Negli ultimi 50 anni abbiamo assistito ad un cambiamento di stile dei vari pontefici nel loro rapporto col mondo. In questo percorso si inseriscono anche Papa Francesco, che si è rivolto con una lettera a Eugenio Scalfari, ex direttore de “La Repubblica” e il Papa Emerito Benedetto, che ha scritto al matematico Piergiorgio Odifreddi.

Entrambi gli intellettuali appartengono alla cerchia di quella nomenklatura che è spesso ostile all’insegnamento della Chiesa e al suo ruolo pubblico nella società. A memoria d’uomo credo sia la prima volta che, non uno, ma ben due Pontefici rispondano in maniera così diretta a due campioni del laicismo.

La cosa ovviamente ha destato l’attenzione dei mass media e non poche persone hanno usato i social network per commentare la notizia. Molti credenti si sono detti stupiti per l’importanza che Papa Francesco e Papa Benedetto hanno dato a degli esponenti di un pensiero così ostile alla Chiesa.

Nell’ambiente ecclesiale, infatti, si tende spesso a non rispondere alle provocazioni che provengono da quell’ambiente culturale, al fine – si dice- di non dare loro risalto e gratuita pubblicità. Un tale atteggiamento può però generare nell’opinione pubblica l’idea che i cristiani non abbiano nulla da rispondere a simili obiezioni.

Con la loro azione invece, sembra che i due pontefici abbiano tracciato un sentiero diverso e abbiano voluto dire che anche le critiche possono essere motivo per i credenti per rendere ragione della loro fede.

Se non fosse questo l’orizzonte nel quale muoversi, non avremmo avuto nel passato i grandi apologeti. Se coloro che la pensano in modo diverso dai credenti non fossero stati meritevoli di attenzione, Giustino non avrebbe mai scritto le sue due apologie, oppure Atenagora di Atene non avrebbe difeso i cristiani dalle false accuse che erano loro mosse.

Dialogare con la cultura contemporanea non è un’invenzione degli ultimi due pontefici: la chiesa si è sempre confrontata con le culture dominanti di ogni tempo, anche con quelle ad essa più ostili. San Tommaso, in questa logica, affermò che dobbiamo essere grati ai nostri avversari, perché in qualche modo ci hanno stimolato verso la ricerca della Verità.

Crediamo che particolarmente interessante sia stata la reazione di Eugenio Scalfari, il quale, fra l’altro, ha dichiarato come abbia colto nelle parole del Papa non un tentativo di conversione, ma un gesto di dialogo.

Tutto ciò ci permette di dire che il cristianesimo può oggi essere proposto all’uomo contemporaneo in due modi che possono essere l’uno il completamento dell’altro: si può proporre un “cristianesimo accettabile” e un “cristianesimo accettato”.

Con “cristianesimo accettabile” intendiamo tutto ciò che di buono il cristianesimo ha offerto nel corso dei secoli. Troppo spesso in sede storica e nei dibattiti televisivi ci si sofferma sugli aspetti negativi prodotti dalla nostra religione, aspetti che sono oggettivamente innegabili e umanamente ineliminabili, dimenticando però tutto ciò che di positivo il cristianesimo ha portato nella storia, come ad esempio il concetto di uguaglianza degli uomini, la distinzione della sfera politica da quella religiosa, la bellezza espressa nella pittura, nella musica, nella letteratura, ecc.

Si può insomma invitare l’uomo contemporaneo a riflettere sul contributo (questa parola a nostro avviso è fondamentale) che il cristianesimo ha dato all’umanità e questi può apprezzarlo da un punto di vista umano e culturale.

Se poi l’ammirazione del “cristianesimo accettabile”, di questa realtà che non fa problema per la ragione, porta l’uomo a interrogarsi sulla causa che ha prodotto questi effetti sul mondo, allora si può anche giungere alla fede.

Un percorso questo che ricalca le parole di Gesù nel Vangelo: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,16) e che, in un certo senso, è in analogia con quanto l’uomo fa quando contempla la natura e si interroga sulla sua origine. Per dirla con gli scolastici: “Per visibilia, ad invisibilia”.

Questo balzo nel mondo della fede rende il “cristianesimo accettabile” quello che abbiamo chiamato “cristianesimo accettato” cioè vissuto a livello esistenziale e aperto a quella trascendenza che per il credente è il fine di tutta la vita. Questo passaggio fa sì che la religione diventi fede e quindi relazione con Dio e con la sua Chiesa come possiamo cogliere nelle parole di Papa Francesco: “La fede, per me, è nata dall’incontro con Gesù. Un incontro personale, che ha toccato il mio cuore e ha dato un indirizzo e un senso nuovo alla mia esistenza. Ma al tempo stesso un incontro che è stato reso possibile dalla comunità di fede in cui ho vissuto e grazie a cui ho trovato l’accesso all’intelligenza della Sacra Scrittura, alla vita nuova che come acqua zampillante scaturisce da Gesù attraverso i Sacramenti, alla fraternità con tutti e al servizio dei poveri, immagine vera del Signore. Senza la Chiesa – mi creda – non avrei potuto incontrare Gesù, pur nella consapevolezza che quell’immenso dono che è la fede è custodito nei fragili vasi d’argilla della nostra umanità”.

Per approfondimenti o informazioni: www.nicolarosetti.it

(Articolo tratto da Àncora Online, il settimanale della Diocesi di San Benedetto del Tronto)