In India e in Cina, due casi di aggressioni selvagge verso fedeli cristiani

A Karon, un sacerdote e due suore sono stati picchiati ferocemente da circa 150 persone. Ad Hainan, il governo ruba la terra di una Chiesa e aggredisce i fedeli, mandando due donne in coma

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Non si arrestano nel mondo le violenze verso i fedeli cristiani. Proprio oggi è giunta più di una notizia su selvagge aggressioni nei confronti di sacerdoti, suore e laici. Il primo caso è avvenuto in India, precisamente a Karon (Jharkhand). Lì – riferisce l’agenzia AsiaNews – un sacerdote gesuita e due suore, che operano dal 2004 in una missione cattolica con i tribali Santal, sono stati insultati e picchiati da circa 150 persone, due giorni fa. La violenza pare sia stata scatenata dalla morte di un bambino di 7 anni, che alloggiava nell’ostello gestito dai religiosi cattolici.

Lo scorso 2 agosto, il bambino accusava forti dolori allo stomaco, tanto da preoccupare i missionari che lo hanno portato d’urgenza all’ospedale locale, dove è deceduto a causa di un arresto cardiaco, come stabilito dai medici. Il corpo del piccolo è stato riportato dal sacerdote e dalle suore nel suo villaggio natale, nel distretto di Chittaranjan (West Bengal). Gli abitanti, inferociti, hanno prima trattenuto i cattolici, per poi lasciarli andare.

Racconta il padre gesuita Michael Panimegam, direttore della missione, ad AsiaNews: “Avevamo chiesto loro un nuovo incontro e il 18 agosto si sono presentate circa 150 persone, inclusi i genitori del bambino. Poco dopo aver iniziato il padre si è avvicinato e mi ha schiaffeggiato. Da lì altri hanno iniziato a rompere i vetri delle finestre, distruggere suppellettili, e la madre ha preso a picchiarmi”.

Oltre 60 donne hanno attaccato suor Sahaya, preside della scuola della missione, tirandole i capelli e i vestiti, e poi malmenandola, riferisce il sacerdote. L’intervento della polizia ha disperso le centinaia di persone. Uno dei sacerdoti presenti al momento dell’aggressione, padre Salomon, ha riportato ferite alla testa. Come se non bastasse, il gruppo, prima di andar via, ha chiesto un risarcimento di 1 milione di rupie, che i missionari però non hanno accettato.

I gesuiti della missione sospettano che a fomentare la comunità, facendo leva sul dolore della perdita, siano stati i gruppi radicali indù Rashtriya Sawayamsevak Sangh (Rss) e Bajrang Dal. “Perdono i miei aggressori – ha dichiarato sempre ad AsiaNews padre Panimegam – e con la grazia di Dio e del suo Spirito continuerò a servire questa comunità santal attraverso la missione educativa dei gesuiti”.

Un caso analogo di violenza verso cristiani è avvenuto poi nella contea cinese di Lincheng, nella provincia meridionale di Hainan. Una squadra di “teppisti” e funzionari del governo, la mattina del 13 agosto, ha picchiato ferocemente un gruppo di cristiani che cercava di impedire il furto dei terreni su cui doveva sorgere la loro Chiesa. Due donne sono finite in coma e tra i feriti ci sono anche anziani e bambini.

L’episodio è stato confermato solo oggi, a distanza di circa una settimana, dal gruppo China Aid, che monitora la situazione dei diritti umani e civili in Cina. Come riferisce AsiaNews, la comunità cristiana di Lingao ha chiesto alla polizia di intervenire, ma gli agenti nel corso del raid sono rimasti a guardare. Addirittura, le autorità giudiziarie si sono rifiutate di aprire un’indagine su quanto accaduto.

Fonti locali riferiscono che lo scontro sia nato dopo che il governo locale ha venduto ad alcuni industriali i terreni acquistati precedentemente dalla comunità di fedeli. La speranza era di costruire su quel terreno una Chiesa dove incontrarsi e raccogliersi in preghiera. Il governo, però, ha agito in segreto. Fino all’arrivo delle ruspe che volevano aprire un cantiere, nessuno si era accolto di nulla. Alla pretesa di aprire sul luogo un cantiere, alcuni fedeli hanno protestato, per poi essere aggrediti pesantemente.

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ZENIT Staff

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