Gli "utilitaristi" che criticano Francesco

Gli attacchi del Pontefice alla “cultura dello scarto” non sono state recepiti da alcuni gruppi espressione della finanza americana

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Il mondo del fondamentalismo politico e della finanza conservatrice, da un po’ di tempo, critica Papa Francesco con un linguaggio duro e irriguardoso. Ad iniziare gli attacchi contro il Vescovo di Roma, è stato Rush Limbaugh, giornalista radiofonico e politico, vicino all’estrema destra fondamentalista americana. In una trasmissione dal titolo “It’s Sad How Wrong Pope Francis Is (Unless It’s a Deliberate Mistranslation By Leftists)“, tradotto: “È triste quanto sbagli Papa Francesco (a meno che non sia una traduzione deliberatamente manipolata dalla sinistra)” Limbaugh ha criticato l’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” sostenendo che quando il Papa parla dei mali intrinseci del capitalismo “non sa di cosa parla”.

“Io sono stato varie volte in Vaticano – ha affermato Limbaugh – non esisterebbe, senza tonnellate di soldi”. E poi: “La Chiesa cattolica americana ha un bilancio annuale da 170 miliardi di dollari. Penso sia maggiore di quello che la General Electric incassa in un anno. La Chiesa è il principale proprietario edile a Manhattan ecc”. Secondo il politico americano, quanto scritto dal Papa: “È puro marxismo” .

Secondo Limbaugh, inoltre, il Pontefice non riconosce i benefici del capitalismo, inclusa la “trickle-down economicy” (teoria economica che afferma che con la crescita della ricchezza – a mo’ di pioggia – vengono beneficati prima o poi tutti, anche i più poveri).

Un altro attacco contro Papa Bergoglio lo ha sferrato Jonathon Moseley, un personaggio vicino ad ambienti conservatori del ‘Tea Party’, il quale ha scritto sul “World Net Daily” che “Gesù sta piangendo in Paradiso per le parole del Papa”. Secondo Moseley, Cristo in persona ha rifiutato la teoria della redistribuzione e “quando gli avevano chiesto se era giusto che un fratello condividesse con gli altri familiari un’eredità ricevuta, Gesù parlava all’individuo, mai allo Stato o alla politica del governo”. Il Figlio di Dio, secondo Moseley, “era un capitalista che predicava la responsabilità personale, non un socialista”.

Attacchi al Successore di Pietro sono giunti poi da esponenti del partito repubblicano e del fondamentalismo religioso, come Paul Ryan e anche dal liberale John McCain. In un programma di commenti la Fox News, ha detto che “Papa Francesco è l’Obama della Chiesa Cattolica”, frase che per la Fox non è certo un complimento. Anche il Financial Times, il più influente quotidiano finanziario d’Europa, ha criticato il Santo Padre.

Proprio il giorno di Natale, John Gapper, considerato una delle più importanti firme del quotidiano finanziario, commentando l’esortazione “Evangelii Gaudium”  ha scritto che Papa Francesco “ha torto sulla questione della diseguaglianza” economica nel mondo.

Gapper critica in particolare quanto scritto al numero 56 del documento pontificio: “Mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice. Tale squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria”.

Questo, secondo il giornalista, è “un attacco al capitalismo finanziario e al cosiddetto 1% della popolazione”. E’ vero, ammette, che il gap tra ricchi e poveri è aumentato in Occidente, ma globalmente negli ultimi anni la diseguaglianza economica è diminuita a livello globale. Citando il Gini Index sulla diseguaglianza mondiale, Gapper osserva che in Cina, India, Brasile e in altri paesi emergenti in cui vive la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, l’ineguaglianza è diminuita grazie al capitalismo globalizzato.

