la Chiesa insegna, valutare le antropologie in conflitto nel mondo delle notizie e contribuire al bene contro il male. Ci sono giornalisti e cattolici che, in buona fede, combattono battaglie sbagliate o di altri.

4.        Cari amici, la fede cattolica ci dà una luce per ambedue questi due ambiti: quello soggettivo della coscienza e del coraggio della testimonianza, e quello oggettivo della verità e della bontà delle cose da scrivere. San Francesco di Sales predicò a Ginevra contro i protestanti, ma si espresse sempre con dolcezza perché aveva una grande fiducia nella provvidenza di Dio. Anche il giornalista cattolico deve esprimersi con dolcezza, il che significa con perizia tecnica e rispetto verso le persone, ma deve avere le idee chiare per quanto riguarda la verità  da difendere e da promuovere.   Ecco, cari amici giornalisti, cosa può voler dire fare della santità un concreto programma di vita, imitando il vostro santo Patrono, San Francesco di Sales.    

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ZENIT Staff

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