Riprendiamo di seguito il testo dell’omelia tenuta oggi dal Rettore della Pontificia Università Lateranense, monsignor Enrico dal Covolo, nella Messa conclusiva del Seminario di studio internazionale presso il Salesianum di Roma.
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Letture: Giuditta 13,14.17-20; Luca 11,27-28
La liturgia di questa celebrazione eucaristica proclama, fin dall’inizio: “Tu, o Vergine Maria, sei come la colonna, che giorno e notte guidava il popolo nel deserto, per indicargli la via”.
Oggi infatti, al termine del Seminario sulla “filialità, categoria che interpreta l’identità mariana delle FMA”, celebriamo in onore della Madonna la Messa così intitolata: “Maria Vergine, sostegno e difesa della nostra fede”.
Siamo giunti ormai verso la conclusione dell’Anno della Fede, ed è più che mai opportuno approfondire quel fecondo intreccio di filialità, che contraddistingue le donne e gli uomini di fede: siamo tutti figli del Padre, certo; ma siamo anche figli di Maria, la madre di Gesù e madre nostra.
A sua volta, Maria è la figlia prediletta di Sion, la più eccellente – dopo Gesù – fra tutti i figli dell’uomo.
1. La prima lettura che abbiamo ascoltato illustra una famosa figlia di Israele, Giuditta, che è figura di Maria santissima.
Le lodi di Giuditta, del popolo e di Ozia ci ricordano da vicino il Magnificat della Vergine, dopo il suo incontro con Elisabetta. Oloferne, il maligno, ogni faraone e ogni satana della storia, sono sconfitti, una volta per tutte.
Il Signore abbatte i potenti dai loro troni, e innalza gli umili, i suoi figli.
Il brano del Vangelo, invece, richiama una verità di fede molto profonda, che vorrei spiegarvi attraverso un breve episodio della mia vita.
Ve lo racconto adesso, e solo dopo vi spiegherò perché ve l’ho raccontato.
2. Ricordo, quando ero piccolino, che con la mia famiglia andavo a trascorrere le vacanze estive in un paesetto della Valsesia, in Piemonte.
Si chiama Riva Valdobbia, in provincia di Vercelli. E’ una località da cui si può godere una delle visioni più belle del Monte Rosa.
Raramente, però, il massiccio ci appariva sgombro dalle nubi. Ma quando veniva fuori una bella giornata, allora la visione era veramente di sogno, da mozzafiato. E io, bambino, stavo a contemplare a bocca aperta questo splendido gigante tutto coperto di neve: “Che bello!”, esclamavo dentro di me.
Ma poi scoprivo anche un certo disagio, dentro di me. Perché, pensavo – e questo non lo dicevo a nessuno, neanche alla mamma – “questa montagna è troppo bella, troppo grande per me. Non riuscirò mai ad arrivarci in cima. Io sono troppo piccolo!”.
Vi dirò, per la cronaca, che un’estate – quando ormai avevo quattordici anni – sono riuscito ad arrivare sulla cima del Rosa, ed è stato uno dei giorni più belli della mia vita…
Perché vi ho fatto questa confidenza?
Perché molte volte mi pare che noi ci comportiamo allo stesso modo guardando ai santi, e in particolare a Maria santissima.
Molte volte noi guardiamo a Maria come io, da bambino, guardavo il Monte Rosa: “E’ bella, Maria! Come no…? Ma io sono troppo piccolo, non riuscirò mai a raggiungerla! Lei è nata senza peccato; io, invece, sì”.
3. Ebbene, la questione è proprio qui.
Dovremmo piuttosto comprendere – ma soprattutto credere – che i grandi privilegi, di cui Maria è insignita (concepita senza peccato, sempre vergine, madre di Dio e madre nostra, assunta in cielo), sono altrettante mète per ciascuno di noi, che vogliamo imitare questa grande Donna.
Anch’io posso vincere il male e il peccato, anch’io posso generare il Figlio di Dio in me e negli altri, anch’io posso andare oltre la morte, e raggiungere il cielo!
Basta che io mi impegni nel medesimo cammino, che Gesù e Maria hanno tracciato per me… E’ il cammino del dono di sé, dell’uscita dai propri egoismi per andare incontro agli altri, soprattutto ai più poveri.
Mettiamoci su questa strada: saremo finalmente felici! In altri termini, saremo santi, come Maria è santa e immacolata.
4. E’ proprio questo ciò che intende dirci il Vangelo di oggi: certo, Maria è beata, perché è la figlia di Sion, che ha portato Gesù nel suo grembo.
Ma beato è ciascuno di noi, che ascolta la Parola di Dio!
E qui la filialità – di cui avete parlato in questo Seminario, cioè la filialità di Maria e la filialità nostra – si coniuga con il tema dell’ascolto della Parola.
Così inizia la Regula di san Benedetto, testo fondamentale per la nostra identità di consacrati: Obsculta, o fili! Il codice O (Oxford, intorno al 710 d.C.), il più antico testimone completo della Regula, riporta la variante ausculta: ma la tradizione manoscritta è pressoché concorde con obsculta, che sembra rafforzare l’invito all’ascolto interiore.
Ascolta dunque, figlia mia, se vuoi essere veramente te stessa, se vuoi ritrovare davvero te stessa!
Anche la lectio divina, di cui Maria santissima è l’icona con il suo “custodire” e il suo “confrontare” nel cuore, mette al primo posto l’ascolto: “La lectio è inutile, se non si viene istruiti dall’ascolto”, scrive il grande codificatore della lectio divina, Guigo II, priore della Grande Certosa verso la fine del dodicesimo secolo.
5. A conclusione di questa omelia e di questo Seminario, possiamo rivolgerci direttamente a Maria santissima, madre della Chiesa e della nostra fede.
Possiamo rivolgerci a lei con quella preghiera veramente ispirata, che conclude l’enciclica sulla fede, la Lumen Fidei, la prima enciclica di papa Francesco. Eccola:
“Aiuta, o Madre, la nostra fede!
Apri il nostro ascolto alla parola, perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata.
Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi passi, uscendo dalla nostra terra e accogliendo la sua promessa.
Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore, perché possiamo toccarlo con la fede.
Aiutaci ad affidarci pienamente a lui, a credere nel suo amore, soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce, quando la nostra fede è chiamata a maturare.
Semina nella nostra fede la gioia del Risorto.
Ricordaci che chi crede non è mai solo.
Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù, affinché egli sia luce sul nostro cammino.
E che questa luce della fede cresca sempre in noi, finché arrivi quel giorno senza tramonto, che è lo stesso Cristo, il figlio tuo, nostro Signore”.
Amen!
+ Enrico dal Covolo