Nella ridente cittadina di Anguillara Sabazia, arroccata su una falesia tufacea tenera come il burro, esiste una chiesa nel cuore del centro storico, molto spesso ritenuta di secondo piano dagli stessi abitanti del paese. Nella modernità del terzo millennio, oltre a costruire edifici di culto nuovi di zecca, si tende presto a dimenticare quelli che sono stati i ruoli di alcuni edifici, senza i quali la cittadinanza avrebbe perso quei punti di riferimento morali e religiosi che per secoli sono stati il faro della nostra comunità. A vederla non testimonia alcuna caratteristica peculiare. Edificio possente, edificato in cementizio con cortina esterna grezza e senza alcuna decorazione. Anzi, ad osservarla bene sembra fuori contesto, immersa tra piccole case e viottoli stretti e angusti a tal punto che ci si potrebbe chiedere dell’utilità di un simile edificio in questo punto del paese. Iniziamo però col dire che la chiesa, recentemente restaurata perché aveva seri problemi di stabilità (una fessurazione in facciata ne stava compromettendo l’intera tenuta) è dedicata al Patrono del paese, e nonostante la sua attestazione fin dal XVI secolo perché nominata nella Visita Apostolica del 1574 (ma già allora necessitante di restauri per i quali venne assegnato il termine ultimo di due anni per i consolidamenti pena il pagamento di cinquanta scudi), non è mai pienamente entrata nel cuore degli abitanti, anche perché quasi sempre chiusa a causa della sua instabilità. Venne nuovamente ristrutturata nella seconda metà del XVIII e la consegna avvenne nel 1756, pochi anni prima che iniziassero i lavori pressola Chiesaparrocchiale di S. Maria Assunta, il vero punto di riferimento della comunità.
La planimetria è molto semplice, a navata unica, decorata e sorretta da una serie di colonne in muratura rivestite di gesso marmorizzato (in origine potevano essere classiche a fusto bianco) e alcuni altari laterali. Quando venne citata dal Tomassetti, il noto studioso della Campagna Romana del secolo scorso, esistevano due lapidi visibili sul pavimento. La prima, in tufo locale, riportava inciso un pesce, forse appartenente alla famiglia Pesciotti, mentre l’altra, in marmo, posta nei pressi della sacrestia. Rilevanti sono la statua di S. Biagio risalente alla prima metà del XVI secolo (pezzo molto pregiato, divenuto uno dei simboli de paese) e due tele recentemente restaurate: “La Natività” e “l’Adorazione dei Magi”. La prima è un’opera firmata da G. Battista Ricci, noto pittore del XVI secolo, autore ad esempio di alcuni affreschi nella Chiesa di S. Marcello al Corso a Roma, nella Basilica di S. Giovanni e della Scala Santa in Laterano, mentre la seconda, rappresentante i volti della Madonna, del Bambino, di S. Giuseppe e dei Re Magi, è risalente al XVIII secolo. Chi è suggestionato dalle tranquille e blande passeggiate all’interno degli antichi centro storici, non potrà non notare il suggestivo ‘passetto’ che mediante una leggera discesa, costeggia in maniera caratteristica l’abside della Chiesa per poi percorrere un vicolo stretto e angusto che taglia sotto due archetti di sostegno e finalmente conduce dinanzi alla facciata.
Un altro elemento di grande curiosità venne alla luce alcuni anni fa durante i lavori di rifacimento del manto stradale. Asportando lo strato di sanpietrini direttamente poggiato sul suolo, al di sotto di non più di dieci centimetri di terra, venne alla luce l’imboccatura di un silos anticamente usato per la conservazione del grano, interamente scavato in una vena di tufo rosso, geologicamente rilevabile in numerosi punti della collina su cui sorge l’antico castrum. Seppur quasi totalmente ricoperto di terra, si è intuita la grandezza del silos che copre quasi l’intera superficie della piccola piazza, con un diametro ipotizzato di quasi tre metri, il cui scavo finirebbe a ridosso delle fondazioni della chiesa. Già in passato il paese restituì un numero considerevole di granai simili scavati nel suolo, che vennero in epoche più recenti riutilizzati come immondezzai fin dal XV secolo, rappresentando un rilevante punto di appoggio per il completamento del quadro storico della cittadina lacustre.
* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.