I cattolici coreani in rivolta contro l’eutanasia. A Seoul, la Commissione nazionale di Bioetica ha inviato al Parlamento coreano una “raccomandazione” per chiedere di legalizzare l’interruzione dei trattamenti per i malati in stato vegetativo e in fase terminale. Tale provvedimento ha scatenato le reazioni della società civile, soprattutto la maggioranza cattolica che ha denunciato “abusi e storture” che “derivano soprattutto dal desiderio di tagliare le spese mediche senza alcun rispetto per la vita umana”.
Lo afferma ad AsiaNews, Ku In-hoe, direttore dell’Istituto di Bioetica presso l’Università cattolica coreana. La Commissione di Bioetica coreana aveva già fatto discutereper aver autorizzato le ricerche del dottor Hwang Woo-suk, che voleva clonare gli esseri umani, senza ottenere fortunatamente alcun risultato. Ora la nuova proposta che prevede che i medici possano interrompere le cure e i trattamenti necessari a mantenere in vita i pazienti in stato terminale o vegetativo. Secondo una nota del comitato: “Servirà un documento che provi la volontà del paziente”, mentre per i pazienti terminali non coscienti sarà sufficiente “la decisione della famiglia”.
Il professor In-hoe ha spiega all’agenzia che la proposta “crea molte preoccupazioni”. “Siamo convinti – ha detto – che un decreto del genere potrebbe essere usato da persone senza scrupoli che vogliono manipolare i pazienti in condizioni vulnerabili”.
Senza affrontare la questione morale, verso cui – ha sottolineato il professore – “ci sono enormi buchi legislativi”. Come ad esempio: “Se non c’è una volontà precisa e documentabile, non si può mettere la vita di una persona in mano a un terzo perché questo violerebbe i diritti umani e civili del paziente”.
Inoltre, aggiunge l’accademico, “è altissimo il rischio che i familiari distorcano le volontà del malato per problemi finanziari o per mettere le mani sull’eredità”. I trattamenti medici in casi come questi sono “molto costosi”, ha riferito, e nonostante lo Stato se ne faccia carico “farebbe comodo a molti eliminare il problema dalla base, cioè uccidendo una persona”. Pertanto, secondo In-hoe, sono necessarie “misure estremamente più chiare e più sicure anche solo per procedere in questa discussione”. “Anche se noi – ha concluso – siamo contrari a prescindere, perché la vita è sacra”.