L’anima è spirituale e non può essere quindi prodotta da una sostanza materiale perché, come è stato mostrato prima[1], c’è una differenza infinita tra ciò che è materiale e ciò che è spirituale; si pone quindi il problema relativo alla sua origine.
Oggi si è inclini a riferirsi al “caso” o al “nulla” quando, per mancanza di conoscenza della metafisica, non si è in grado di dare una risposta plausibile a un problema. Si dice, ad esempio, che l’universo è il frutto del caso, perché come scrive Monod: “da un gioco completamente cieco tutto per definizione può derivare” [2]. Affermazioni di questo genere hanno lo stesso valore di chi dicesse che Dante Alighieri, per scrivere la Divina Commedia, ha mescolato tutte le lettere dell’alfabeto e mettendole insieme ha composto la sua magnifica opera letteraria.
Hawking, insieme ad altri astrofisici, sostiene invece che il mondo è stato originato dal nulla. Melisso (V sec. a.C.), discepolo di Parmenide, affermava che ex nihilo, nihil: da nulla viene nulla. Infatti un’elementare riflessione evidenzia che nulla è nulla nell’ambito della realtà, del pensiero, del linguaggio.
Ogni realtà è qualcosa che è, quindi è un non-nulla.
Ogni pensiero è qualcosa di pensato; anche il concetto di nulla (non essere assoluto) è qualcosa.
Ogni parola è qualcosa di detto; anche la parola nulla è qualcosa.
Il nulla è tale sul piano ontologico, logico e linguistico: il nulla è nulla simpliciter.
L’anima spirituale non può essere prodotta dal caso o dal nulla, qual è allora la sua origine?
Una risposta è stata data da Platone, il quale era consapevole dell’immaterialità dell’anima umana e spiegava la sua origine appellandosi a quanto tramandato dall’Orfismo, secondo il quale le anime sono eterne, preesistono ai corpi nei quali si incarnano secondo la teoria della metempsicosi.
Infatti, secondo il filosofo l’anima, dopo aver vissuto nell’al di là, si incarna ciclicamente più volte nel tempo: “l’anima – scrive Platone – è immortale e più volte rinata”[3].
La metempsicosi è sostenuta non in virtù di una dimostrazione retta dal principio di contraddizione, ma mediante un atto di fede nell’Orfismo, cioè di una religione esoterica diffusa in Grecia dal VI secolo a. C., che professava la reincarnazione delle anime in esistenze terrene che si succedono nel tempo. Seguendo la mitologia orfica, Platone afferma che il guerriero Er, ucciso durante una battaglia, per volontà degli dei ritorna in vita e racconta che nell’al di là le anime vengono chiamate, tramite estrazione a sorte, dalla figlia di Necessità, Moira Lachesi, a scegliere il loro futuro terreno. Nella Repubblica di Platone è scritto infatti: “Anime effimere – dice la Moira Lachesi – è questo il principio di un altro periodo di quella vita che è un correre alla morte. […] Il primo tratto a sorte scelga per primo la vita alla quale poi dovrà di necessità essere legato”[4].
Le anime, dopo aver bevuto l’acqua dell’Amelete, che è il fiume della dimenticanza, si incarnano nei corpi in cui si attuerà il tipo di esistenza che hanno scelto.
La dottrina platonica non ha valore filosofico, perché è di carattere mitico-religioso e non è dimostrabile razionalmente.
La filosofia cristiana ha risposto in modo adeguato al problema dell’origine con San Tommaso, perché anche Sant’Agostino non ha offerto una soluzione esauriente, infatti il suo pensiero oscilla tra il “traducianesimo” (le anime dei figli sono originate da quelle dei genitori) e il “creazionismo” (l’anima è creata direttamente da Dio).
Il filosofo scrive in proposito:
“Per quello che riguarda l’origine dell’anima, sapevo che era stata fatta per essere unita al corpo, ma non sapevo allora come non so adesso, se essa discenda dal primo uomo oppure se venga creata singolarmente per ciascun individuo”[5].
