Oggi difendiamo con forza il nostro stato laico ed io dico, da cattolico osservante, che si tratta di cosa buona e giusta. Nei convegni politici si fa a gara nel sottolineare, con più forza possibile, questa conquista sociale, come se il Cristianesimo o la Chiesa nella loro missione per il mondo, ne minacciassero l’esistenza. Anche un vero cristiano sa benissimo che si tratta di un progresso democratico rilevante, che separa le istituzioni dello Stato da quelle religiose.
Nessuno però può sottacere che la storia, italiana ed europea, è imbevuta di cristianità e di valori universali, che hanno la loro base nella saggezza della Parola evangelica. I giovani non possono essere tenuti lontani da questa verità! Capace, questa, di liberarli dai fardelli di un materialismo dirompente, dal volto sempre più accattivante e in grado di salvaguardarli da un modello di vita che giustifica tutto; che “assolve” per poi incitare allo stesso errore; che indica la salvezza comunque; che ha fatto perdere la saggezza del sapere aspettare. Rimanere in attesa non per fermarsi, ma per godere il presente nella sua totalità e perché in esso maturi il seme di un futuro migliore, quale frutto di un cammino aperto ai grandi valori dell’umanesimo cristiano. Credenti per rivoluzionare il mondo e difendere la libertà degli uomini, così come le loro scoperte e le loro conquiste in ogni campo.
Il catechismo cattolico afferma che ”L’atto del credere […] non è contrario né alla libertà, né all’intelligenza dell’uomo”. Benedetto XVI nell’udienza generale del 24 ottobre 2012 ha affermato che ” […] anzi le implica e le esalta, in una scommessa di vita che è come un esodo: un uscire da se stessi, dalle proprie sicurezze, dai propri schemi mentali, per affidarsi all’azione di Dio che ci indica la sua strada per conseguire la vera libertà, la nostra identità umana, la gioia vera del cuore, la pace con tutti”.
Il lievito e il granello di senape sono i simboli per il cristiano, che ha deciso di consegnare la sua vita nelle mani di Cristo. Una scelta chiara non certo per allestire una tenda sicura e vivere lontano dal mondo e dai suoi affanni. Non può essere intesa così! Piuttosto, donarsi a Cristo significa saper discernere la qualità della vita, per poterla affrontare, a viso aperto, in tutte le sue manifestazioni e nelle forme più diverse possibili. Senza una fede robusta nella Parola di Gesù, si rischia oggi la depressione, proprio a motivo dei frutti che non nascono all’istante. Al contrario con una fede forte si ha anche la pazienza di attendere la maturazione dei frutti, finanche in un tempo lontano.
Un solo vero credente in Gesù ha tanta potenza di Spirito Santo nel suo cuore, da fermentare di verità evangelica il mondo intero. Uno solo, non due, non tre, non mille persone. Uno solo può essere luce per tutta l’umanità. Deve però comprendere che la trasformazione o la crescita non si compie in un attimo. Occorrono giorni, mesi, anni, prima che l’albero diventi maestoso, prima che il mondo si illumini di una luce nuova. Senza una fede forte in questa verità, ci si stanca, si abbandona, ci si vede perduti, si considera vano il proprio lavoro missionario e di apostolato.
Il granello di senapa è infatti piccolissimo. Eppure con il tempo diverrà un grande arbusto. Anche il lievito è ben poca cosa, se paragonato alla grande massa di farina da fermentare. Eppure ha tanta potenza in sé da lievitarne, con una piccola porzione, ben oltre tre misure. Se non crediamo in questa verità, rendiamo vana tutta la nostra opera. Le nuove generazioni devono essere guidate verso questo modo di intendere la realtà. La saggezza di sapere aspettare, per rilanciare e vincere nel bene, per sé e per gli altri, ma anche, come “grida” al mondo Papa Francesco, per non farsi rubare la speranza ed avere la forza di affrontare e vincere le sfide quotidiane della propria vita.
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