Ad avviso dell’editorialista del Financial Times, nell’ultimo decennio ci sono stati due classi di “vincitori” nel mondo a livello economico: i ricchi ovunque e la classe media nei paesi emergenti. E ci sono stati due sconfitti: i poveri ovunque e la classe media nei paesi occidentali. Così, commentando il pensiero di Papa Francesco, secondo cui è auspicabile “un ritorno a un approccio più etico all’economia e alla finanza, che favorisca gli esseri umani”, il columnist si domanda provocatoriamente: “Quali esseri umani?”. In altre parole, il Papa si preoccupa delle centinaia di milioni o miliardi di persone che grazie al capitalismo stanno meglio nei paesi emergenti, o del numero a suo avviso minore di persone che stanno peggio in Occidente e nel sud del mondo?

In conclusione, Gapper lascia intendere che una redistribuzione più equa della ricchezza su scala globale rende inevitabile un arretramento economico della classe media in Occidente. Ma l’articolista non ha preso sul serio la questione di fondo posta da Papa Francesco e cioè che la filosofia alla base del capitalismo finanziario è ontologicamente errata perché fa aumentare la distanza tra i più ricchi e i più poveri, come tutti gli studi hanno dimostrato.

Questa diseguaglianza lede la dignità fondamentale della persona e del lavoro.Un esempio: fino agli anni ’70, i top manager avevano un reddito da 20 a 30 volte superiore a quello di un lavoratore medio; da qualche decennio la forbice è arrivata mediamente a 273 volte (e la media non tiene in considerazione i picchi). Altro limite di questo ragionamento riguarda la quantità di persone coinvolte: la prima fascia dei super ricchi rappresenta l’1% della popolazione mondiale, cioè circa 70 milioni di persone; la seconda i poveri, almeno il 5% della popolazione mondiale, ovvero, tradotto in numeri, circa 350 milioni di persone largamente al di sotto della soglia di povertà e con tutti i disagi che ne conseguono.

Il Pontefice ha denunciato la società ontologicamente diseguale che fa consolidare la “cultura dello scarto” e rende normale la “cultura dell’indifferenza e dell’ingiustizia” verso i più deboli, al punto di considerare normale l’esclusione di larghe fasce della popolazione dal riconoscimento di una vita dignitosa e dal processo di umanizzazione.

Il ragionamento del Financial Times sembra errato anche dal punto di vista strettamente economico. Se da un lato è vero che, grazie alla globalizzazione, milioni di persone sono uscite dalla povertà assoluta e relativa, è altrettanto vero che questo fenomeno è avvenuto grazie a fattori di competizione diseguali, come: costo del lavoro diversi, condizioni di lavoro diverse, diritti e doveri per i lavoratori e le imprese diversi, vantaggi valutari, inquinamento ambientale e via dicendo.

Gapper non spende una parola per sostenere se questa diseguaglianza in futuro troverà soluzione e cosa accadrà quando tali condizioni di partenza saranno livellate verso il basso rendendo non più competitivo produrre nei paesi emergenti. Ancora: il premio nobel per l’economia 2001 Joseph E. Stiglitz, dal 2003 membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha dimostrato in diversi articoli scientifici e saggi (Joseph E. Stiglitz Il prezzo della disuguaglianza la disuguaglianza, Enaudi 2013) come la diseguaglianza deprime la crescita economica.

Infine, il Papa non entra nelle dinamiche del determinismo delle leggi economiche, e men che meno mai sulla loro scientificità. La sua missione è di sottolineare che la pretesa autonomia dall’etica del bene comune come garante della società civile, trasforma la stessa in società incivile in cui vige la legge dell’ homo homini lupus: ovvero la “legge del più forte, dove il potente mangia il più debole” (EG, 53).

Di fronte all’utilitarismo e all’anarchia etica, il Pontefice propone un’etica del bene comune che regoli la buona finanza. Al n. 58 della “Evangelii Gaudium” scrive infatti: “Una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici, che esorto ad affrontare questa sfida con determinazione e con lungimiranza, senza i
gnorare, naturalmente, la specificità di ogni contesto. Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano”. È proprio questo che il Financial Times e il fondamentalismo politico e religioso americano dovrebbero ascoltare e capire.  

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Carmine Tabarro

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