Il traducianesimo è contrario alla ragione perché si dovrebbe affermare che una “parte” dell’anima dei genitori si è staccata per causare l’anima dei figli, così come un germe origina un corpo biologico, ma l’anima è una realtà semplice, quindi non ha parti. Oppure si dovrebbe sostenere la trasmutazione delle anime, ma ciò è indimostrabile.
L’unica spiegazione plausibile consiste nell’affermare che l’anima è creata da una realtà assoluta essenzialmente spirituale, Dio, che, in quanto tale, può donare lo spirito senza subire alcun mutamento. L’anima umana, scrive San Tommaso, “non può essere prodotta che per creazione. Ora, solo Dio può creare”[6].
L’esistenza di Dio creatore può essere affermata, quindi, anche attraverso una via antropologica, oltre alle tradizionali cinque vie di stampo cosmologico[7].
Nella filosofia moderna anche Cartesio afferma l’esistenza di Dio movendo dall’essere umano, ma il suo percorso speculativo è molto diverso da quello di Tommaso, perché questi, a differenza di Cartesio, afferma l’esistenza del mondo come un dato di fatto e come punto di partenza della riflessione filosofica, risale dalle operazioni conoscitive tramite le quali l’uomo conosce il mondo all’esistenza dell’anima spirituale e da questa a Dio.
Secondo Tommaso il percorso filosofico è il seguente: mondo – uomo – Dio; mentre per Cartesio, come vedremo, è: uomo – Dio – mondo.
E’ importante conoscere l’antropologia di Cartesio perché, come ha ben documentato Canonico[8], questo filosofo, in antitesi con San Tommaso, sposta il centro della riflessione dall’essere al soggetto umano e “il pensiero diventa il fondamento di tutto il sapere e di tutta la realtà”[9].
L’Autrice evidenzia nella sua opera che dall’antropologia dualistica cartesiana, secondo cui, come vedremo, l’uomo è la giustapposizione di due sostanze (res cogitans e res extensa) scaturiranno due correnti filosofiche di carattere soggettivistico e oggettivistico, presenti nella cultura odierna.
Inoltre, è da rilevare, che l’antropologia cartesiana è implicita in tutte le teorie bioetiche “che distinguono – scrive Spaemann – l’essere umano dalla persona, identificando quest’ultima nell’essere umano cosciente, fino ad affermare, come sostiene Derek Parfit che <>”[10].
(La secondo parte è stata pubblicata sabato 26 ottobre. La quarta parte segue sabato 9 di novembre)
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NOTE
[1] Vedi due articoli precedenti pubblicati su Zenit: L’anima esiste ed è immortale, parte prima e seconda.
[2] J. Monod, Il caso e la necessità. Saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea, Mondadori, Milano 1979, III ed., p.100.
[3] Platone, Menone, 81 c.
[4] Idem, Repubblica, X, 16, 621 b.
[5]Sant’ Agostino, Ritrattazioni, 1,1
[6]San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, I, 90, 3.
[7] L’originalità della metafisica di San Tommaso è rappresentata, come sostiene Mondin, dalla “via dell’essere, senza questa via, non avremmo nessuna metafisica dell’essere ma soltanto della fenomenologia degli enti” (B .Mondin, L’umanesimo filosofico di S.Tommaso e il rinnovamento della Metafisica, Congresso Tomista Internazionale, Pontificia Accademia di San Tommaso – Società Internazionale Tommaso d’Aquino, Roma 21-25 settembre 2003).
[8] Cfr. M. F. Canonico, Antropologie filosofiche del nostro tempo a confronto, Libreria Ateneo Salesiano, Roma 2001.
[9] Ibidem, p. 18.
[10] R. Spaemann, Persone.
Sulla differenza tra “qualcosa” e “qualcuno”, a cura di L. Allodi, Laterza, Bari 2005, p. 4. Il corsivo è mio.