Il numero di novembre-dicembre 2013 della rivista Terrasanta sta per pubblicare una lunga intervista fatta da Manuela Borraccino al rabbino argentino Abraham Skorka, da anni amico di Papa Francesco, e co-autore con lui del libro “Il cielo e la terra”. Il sito Terrasanta.net ne ha anticipato alcuni stralci che riportiamo di seguito.
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Rav Skorka, si aspettava che il suo amico Bergoglio fosse eletto Papa?
Rav Skorka: Diciamo che, come si dice in Argentina, nutrivo la speranza che venisse eletto.
Lei ha affermato che Francesco sarà il miglior amico che il popolo ebraico abbia mai avuto in Vaticano. Cosa le fa dire questo?
Rav Skorka: Penso innanzitutto all’atto di enorme coraggio spirituale che ha avuto quando gli editori del suo libro-intervista gli chiesero da chi volesse farsi scrivere la prefazione, e lui indicò proprio me. Fu un gesto fortissimo! Penso al programma televisivo fatto insieme, a tutte le conversazioni che abbiamo avuto e ai semi che abbiamo gettato. Penso a quando, un anno fa, ha voluto conferirmi un dottorato honoris causa all’Università cattolica argentina, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II: è stato un gesto carico di significato e di memoria, con un peso simbolico fortissimo. Sì, per tutto quello che ha fatto vedo in lui un fedele amico del popolo ebraico: perché ha dimostrato con i fatti e con grande coraggio spirituale verso un rappresentante del popolo ebraico il suo impegno verso tutti gli ebrei.
Per la prima volta un rabbino passa alcuni giorni a stretto contatto col Papa. Che impressione le fa vivere una situazione senza precedenti?
Rav Skorka: La gioia più grande per me è vedere che la nostra amicizia parla in se stessa: da molti anni non si tratta più solo di dialogo interreligioso. Quando vengo a Roma faccio colazione, pranzo e ceno accanto a lui. E vedo con quanta confidenza ci rivolgiamo l’uno all’altro: non c’è altro che un grande rispetto reciproco, ed un affetto manifestato non solo con le parole, ma anche con i gesti. Ad esempio da quando sono arrivato il Papa ha dato disposizione che possa seguire in tutto le mie regole alimentari, assicurandosi con i suoi collaboratori che io abbia tutto il necessario, che sia verificato come viene cucinato il cibo, mi ha fatto procurare una bottiglia di vino kosher… curando tutti i dettagli con un’attenzione impressionante. Ed io capisco che la grande cura che ci mette, persino come Sommo Pontefice, è un modo per mostrare ai quattro venti, come diciamo in Argentina, «questo è un mio amico». Il fatto stesso che il venerdì sera e il sabato mi accompagni nelle mie orazioni di Shabbat, davanti a tutti i cardinali, vescovi e sacerdoti presenti, è espressione di grande vicinanza. Vuol dire avere fiducia nell’altro: questo è importantissimo.
Da Papa Francesco Lei cosa si aspetta?
Rav Skorka: Che si possa fare un passo avanti del dialogo, che non sia solo una questione di simpatia, di sintonia umana, ma che possiamo davvero impegnarci profondamente con fatti concreti nella costruzione di un mondo migliore, sentendoci veramente fratelli. E nella consapevolezza che le nostre due tradizioni, per quanto diverse, sono generate da un tronco comune.
Lei ha affermato più volte che deve esistere uno Stato palestinese accanto a quello ebraico. Come legge la fine del processo di pace?
Rav Skorka: Non credo che sia finito: in realtà stiamo tornando ai negoziati. L’importante è che ci siano dei colloqui. Quello che spero è che Dio ci aiuti affinché ci sia pace in Israele, come chiediamo tutti i giorni nelle nostre preghiere. Siano benedetti dal Signore tutti quelli che si sforzano di arrivare alla pace dall’una e dall’altra parte! Però tutti quanti dobbiamo aiutare: tutti possiamo fare qualcosa, ciascuno di noi deve sentire questa responsabilità. Ci sono tanti capitoli da discutere, ci sono dei limiti, compromessi da accettare… Ma il sogno degli ebrei è di avere, dopo 2.000 anni, uno Stato in pace. Con la fondazione dello Stato di Israele nel 1948 abbiamo realizzato il 50 per cento del sogno: quello che ci manca adesso è l’altro 50 per cento, che Israele viva in pace. L’inno nazionale israeliano si intitola HaTikvah, la speranza. Ed io sono certo che, così come abbiamo realizzato il sogno di avere uno Stato, Dio ci aiuterà a realizzare la pace. Come dice il Salmo (29, vers. 11 ndr): “Il Signore darà forza al suo popolo; il Signore benedirà il suo popolo con la pace”.
Pensa che il Papa si recherà in Terra Santa già l’anno prossimo?
Rav Skorka: Io spero proprio di sì. Si lavora per questo e mi risulta che il presidente israeliano Shimon Peres si sia impegnato personalmente con il Papa per fare tutto il possibile nella ripresa dei negoziati con i palestinesi e nel garantire la massima collaborazione con le autorità palestinesi, perché il viaggio possa compiersi nel modo più proficuo possibile per tutti.
Fonte: http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=5777