La scorsa settimana, dopo aver effettuato un excursus artistico ed architettonico dei sotterranei della basilica, abbiamo messo in evidenza l’importanza che ricopriva nell’antichità l’apporto privato per la decorazione degli edifici ecclesiastici. Grazie a Beno de Rapiza infatti, è stato possibile ammirare due splendidi affreschi dislocati nel nartece e nella navata, istantanee della cultura romana nel medioevo.
Di altrettanta intensità e carica emotiva è la scena ‘multipla’ della Leggenda di S. Alessio, piuttosto popolare in quest’epoca. Proveniente da una famiglia dell’alto patriziato romano, Alessio, fuggito il giorno delle nozze e rifugiatosi in un eremo in Oriente, decide dopo molti anni di tornare alla casa paterna senza però farsi riconoscere. Questo è il racconto che introduce l’ultima parte della leggenda, quella effettivamente rappresentata nell’affresco della basilica. La scena inizia con Alessio che chiede l’elemosina al padre, il potente senatore Eufemiano (accompagnato in questa scena da un ufficiale e da uno spatario) ed ottiene ospitalità. Per diciassette anni Alessiosi dedica ai più umili lavori nella casa paterna fino ad arrivare allo stremo delle forze. Poco prima di morire il pontefice si reca a fargli visita e gli viene consegnato dallo stesso Alessio uno scritto che dovrà essere letto alla presenza dei suoi genitori dopo la sua morte. Appena spirato, il papa legge il plico che svela ai genitori chi effettivamente fosse l’ignoto pellegrino. Commossa e struggente e la reazione dei genitori e drammatica quella della madre che si getta sulle spoglie del figlio morto adagiato sul letto. L’intera scena è incorniciata nella parte superiore dall’immagine del Cristo in trono tra i SS. Gabriele e Nicolò, Michele e Clemente, mentre nella parte inferiore motivi decorativi e di riempimento con uccelli e vasi di frutta.
Nel 1868 venne ritrovato un affresco chiamato ‘Discesa di Cristo al Limbo’ (meglio conosciuto come Anastasis), recentemente restaurato nel2005 incollaborazione con i padri domenicani irlandesi e l’Istituto Centrale per il Restauro grazie al contributo della Fondazione Paola Droghetti. L’affresco venne rinvenuto da Padre Mullooly, Priore di S. Clemente, al quale, tra l’altro, si attribuisce il merito di aver condotto nel 1857 nei sotterranei della Basilica importanti esponenti della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Padre Mullooly iniziò per suo conto le indagini dei sotterranei attraversando dapprima la sacrestia e successivamente, attraverso gli ambienti a volta, giunse all’interno della navata perforando il muro esterno di destra. Nel 1860, terminati i finanziamenti, il Priore decise di autofinanziarsi ottenendo, attraverso ‘sponsorizzazioni’ del Pontefice, del Clero e dei cittadini, molti finanziamenti che gli permisero di liberare quasi tutta la basilica e di iniziare l’esplorazione delle costruzioni di epoca romana fino alla scoperta, nel 1870 del mitreo.
Tornando all’Anastasis, l’affresco mostra il Cristo circondato dall’aura di santità mentre scende nell’oltretomba con il vessillo della Croce per salvare le anime dei giusti prima della sua venuta. Egli afferra adamo per il polso mentre è trattenuto dal diavolo avvolto dal fuoco. In questo caso la rappresentazione è assai chiara: il Cristo che trionfa sulla morte e sul male. Una colonna tortile separa questa scena dalla rappresentazione di una figura con il Libro dei Vangeli (interpretata come monaco di origine orientale), probabilmente il defunto a cui è dedicato il dipinto. Una suggestiva ipotesi ritiene che la pittura, datata all’VIII secolo, faccia parte della tomba di San Cirillo, l’apostolo degli slavi.
Altre scene minori sono quelle di ‘Daniele tra i leoni’ (giustiziato dall’imperatore Dario gettandolo tra i leoni) e di ‘S. Biagio che risana un fanciullo’, liberandolo da una spina incastrata nella gola.
Queste scene sanciscono l’importanza del luogo, ulteriormente confermato dall’affresco della discesa di Gesù nel limbo per salvare le anime dei giusti morti prima della sua venuta, che conferma ancora una volta la straordinaria importanza degli affreschi, rari esempi di pittura romana di età medievale.
* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.