Il fenomeno delle migrazioni, ovvero della “mobilità umana” è un “segno dei tempi”, dal momento in cui coinvolge un numero sempre maggiore di persone nel mondo.
Lo ha detto stamattina in Sala Stampa Vaticana, il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, in occasione della presentazione del Messaggio di papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (19 gennaio 2014).
Secondo le statistiche delle Nazioni Unite citate dal porporato, in tutto il mondo i migranti che cercano fortuna fuori del proprio paese sono almeno 232 milioni. A tale cifra si aggiungono i 740 milioni di migranti “interni” che abbandonano la città d’origine ma non la patria.
Di fronte a quasi un miliardo di migranti nel mondo, pertanto, è necessario non abbassare la guardia nell’educazione e nella sensibilizzazione sul tema. Fenomeni degenerativi come la xenofobia, la criminalità e il traffico di esseri umani, rubricabili come “cultura della morte, dello scarto e dello scontro”, vanno contrastati con la “cultura dell’incontro”, ha osservato il cardinale Vegliò.
Una linea suggerita da papa Francesco, ha ricordato il porporato, è quella della “cooperazione internazionale”, mentre un obiettivo importante ma di difficile realizzazione è la tutela del diritto a non emigrare.
Altro obiettivo da raggiungere è il “superamento dei pregiudizi” e, a tal proposito, Vegliò, rivolto ai giornalisti, ha rammentato la loro speciale responsabilità: c’è infatti la tendenza, ad esempio, da parte di alcuni organi di stampa, ad sottolineare la provenienza straniera di molti protagonisti di fatti di cronaca nera. “Voi potete essere il tramite per la diffusione del Messaggio presso la società civile”, ha aggiunto rivolto ancora ai rappresentanti della stampa.
Una sottolineatura particolare è stata fatta dal responsabile vaticano per i Migranti in merito alla parte finale del Messaggio, in cui il Papa descrive la Sacra Famiglia come una famiglia di migranti che “hanno sperimentato che cosa significhi lasciare la propria terra ed essere migranti: minacciati dalla sete di potere di Erode, furono costretti a fuggire e a rifugiarsi in Egitto”.
Conversando con i giornalisti, il cardinale Vegliò ha espresso favore per l’appoggio dei vescovi statunitensi alla riforma delle politiche sull’immigrazione negli USA: “la Chiesa di Roma è favorevole a tutto ciò che possa affrontare il problema”, ha detto a tal proposito.
Vegliò ha anche affermato che i CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) “si potrebbero gestire in modo diverso e dovrebbero funzionare meglio”.
Un commento è stato riservato dal responsabile vaticano per le Migrazioni al recente referendum con cui i cittadini del cantone svizzero del Ticino si sono espressi contro l’utilizzo del burqa: “Sono questioni che non hanno un valore religioso, ma hanno a che vedere molto più con la sicurezza e la politica estera”.
Da parte sua il Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, monsignor Joseph Kalathiparambil, ha sottolineato il diritto degli immigrati alle cose più elementari come la “casa”, l’“istruzione” e l’“assistenza sanitaria”.
Il presule ha anche sollevato il problema dei profughi e dei rifugiati: in tale ambito, la sola Siria conta ben due milioni di rifugiati nei paesi confinanti, mentre in Europa, in particolare in Svezia e Germania, hanno trovato asilo cinquantamila rifugiati siriani.
In particolare nei paesi occidentali, una criticità è rappresentata dalla crescita di un “atteggiamento negativo” verso i profughi, che si associa “all’erosione degli standard umanitari e all’introduzione di misure restrittive, per lasciare fuori le persone sradicate”.
Anche secondo monsignor Kalathiparambil, è importante che i media svolgano un ruolo fondamentale nella sensibilizzazione sulla realtà dei profughi. A tal proposito, il presule ha citato le parole di papa Francesco che, nel Messaggio, ricorda che “i mezzi di comunicazione sociale hanno un ruolo di grande responsabilità: tocca a loro, infatti, smascherare stereotipi e offrire corrette informazioni, dove capiterà di denunciare l’errore di alcuni, ma anche di descrivere l’onestà, la rettitudine e la grandezza d’animo dei più”.