“Considerando che le donne sono colpite in misura sproporzionata dalla mancanza di salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti (SSRRD) per la natura stessa delle riproduzione umana (…). La donna, è svantaggiata perché donna e per godere degli SSRRD (diritti sessuali e riproduttivi) deve diventare come un uomo”.
Ma di chi è questo pensiero così bizzarro?
Del Commiteee on Women’s Righs and Gender Equality del Parlamento Europeo. Incredibile ma vero.
Il 31 maggio scorso la Commissione per i Diritti della Donna e l’eguaglianza di genere del Parlamento Europeo ha presentato un progetto di Relazione sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi, relatrice la europarlamentare portoghese Edit Estrela.
Alla Lettera D si afferma quanto sopra riportato in virgolette.
Il 18 settembre, in seguito alla presentazione e discussione di vari emendamenti avvenuta dopo il 31 maggio, il testo definitivo è stato approvato dalla Commissione stessa.
Ora il testo sarà sottomesso all’approvazione del Parlamento Europeo in seduta plenaria a dicembre per poi diventare, in caso di approvazione, una Risoluzione o altro documento legislativo europeo.
E’ quanto mai evidente la base ideologica della relazione che sottende a tutte le previsioni contenute nel testo e che impedisce una tutela della donna nell’ambito della salute sessuale e riproduttiva.
Tra le giuste rivendicazioni per difendere le donne, tra le quali lotta alla mortalità materna, lotta alle pratiche dirette a controllare la sessualità delle donne, lotte contro gli abusi sessuali e contro le violenze sulle donne contenute nel Rapporto, la Estrela ha inserito alcuni attacchi ai diritti fondamentali.
Innanzitutto il Rapporto, contrariamente a quanto previsto dall’ordinamento europeo, vuole regolare la materia dell’aborto che è invece materia esclusiva di ogni singolo Stato Membro, sulla quale l’Unione non può intervenire.
Secondo punto critico è il fatto di volere rubricare l’interruzione volontaria di gravidanza come diritto umano.
Terzo punto critico è l’opposizione alla libertà di coscienza dei medici, che si chiede venga monitorata e limitata per permettere di usufruire del “diritto” di aborto nel modo più ampio possibile (§ 11).
Il quarto punto critico è la richiesta di finanziamento a progetti nei paesi in via di sviluppo volti a diffondere ancora di più l’aborto. Se da un lato si condanna il controllo della sessualità della donna da parte degli Stati, dall’altro si vogliono sovvenzionare, come è già avvenuto, progetti che sotto l’egida della salute sessuale e riproduttiva in qualche modo promuovono l’aborto o la sterilizzazione alle donne, oppure anche l’uso di anticoncezionali invasivi.
Il finanziamento di queste campagne per aborto, pianificazione familiare-controllo delle nascite, sterilizzazioni e anticoncezionali abortivi, induce troppo spesso gli stati in via di sviluppo a realizzare politiche di controllo sulla natalità che vengono portate avanti nonostante la volontà delle donne e delle famiglie.
I progetti di pianificazione familiare in alcuni casi, come India e Cina, hanno portato al grave fenomeno della selezione delle bambine, che si attua nel periodo prenatale per mezzo dell’aborto.
Secondo il Rapporto Estrela i progetti di sviluppo dovrebbero essere volti a “rieducare” la popolazione verso una mentalità contraccettiva, abortiva e di gender, perché nei paesi in via di sviluppo spesso non esiste una mentalità contraccettiva, né una mentalità abortiva, né tantomeno l’idea di sessualità LGBTQ (Lesbian, Gay, Bisexual, Trans gender, Queer).
Nella relazione si afferma che gli investimenti per la pianificazione familiare e la salute sessuale e riproduttiva, sono i più efficaci rispetto ad altri aiuti (§ 21).
Nonostante il successo dell’Iniziativa Popolare Europea “Uno di Noi”, che ha superato il milione di firme, e la chiara normativa europea in materia di protezione dell’embrione umano, alcuni membri del Parlamento Europeo e stanno cercando di introdurre nell’UE una nuova controversia in materia d’aborto.
