Pubblichiamo oggi la meditazione preparata da monsignor Enrico dal Covolo, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, per la puntata di domenica 21 luglio 2013 del programma quotidiano di informazione religiosa “Ascolta si fa sera” di Rai Radio 1.
Per un infortunio domestico di mons. dal Covolo, il testo non è mai stato registrato.
***
Alla fine della prossima settimana ricorre una festa molto simpatica: la festa dei nonni. Il 26 luglio, infatti, ricorderemo i santi Gioacchino e Anna, genitori di Maria e nonni di Gesù.
Di uno dei miei nonni – che non ho mai conosciuto – raccontano che era un uomo molto saggio. La gente di Feltre si rivolgeva a lui per consigli di ogni genere, e lui risolveva i problemi in poche parole, spesso citando antichi proverbi, come questi: “Tra moglie e marito, non mettere il dito”; oppure: “Chi la fa, la aspetti; chi semina vento, raccoglie tempesta”.
Nel campo dell’educazione, i nonni possono esercitare – soprattutto oggi – un ruolo molto importante.
Ve lo dico con un racconto grazioso.
Cinzia è uscita da scuola. E’ triste. Nell’intervallo, ancora una volta, i compagni l’hanno presa in giro, e lei è timida e sensibile.
La strada per tornare a casa attraversa un piccolo parco, con un’altalena. Cinzia sale, e comincia a dondolarsi lentamente, tutta assorta nei suoi pensieri.
All’improvviso, si accorge che non è più sola. “Nonno, nonna… Ma siete proprio voi? Mi mancate tanto…”, esclama Cinzia.
“Anche tu ci manchi, piccolina”, rispondono in coro i nonni. “Il Signore ci ha chiamati in paradiso… Ma ci ha permesso di venire a trovarti un momento”.
Poi la nonna le consegna la medaglietta dei santi nonni Gioacchino e Anna, e continua: “Tutti nella vita sono accompagnati da qualcuno, anche se a volte non se ne rendono conto. Certo, la vita la devi affrontare tu, superando le difficoltà con le tue forze. Qualche volta ti sembrerà una tempesta, una bufera, un tornado che ti travolge e ti fa cadere, ma pian piano, crescendo, capirai che puoi farcela. Credi in te e nella tua volontà. Noi ti accompagneremo, ma sarai solo tu a vivere gioiosamente la tua vita, superando ogni problema…”.
Cinzia scende dall’altalena, abbraccia teneramente i suoi nonni, e riprende la strada.
Ancora adesso, il suo carattere è sensibile e riservato, ma non come prima. Non si separa mai dalla medaglietta dei nonni, e spesso, guardandola, deve riconoscere che tutto sta andando molto meglio.
L’amore e il consiglio dei nonni le hanno dato la forza e il coraggio di riuscire.
Il Padre nostro è forse la preghiera più conosciuta al mondo. E’ una preghiera ecumenica, che unisce uomini e donne di molte razze e religioni diverse. La si recita in tutte le lingue.
Ricordiamo quella frase, che dice così: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
All’inizio del VII secolo il vescovo di Alessandria d’Egitto era un certo Giovanni, che poi venne proclamato santo. Il vescovo Giovanni era chiamato l’elemosiniere, perché tutto ciò che riceveva dai fedeli ricchi lo donava subito a quelli più poveri. Anzi, era talmente dedito ai poveri, che li chiamava “i miei padroni e signori”, proprio come avrebbe fatto – parecchi secoli dopo – san Vincenzo de’ Paoli.
Un giorno, al vescovo Giovanni si presentò un bel problema.
Uno dei cristiani ricchi della città, tra i più generosi nelle elemosine, non voleva assolutamente perdonare un’offesa che gli era stata fatta.
Al vescovo venne allora un’idea geniale: un bel mattino, invitò quel cristiano nella sua cappella privata per la santa Messa. C’erano anche i chierichetti, che servivano. Il vescovo si mise d’accordo con loro. Quando avrebbero recitato il Padre nostro, tutti dovevano fermarsi prima delle parole: “Rimetti a noi i nostri debiti”.
Il cristiano, onorato dall’invito, seguì con molta devozione la Messa.
Ma rimase molto sorpreso quando, sul più bello della recita del Padre nostro, si trovò da solo, in un silenzio assordante, a recitare: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Appena terminata la preghiera, il vescovo interruppe la Messa, e si rivolse a quel cristiano più o meno con queste parole: “Rifletti ora sulla preghiera che hai appena recitato. Se tu non perdoni a quel tuo conoscente, la preghiera che hai recitato è falsa. Neanche tu sarai perdonato…”.
Il ricco cristiano rifletté un istante, e si vergognò, perché – chiedendo la misericordia per sé – non voleva concederla a un’altra persona.
Perdonò subito il torto subito, e con la coscienza tranquilla continuò la partecipazione alla Messa.