La preghiera di Bergoglio sotto il cielo rossastro del Verano

Bagno di folla per la visita di Papa Francesco al cimitero monumentale romano per la festività di Ognissanti. Applausi e commozione per il ricordo di chi ha perso la vita nel mare o nel deserto in cerca di una “vita più degna”

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Ovunque va Papa Francesco cambia le carte in tavola. Nella visita di ieri al Verano, per la festività di Ognissanti, il Santo Padre ha cestinato il discorso messo a punto dalla Segreteria di Stato, e ne ha improvvisato un altro totalmente a braccio. Doveva commemorare i defunti e invece ha ricordato le migliaia di migranti senza nome che hanno perso la vita cercando la “liberazione” e i sopravvissuti “ammucchiati” nei centri di accoglienza. Doveva parlare di morte e invece ha parlato di speranza: la “speranza del sangue di Cristo”.

La messa di ieri nel cimitero monumentale romano è stato un vero evento. Ancor più se si considera che erano 20 anni che un Pontefice non celebrava in quel luogo la festa di Ognissanti. L’ultimo era stato Giovanni Paolo II, il 1° novembre 1993, che nell’ingresso del cimitero aveva celebrato già 12 liturgie.

Erano sopra i mille i fedeli accorsi ieri per assistere alla visita di Bergoglio in quello che più che un camposanto si può considerare un pezzo di storia della Capitale. La folla, accalcata alle transenne già dalle 15 (complice una temperatura insolitamente primaverile) era multiforme: giovani, anziani, bambini nei passeggini, religiosi, suore, coppie, persone con il cane al guinzaglio. Molti hanno seguito la liturgia nei vialetti che si snodano dai lati degli archi dell’ingresso fino al grande quadriportico: chi seduto sulle soglie delle cappelle, chi in piedi tra gli antichi sepolcri. Alcuni, intendendo la solennità della funzione, hanno seguito tutta la celebrazione in ginocchio.

La maggior parte dei fedeli, prima di riversarsi dentro il cimitero, ha atteso Francesco all’esterno, tenendo in mano bandierine bianche e gialle con la foto del Papa e sussultando ad ogni movimento che intravedevano all’ingresso. Il Santo Padre è arrivato puntuale alle 16.30 a bordo della Ford Focus blu. Ad accoglierlo, il cardinale vicario Agostino Vallini e il sindaco di Roma Ignazio Marino – arrivato prima in bicicletta – con cui il Papa si è intrattenuto alcuni istanti per scambiare battute amichevoli.

Il Santo Padre ha poi stretto la mano ai fedeli, accarezzato bambini, salutato i sacerdoti e religiosi in attesa della celebrazione liturgica. Memorabile il fotogramma di Bergoglio che poggia una rosa rossa su uno dei riquadri che dividono i settori del cimitero del Verano, in ricordo di chi è passato ad altra vita.

Salito sull’altare, posto sulla controfacciata dell’ingresso principale verso l’interno del cimitero, il Papa ha iniziato la sua omelia a braccio. Forse per alcuni problemi all’impianto di amplificazione o per il tono basso di voce usato dal Pontefice, dalla folla si sono alzate subito le grida: “Voce, voce. Microfono. Non si sente nulla!”. Francesco ha allora parlato con voce più squillante, facendo giungere chiaramente le sue parole fino alle ultime file, da dove, come un’onda, è partito un fragoroso applauso. 

“A quest’ora, prima del tramonto, in questo cimitero ci raccogliamo e pensiamo al futuro, pensiamo a tutti quelli che se ne sono andati, che ci hanno preceduto nella vita e sono nel Signore” ha esordito il Papa. Che, alzando gli occhi verso il cielo rossastro di novembre, ha invitato ognuno a guardare con speranza “il tramonto della propria vita”

In questo cielo si trovano “quelli che ci hanno preceduto e sono morti nel Signore”, ha proseguito, affermando con forza: “Oggi è un giorno di speranza: i nostri fratelli e sorelle sono nella presenza di Dio. Anche noi saremo lì, per pura grazia del Signore, se noi camminiamo sulla strada di Gesù”. E in quel momento i numerosi fedeli hanno esultato, con le mani e con il cuore. Il Santo Padre ha poi parlato di speranza, rievocando la suggestiva immagine dell’ancora, con cui i primi cristiani indicavano simbolicamente “che l’intera umanità è aggrappata a quella corda: la speranza”.

Al termine della Messa, accompagnato da un altro lungo applauso, Papa Francesco si è spostato verso le tombe che – come tradizione – ha benedetto una ad una. Subito dopo ha fatto sgorgare dal suo cuore tutto il rammarico per gli innumerevoli migranti che, in cerca di una “vita più degna”, hanno trovato invece una tragica morte, inghiottiti dall’acqua o dalla sabbia. Il pensiero del Pontefice non è andato soltanto ai clandestini sacrificati nel mare della ‘sua’ Lampedusa, ma anche alle 87 vittime uccise dalla fame e dalla sete nel deserto nigerino, i cui corpi sono stati rinvenuti alcuni giorni fa, a 10 km dalla frontiera con l’Algeria. Tra questi circa 48 bambini.

“Vorrei pregare in modo speciale per questi fratelli e sorelle nostri che in questi giorni sono morti mentre cercavano una liberazione” ha detto il Santo Padre. Una “liberazione” che non è altro che “una vita più degna”, migliore di quella che il loro Paese avrebbe potuto offrire a loro e alle loro famiglie. “Abbiamo visto le fotografie, la crudeltà del deserto, abbiamo visto il mare dove tanti sono affogati” ha aggiunto guardando negli occhi i presenti, che intanto si gonfiavano di lacrime. Ha quindi esortato a pregare per tutti queste vittime, ma anche per tutti i sopravvissuti, che proseguono i giorni dopo la tragedia scampata in attesa di condizioni più dignitose di quelle che vivono attualmente nei centri-accoglienza.

Dopo questa preghiera spontanea, Bergoglio ha poi lasciato il Verano. Una parte di fedeli ha cercato di “inseguirlo”, per abbracciarlo o almeno stringergli la mano. Alcuni hanno intonato cori festanti o urlato il tradizionale “W il Papa”, “Francesco, Francesco”. Lui, Francesco, nonostante il “noooo” di delusione dalla folla, è salito in auto e si è diretto verso il Palazzo Apostolico, salutando dal finestrino i fedeli fermi sul piazzale del Verano, un po’ insoddisfatti per non essere riusciti ad avvicinarlo, ma con il cuore gonfio di commozione e di gioia per la speranza cristiana che questo Papa non manca mai di ricordare.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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