Uno degli ultimi provvedimenti dell’ex primo ministro australiano Julia Gillard, il cui mandato si è concluso lo scorso 27 giugno, è stato la drastica riduzione del costo del farmaco abortivo RU486.
A partire dal prossimo 1 agosto, il farmaco sarà disponibile nell’ambito della previdenza farmaceutica. Ciò comporta che, per le donne provviste di tessera sanitaria, il prezzo scenderà da 800 dollari australiani (circa 560 euro) a soli 12 dollari (circa 8 euro).
Il farmaco è diventato assai più reperibile negli ultimi tempi. Lo scorso 30 agosto la Therapeutic Goods Administration ha rimosso le restrizioni al numero di medici abilitati a prescriverlo. In precedenza il numero di tali medici era di appena 187.
“Questo provvedimento è un grave passo indietro per l’Australia”, ha commentato monsignor Julian Porteous, uno dei vescovi ausiliari di Sydney.
La decisione di abbattere la tariffa della RU486 è coincisa con il lancio della seconda edizione di RU 486: Misconceptions, Myths and Morals (RU486: preconcetti, miti ed etiche), a cura di Renate Klein, Janice Raymond e Lynette Dumble. Il testo originario fu pubblicato nel 1991 ed è stato ora integrato da un prefazione di 98 pagine, firmata da Renate Klein.
Scritto da una prospettiva femminista ed abortista, il saggio spiega in modo approfondito i pericoli per la salute associati all’uso della RU486.
Nella sua prefazione, Klein lamenta il fatto che la reazione alla prima edizione del libro, fu negativa da parte di donne e gruppi pro-aborto, con le autrici bollate come “traditrici” della causa del diritto all’aborto.
Vent’anni dopo la situazione non è cambiata, afferma Klein. Inoltre, da allora molti paesi – 50 a metà del 2011 – hanno legalizzato la RU846.
Riguardo ai rischi per la salute con la RU486, Klein cita numerose fonti. Uno studio rileva che il 10% delle donne soffre di eccessive emorragie. Questa percentuale può apparire bassa ma, come spiega Klein, è estrapolata dal milione e mezzo di donne che, soltanto negli USA, hanno utilizzato la RU486 fino al 2011, quindi la cifra è significativa. Altre complicazioni sono rappresentate dalle infezioni e dalla necessità di trasfusioni sanguigne.
Negli aborti chimici, sia i tassi di fallimento che il rischio di complicazioni sono elevati, se paragonati con gli aborti chirurgici. “Le pillole sono un maniera deprecabile per eseguire un aborto”, afferma il dottor Warren Hern, un medico abortista, secondo una fonte citata dalla Klein.
Venendo all’esperienza australiana, Klein osserva che il numero degli esiti negativi, compresa la morte della paziente, sono in linea con gli standard internazionali.
L’autrice mette in guardia dall’abbattimento delle tariffe della RU486 in Australia, che renderebbe questa pratica molto più economica dell’aborto chirurgico. Ciò potrebbe persuadere molte donne ad optare per l’aborto chimico, con tutte le conseguenze negative del caso.
La situazione è assai scoraggiante nei paesi in via di sviluppo, dove, osserva Klein, la RU486 viene promossa come un mezzo di controllo demografico. Mancando adeguate strutture ospedaliere in molti di questi paesi, le donne che soffrono di complicazioni, non potranno ottenere alcun trattamento.
L’Australia non è l’unico paese dove la RU486 suscita polemiche. Una settimana fa il Senato del Texas ha approvato un progetto di legge, già passato alla Camera dei Deputati, che apporta restrizioni all’aborto. Tra i cambiamenti figura l’introduzione di linee guida più severe sulle modalità di somministrazione dei farmaci abortivi, RU486 compresa.
In precedenza la Corte Suprema degli USA aveva ordinato alla Corte Suprema dell’Oklahoma di emettere una sentenza riguardo alla legge dello stato dell’Oklahoma basata sul modello legislativo di Americans United for Life, denominato “Atto sulla sicurezza dei farmaci abortivi”, secondo un rapporto pubblicato lo scorso 27 giugno su LifeNews.com.
La Corte Suprema ha quindi compiuto il primo passo verso la protezione delle donne e delle ragazze nei confronti del cinico disprezzo dell’industria dell’aborto verso la loro salute e sicurezza nell’uso di farmaci potenzialmente mortali”, ha dichiarato il dottor Charmaine Yoest, presidente ed amministratore delegato di Americans United for Life.
Secondo l’articolo, vi sono stati più di 2200 casi di gravi conseguenze fisiche sulla salute delle donne che hanno fatto uso della RU486, fin dalla legalizzazione del farmaco, avvenuta nel settembre 2000.
Poco tempo prima il governatore dell’Indiana, Mike Pence ha firmato una proposta di legge che introduce restrizioni alla RU486. Lo riferisce un rapporto pubblicato da LifeNews.com dello scorso1 maggio.
Perché i sostenitori dell’aborto si appassionano così tanto alla causa della RU486? Lo scorso 11 aprile, Randall K. O’Bannon ha pubblicato un dossier intitolato 5 Reasons behind the Abortion Industry Push for Chemical Abortions (5 ragioni dietro le pressioni dell’industria abortiva per l’aborto chimico), nel servizio nazionale al diritto alla vita.
In primo luogo, ha affermato O’Bannon, questa pratica è stata spacciata come un’opzione più rassicurante rispetto all’aborto chirurgico. In secondo luogo ha come oggetto il feto nei primi mesi di vita intrauterina, cioè prima che la madre possa vederlo con gli ultrasuoni.
In terzo luogo, si vuole rendere la vita più facile ai medici, molti dei quali si rifiutano di praticare aborti chirurgici.
In quarto luogo, il numero di aborti in America è significativamente diminuito, pertanto la RU486 rappresenta una chance per attrarre molte donne con un nuovo prodotto.
In quinto luogo, una volta che il suo uso si è diffuso negli Usa, diventerebbe di facile esportazione in altri paesi.
Il drastico calo della tariffa della RU486, è stata salutata dal ministro della salute australiano, Tanya Plibersek, come un positivo passo avanti per le donne. In realtà, renderlo più accessibile alle donne, aumenta soltanto i pericoli: difficilmente si tratta quindi di un progresso per loro.