La processione offertoriale: dove accogliere il pane e il vino?

Risponde padre Edward McNamara, L.C., professore di Teologia e direttore spirituale

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Nella sua consueta rubrica di liturgia, padre McNamara risponde oggi alla domanda di un lettore italiano.

Qual è il luogo più opportuno per accogliere il pane e il vino alla fine della processione offertoriale: davanti all’altare, presso la balaustra dell’altare o in qualche altro posto? — A.F.​​, Novara, Italia

Ecco la risposta formulata da padre McNamara.

La processione offertoriale è descritta in vari documenti. Al n° 145 del Cerimoniale dei Vescovi si legge:

145.Terminata la preghiera universale, il vescovo siede con la mitra. Ugualmente siedono i concelebranti e il popolo. A questo punto si esegue il canto all’offertorio, che si protrae almeno fino a quando i doni sono stati deposti sull’altare.

I diaconi e gli accoliti pongono sull’altare il corporale, il purificatoio, il calice e il messale.

“Quindi vengono portate le offerte. È opportuno che i fedeli manifestino la loro partecipazione portando il pane e il vino per la celebrazione eucaristica e altri doni con i quali sovvenire alle necessità della Chiesa e dei poveri. Le offerte dei fedeli sono accolte dai diaconi o dal vescovo in un luogo opportuno. Il pane e il vino vengono portati dai diaconi all’altare, gli altri doni invece in un luogo adatto già predisposto”.

Da parte sua, l’Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR) afferma: 

“139. Terminata la preghiera dei fedeli, tutti siedono e ha inizio il canto di offertorio (Cf. n. 74). L’accolito o un altro ministro laico colloca sull’altare il corporale, il purificatoio, il calice, la palla e il Messale”.

“140. È bene che la partecipazione dei fedeli si manifesti con l’offerta del pane e del vino per la celebrazione dell’Eucaristia, sia di altri doni, per le necessità della Chiesa e dei poveri. Le offerte dei fedeli sono ricevute dal sacerdote, aiutato dall’accolito o da un altro ministro. Il pane e il vino per l’Eucaristia sono consegnati al celebrante, che li depone sull’altare, mentre gli altri doni sono deposti in un altro luogo adatto (cfr. n° 73)”.

Tuttavia, se è presente un diacono, spetta a lui svolgere i compiti menzionati nel n° 139.  “Il diacono prepara l’altare con l’aiuto dell’accolito; spetta a lui la cura dei vasi sacri”, si legge al n° 178 dell’OGMR (cfr. anche il n° 190). “Sta accanto al sacerdote e lo aiuta nel ricevere i doni del popolo”, continua il testo.

Nel 2004, la Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti ha pubblicato l’istruzione  Redemptionis Sacramentum, la quale fornisce indicazioni precise per quanto riguarda il nostro tema: 

“70.Le offerte che i fedeli sono soliti presentare durante la santa Messa per la Liturgia eucaristica non si riducono necessariamente al pane e al vino per la celebrazione dell’Eucaristia, ma possono comprendere anche altri doni che vengono portati dai fedeli sotto forma di denaro o altri beni utili per la carità verso i poveri. I doni esteriori devono, tuttavia, essere sempre espressione visibile di quel vero dono che il Signore aspetta da noi: un cuore contrito e l’amore di Dio e del prossimo, per mezzo del quale siamo conformati al sacrificio di Cristo che offrì se stesso per noi. Nell’Eucaristia, infatti, risplende in sommo grado il mistero di quella carità che Gesù Cristo ha rivelato nell’Ultima Cena lavando i piedi dei discepoli. Tuttavia, a salvaguardia della dignità della sacra Liturgia occorre che le offerte esteriori siano presentate in modo adeguato. Pertanto, il denaro, come pure le altre offerte per i poveri, siano collocati in un luogo adatto, ma fuori della mensa eucaristica. Ad eccezione del denaro e, nel caso, in ragione del segno, di una minima parte degli altri doni, è preferibile che tali offerte vengano presentate al di fuori della celebrazione della Messa”.

Dopo il Sinodo sulla Eucaristia del 2005, papa Benedetto XVI ha proseguito la riflessione nella sua esortazione apostolica Sacramentum caritatis:

“47. I Padri sinodali hanno richiamato l’attenzione anche sulla presentazione dei doni. Non si tratta semplicemente di un sorta di «intervallo» tra la liturgia della Parola e quella eucaristica. Ciò farebbe venir meno, tra l’altro, il senso dell’unico rito composto di due parti connesse. In questo gesto umile e semplice si manifesta, in realtà, un significato molto grande: nel pane e nel vino che portiamo all’altare tutta la creazione è assunta da Cristo Redentore per essere trasformata e presentata al Padre. (144) In questa prospettiva portiamo all’altare anche tutta la sofferenza e il dolore del mondo, nella certezza che tutto è prezioso agli occhi di Dio. Questo gesto, per essere vissuto nel suo autentico significato, non ha bisogno di essere enfatizzato con complicazioni inopportune. Esso permette di valorizzare l’originaria partecipazione che Dio chiede all’uomo per portare a compimento l’opera divina in lui e dare in tal modo senso pieno al lavoro umano, che attraverso la Celebrazione eucaristica viene unito al sacrificio redentore di Cristo”.

Nonostante tutta questa abbondanza di documenti, nessuno di loro offre precise indicazioni sul luogo dove accogliere le offerte. Al massimo parlano di un “luogo adatto”.

Questa assenza di norme precise è probabilmente la scelta migliore, in quanto è quasi impossibile prevedere la situazione di ogni parrocchia.

Un luogo “adatto” significa un luogo dove i doni possono essere consegnati al sacerdote, inoltrati al diacono o ad altri ministri, e portati all’altare nel modo più semplice e discreto possibile per tutti. In questo modo, il luogo “adatto” viene determinato dal buon senso liturgico, tenendo conto di elementi come il numero di gradini nel presbiterio, lo spazio disponibile per i ministri e il percorso fino all’altare.

Nella maggior parte dei casi, questo implica che il sacerdote e i ministri, dopo aver preparato l’altare, si avvicinano al centro del presbiterio e ricevono i doni ai primi gradini. Questo ha il vantaggio che i fedeli che portano i doni non devono preoccuparsi di ostacoli come gradini scomodi e consente inoltre a membri dell’assemblea di diverse fasce di età e stati di salute, compresi coloro che si muovono in sedia a rotelle, a partecipare alla processione offertoriale.

In altri casi può essere necessario adattare la situazione al sacerdote, soprattutto se è anziano o ha difficoltà di deambulazione.

Quando celebra un vescovo o si tratta di una celebrazione solenne, i doni possono anche essere portati al celebrante seduto sulla sedia, che li riceve e poi li inoltra ai diaconi o agli altri ministri.

In quest’ultimo caso, conviene selezionare con cura le persone che portano i doni e anche fare una prova prima della celebrazione.

In ogni caso è sempre preferibile che il sacerdote stesso non debba portare nulla all’altare.

***

I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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ZENIT Staff

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