Nel giro di pochi giorni, il trentenne Leandro si ritrova ad essere padre da due donne diverse: non solo sua moglie Silvina è in attesa del loro primo figlio, ma viene a conoscenza di aver concepito dodici anni prima una bambina, a seguito di una fugace avventura di gioventù.
Non è finita qui: la madre della bambina, per mezzo della sorella, gli ha chiesto, di tenere con sé la piccola per qualche tempo, essendo malata di cancro e dovendo sottoporsi a un ciclo radioterapico.
Inizia così Por un tiempo, il terzo film in concorso al Fiuggi Family Festival. La pellicola, di produzione e ambientazione argentina, è diretta da Gustavo Garzòn.
Per Leandro (Esteban Lamothe), che lavora come architetto in uno studio associato, è un vero terremoto: inizialmente si rifiuta sia di accogliere in casa la sua figlia naturale che di fare il test di paternità. Nella sua mente aver concepito un bambino è qualcosa di ben diverso dall’essere padre.
Poi qualcosa scatta nella sua mente: vuole conoscere la bambina ed ospitarla, così come chiesto dalla zia di quest’ultima. Anche Silvina (Ana Katz), superato lo choc, acconsente a questa iniziativa, nonostante le fatiche del suo stato interessante.
In effetti, anche se Lucero (Mora Arenillas) è convinta che suo padre abbia abbandonato lei e sua madre, poco dopo la sua nascita, Leandro, per dodici anni ha totalmente ignorato la sua paternità.
Infatti Clara, compagna del suo brevissimo flirt giovanile, non ha mai voluto essergli di peso e, anche in occasione della sua malattia, l’idea di affidare la bambina a Leandro è stata della sorella.
Quando Lucero viene accolta in casa, inizialmente è soprattutto Silvina ad essere affettuosa con lei: si sente già pronta ad essere madre, mentre il marito è ancora pieno di perplessità.
La situazione è complicata dai gravi disturbi psicologici di cui la bambina soffre: è estremamente chiusa in se stessa e non vuole parlare con nessuno. Anche le sue insegnanti sono estremamente preoccupate della sua patologica introversione. Un giorno Lucero arriva a somatizzare le sue paure e contrae una febbre altissima.
Poco tempo dopo, durante una passeggiata con il padre, la bambina si affeziona tantissimo ad un cagnolino randagio e sembra finalmente rinascere: il sorriso per la prima volta è comparso sulle sue labbra. Leandro acconsente a portare l’animale in casa, mandando su tutte le furie la moglie, preoccupata, tra l’altro di poter contrarre qualche malattia pericolosa per la sua gravidanza.
Il finale del film è aperto ma lascia intravedere come, anche nelle situazioni più controverse e apparentemente ingestibili, la soluzione è nell’amore e nell’accoglienza che solo una famiglia può dare.