Federico Caffè, il volto umano di un grande economista

Nel libro “Contro gli incappucciati della finanza” edito da Castelvecchi

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Il libro “Contro gli incappucciati della finanza” curato da Giuseppe Amari ed edito da Castelvecchi (pp. 281, € 22,00) raccoglie gli articoli scritti dall’economista Federico Caffè sui quotidiani “Il Messaggero” di Roma dal 1974 al 1986 e su “L’Ora” di Palermo dal 1983 al 1987 (1).

Caffè, docente di Politica economica e finanziaria dal 1956 alla Facoltà di Economia e Commercio di Roma scompare misteriosamente all’età di 73 anni nella notte tra il 14 ed il 15 aprile 1987.

Come spesso avviene nei libri che raccolgono gli interventi, soprattutto divulgativi, come necessariamente sono quelli presenti sui quotidiani e scritti nel corso di un arco temporale piuttosto ampio, si possono ritrovare articoli che mantengono intatta la loro attualità ed altri più legati alle contingenze del periodo e che consentono, comunque, una vista più storica sui temi approfonditi.

Gli oltre novanta articoli (di cui sessantanove su “Il Messaggero” e ventitré su “L’Ora”) sono  analizzati, per quanto concerne gli aspetti più tipicamente economici, da Paolo Leon nella postfazione e dal curatore Giuseppe Amari nell’ introduzione. 

Emergono i temi cari a Caffè, come quelli della coerenza con quanto dichiarato all’interno della Costituzione, dei guasti prodotti già a quel tempo da una finanza senza volto, della necessità di un intervento dello Stato che non lasciasse campo libero unicamente al mercato, della indispensabilità di proteggere i risparmi, in particolare quelli delle fasce a redditi più bassi.

Nel libro, inoltre, sono raccontati dalla nipote Giovanna Leone, dal giornalista Corrado Giustiniani che lo ebbe come interlocutore a “Il Messaggero” e da Alberto Spampinato a “L’Ora”, anche i comportamenti e gli atteggiamenti più privati di questo grande economista che è stato un tutt’uno con la vita universitaria e che ha avuto la sventura di dover commemorare un suo allievo (Ezio Tarantelli) vittima del terrorismo.

Emergono i ricordi di una casa (Caffè veniva chiamato con il suo terzo nome, cioè Zio Vinicio) dove vivevano più generazioni ma dove comunque l’amore per la cultura e la sobrietà nell’apparire erano un tutt’uno. Una esperienza al “Messaggero” che lascia a Giustiniani il ricordo di una vicinanza in un momento di dolore ma anche la nettezza con la quale Caffè rifiutò qualsiasi compenso per la sua collaborazione. E ancora, quegli articoli sul quotidiano, certo di non grande tiratura  come “L’Ora” e che già a quel tempo non navigava in buone acque, ma che comunque dava lustro per l’ attenzione al pensiero ed alla difficile realtà meridionale.

E poi, una grande simbiosi con la sua università, che raggiungeva già al mattino presto con i mezzi pubblici e nella quale era di esempio a tutti gli altri docenti, ponendosi a completa disposizione degli studenti, finanche sostituendo, a volte, il bibliotecario nella consegna dei testi.

Tra i molti rimpianti che l’improvvisa scomparsa ha lasciato, resta anche quello, a distanza di molti anni, di un pensiero e di una figura che stentano ad essere ricordati in maniera sistematica sui media e che, per certi versi, ricorda il destino di un altro grande economista, come Francesco Vito rettore della Cattolica morto prematuramente ed improvvisamente, accomunati dalla dedizione totale all’Università, all’Economia, ai loro studenti e dal provenire dalla periferia della nazione.

*

NOTE 

(1)  Zenit ha pubblicato integralmente nelle edizioni del 4, 5 e 9 agosto 2013 tre articoli sui temi inerenti il lavoro, il precariato e le retribuzioni. 

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Antonio D'Angiò

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