Si è concluso ieri, a Strasburgo, il 36° incontro europeo dei giovani promosso dalla Comunità ecumenica di Taizé. Dopo cinque giorni di preghiera, festa e spiritualità, la città francese si è svuotata man mano dei 30mila partecipanti all’incontro che l’hanno invasa pacificamente negli ultimi giorni di dicembre scorso.
A concludere il tradizionale appuntamento è stato il priore della comunità ecumenica di Taizé, frère Alois, che, nella cattedrale gotica, ha annunciato che il prossimo incontro si svolgerà a Praga, “una città che si trova proprio nel centro dell’Europa”, dal 29 dicembre 2014 al 2 gennaio 2015.
A Strasburgo, c’erano infatti oggi, per la giornata conclusiva, l’arcivescovo di Praga, il cardinale Dominik Duka, e il presidente del Consiglio ecumenico delle Chiese ceche, pastore Daniel Fajfr, che hanno dato appuntamento ai giovani per il futuro incontro. Come riporta l’agenzia Sir, il card. Duka ha affermato: “Cari giovani amici, è con gioia che vi invito all’incontro internazionale dei giovani cristiani preparato dalla comunità di Taizé nella Repubblica Ceca, a Praga, città che si trova nel cuore dell’Europa e che, sin dall’inizio della nostra storia, è stata un centro spirituale e culturale non solo del nostro Paese, ma di tutta l’Europa centrale”.
“Sarete accolti dal complesso monumentale del Castello di Praga – ha soggiunto il porporato – con la cattedrale di San Vito e le altre chiese cristiane che, per la loro esistenza, annunciano il Vangelo. I vostri fratelli e le vostre sorelle delle Chiese cristiane vi attendono per vivere insieme la fine dell’anno 2014 e l’inizio del 2015 a Praga, la Madre delle città”.
L’evento di Strasburgo, informa ancora l’agenzia, si è concluso come da tradizione nelle parrocchie d’accoglienza con le Veglie, le “feste dei popoli” e le celebrazioni d’inizio d’anno. La sera del 31 dicembre si è svolta inoltre la preghiera comunitaria di Capodanno, durante la quale frère Alois ha lanciato un appello alla “riconciliazione dei cristiani”, dicendo: “Se cerchiamo una riconciliazione tra i cristiani non è per essere più forti. Non è nemmeno per ripiegarci su noi stessi. No, noi cerchiamo la riconciliazione dei cristiani perché essa sia un segno di Vangelo, e possa diventare un fermento di avvicinamento tra gli uomini e tra i popoli”.
“Cristo donava la sua amicizia a tutti – ha proseguito il frate – senza rifiutare nessuno. Coloro che amano Cristo in ogni parte della terra formano, al suo seguito, come una grande comunità d’amicizia. Si chiama comunione. Per questo, hanno un contributo da offrire per guarire le ferite dell’umanità”.
Il cammino della Comunità di Taizé proseguirà fino al prossimo anno basandosi dunque su “quattro binari”, indicati meglio come le “quattro proposte” necessarie per partecipare alla ricerca della comunione. In primo luogo, bisogna “unirsi alla comunità locale che prega”. Sarebbe un grande passo, infatti, “se le comunità locali, i gruppi, gli oratori, diventassero sempre di più dei luoghi di amicizia. Luoghi accoglienti dove ci sosteniamo vicendevolmente, dove siamo attenti ai più fragili, agli stranieri, a coloro che non condividono le nostre idee”, ha rimarcato frère Alois.
La seconda proposta è pertanto di “allargare l’amicizia al di là delle frontiere che ci limitano”: “Perché non scegliere per un anno, fra il vicinato, una situazione e delle persone a cui offrire una presenza amichevole, manifestare una solidarietà: esclusi, poveri, malati, portatori di disabilità, bambini abbandonati, immigrati, persone senza lavoro?”.
Tutto ciò sfocia nella terza proproposta: “Condividere e pregare regolarmente con altri”, perché “per alcuni giovani, esperienze dolorose, abbandoni, solitudine, o anche la viva coscienza delle ingiustizie nel mondo, rendono talvolta quasi impossibile la fede in Dio”. In tal senso, può essere fondamentale “leggere insieme una pagina del Vangelo o un’altra lettura. Fare una preghiera comune con alcuni canti, una lettura biblica, un lungo momento di silenzio”.Anche questo può essere un modo per “rendere più visibile la comunione fra tutti coloro che amano Cristo”.
“Nella nostra città, nella nostra regione – ha infatti osservato il frate – ci sono anche persone che amano Cristo in una maniera differente dalla nostra. Chiamarci ‘cristiani’ vuol dire portare il nome di Cristo. Noi riceviamo la nostra identità di cristiani con il battesimo che ci unisce a Cristo. Cerchiamo di dare maggiore visibilità a questa identità comune, anziché sottolineare le nostre identità confessionali”.
Quindi l’invito: “Andiamo verso chi è diverso da noi: un altro gruppo, un’altra parrocchia, un altro movimento, un’altra confessione, una comunità cristiana di migranti. Andiamo a visitarli, lasciamoci accogliere, invitiamoli. Insieme a loro rivolgiamoci a Cristo con una semplice preghiera, mettiamoci ‘sotto lo stesso tetto’ senza aspettare che tutto sia pienamente armonico, così anticiperemo una pienezza di comunione”.