Gregor Puppinck dell’European Center for Law and Justice ha spiegato che la lobby pro aborto sta cercando di neutralizzare politicamente il successo dell’iniziativa “Uno di Noi “che chiede, di non finanziare progetti che comportino come conseguenza la distruzione di embrioni umani.
Come risposta ai firmatari di “Uno di noi” che chiedono il riconoscimento della persona fin dal concepimento, il divieto di erogare fondi europei per associazioni che promuovono l’aborto e per pratiche mediche che violano la dignità dei nascituri, gli oppositori hanno approvato il Rapporto sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi della Commissione per i diritti della Donna, che forza gli stati membri a legalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza e a limitare il diritto all’obiezione di coscienza.
Nonostante numerose risposte univoche della Commissione Europea e del Consiglio dei Ministri ad alcune interrogazioni parlamentari che confermano che la UE non ha alcuna competenza sulla base dei suoi Trattati per occuparsi dell’interruzione volontaria di gravidanza nei paesi membri, un gruppo di parlamentari europei attivisti radicali sta cercando di fare approvare il cosiddetto diritto di aborto on demand.
Ha scritto nel Report la Estrela: “si raccomanda che l’aborto, come diritto umano, sia reso legale, sicuro e accessibile a tutti” (§10).
La prima reazione che viene leggendo l’intero Report è di stupore. Viene da chiedersi per chi è questa relazione… certo non per l’Europa dove di 28 paesi membri, solo uno, Malta, non ammette per nulla l’aborto, mentre tutti gli altri lo ammettono, alcuni a richiesta, altri in alcuni casi e con alcuni limiti.
In Europa la prima causa di morte è l’interruzione volontaria di gravidanza. L’aborto è usato come mezzo di controllo delle nascite soprattutto nei paesi dell’est-europeo che hanno un tasso di ri-abortività assai elevato. Nella Ue come è stato recentemente provato in un convegno di studi sul calo demografico svoltosi presso la Commissione europea di Bruxelles, il problema è la crescita zero, inoltre nel vecchio continente la pratica della contraccezione è tra le più diffuse al mondo.
Allora perché la Commissione per i diritti della donna sente la necessità di fare un Report dove si chiede di garantire l’aborto libero, di educare gli adolescenti alla sessualità secondo l’ideologia gender, di diffondere ancora più anticoncezionali, di condizionare la vita sessuale dei cittadini dei paesi in via di sviluppo secondo principi malthusiani e eugenetici e di praticare la pianificazione familiare?
L’UE è un insieme di Paesi dove si praticano ogni anno oltre un milione di interruzioni volontarie di gravidanza, le culle sono vuote, cresce enormemente la percentuale di persone anziane e si assiste ad un rigido inverno demografico. In questo contesto, a cosa serve questo progetto di risoluzione?
La questione è controversa e sono stati propositi 214 emendamenti al testo. Alcuni reclamano i diritti riproduttivi come diritti fondamentali per donne e uomini e che quindi non dovrebbero subire restrizioni per motivi religiosi (emendamento 115). Altri cercano di correggere la materia introducendo testi di questo genere “non esiste un ‘diritto umano’ all’abo
rto nella normativa internazionale” (emendamento 117).
La relatrice, Edit Estrela, ha reagito negativamente all’alto numero di emendamenti, ed ha ribadito che cercherà di rovesciare il diritto fondamentale all’obiezione di coscienza.
Secondo Puppinck, se il FEMM Committee dovesse adottare questa Relazione senza sostanziali cambiamenti, oltrepasserà in maniera sostanziale le sue competenze.
Nel link che segue è possibile trovare i membri della Commissione per i Diritti della Donna e l’eguaglianza di genere, ai quali è possibile mandare in qualità di cittadini europei il proprio parere: http://www.europarl.europa.eu/committees/en/femm/members.html#menuzone