I viaggi dei Pontefici, nell’età moderna, prima che Napoleone arrestasse e deportasse prima Pio VI e poi Pio VII, furono inaugurati proprio da Papa Braschi, recatosi a Vienna nel 1782 dopo che l’anno prima Giuseppe II aveva parificato nei diritti personali e civili tutti i suoi sudditi, prescindere dalla loro religione: prima ancora che scoppiasse le Rivoluzione Francese, si affermava in Europa, per la prima volta dopo l’Editto di Nantes emanato da Enrico IV del 1598, il principio di eguaglianza.
Il Papa decise dunque di rendere visita al Sovrano Austriaco, che all’epoca era ancora il Sacro Romano Imperatore, per tentare di dissuaderlo da un passo che significava la fine del principio stabilito nel 1648 con il Trattato di Vestfalia: “Cuius regio, ejus religio”.
La missione fallì, perché l’Imperatore si dimostrò irremovibile, forte del sostegno dei suoi sudditi, anche quelli di religione cattolica.
Questa scelta garantì la sopravvivenza dell’Austria quale comunità di popoli fino alla prima guerra mondiale, quando l’ideale nazionale, espresso dal Romanticismo e maturato nel corso di tutto il secolo precedente, avrebbe finito per travolgere la Duplice Monarchia.
Josef Roth, il grande cantore postumo dell’Impero Asburgico, si compiaceva di ricordare come Francesco Giuseppe, quando seguiva sulla sua carrozza la processione del Corpus Domini a Vienna, fosse scortato dalla Guardia Bosniaca, composta da musulmani.
Magra consolazione per Pio VI fu la composizione, da parte di Vincenzo Monti, poeta della corte pontificia, dell’opera in versi intitolata “Il Pellegrino Apostolico”, oggi ricordato soltanto nelle ricerche erudite, dedicato ad immortalare la fatica di viaggiatore sobbarcata dal Pontefice.
Per vedere riprendere le missioni all’estero del Papa fu necessario attendere il viaggio di Paolo VI in Terrasanta, rivelatosi inutile ai fini della pece tra Arabi ed Ebrei (di lì a poco sarebbe scoppiata la guerra del 1967) ma propizio per i rapporti con gli Ortodossi: venne infatti decisa nell’occasione la revoca delle reciproche scomuniche, comminate nel 1054.
Ora Papa Francesco riprende le missioni nel mondo iniziate da Giovanni Paolo II e continuate da Benedetto XVI. La differenza tra ciò che accade oggi e quanto venne intrapreso a suo tempo da Pio VI consiste nel fatto che gli ultimi Papi, pur rendendo omaggio alle Autorità dei diversi Stati, hanno sempre viaggiato per incontrare la gente.
Questa scelta si è rivelata felice, perché i popoli sono stati incoraggiati a camminare sulla strada della libertà e dell’indipendenza, la cui causa trova nella spiritualità e nella fede le proprie radici più autentiche. Pensiamo all’Europa Orientale, ma anche all’America Latina, che proprio sotto il pontificato di Giovanni Paolo II ha superato la lunga e dolorosa stagione delle dittature militari.
Ora anche Papa Francesco prende il bastone del pellegrino, ed inizia le sue missioni proprio visitando la terra da cui proviene. Il Papa ci ha chiesto di accompagnarlo con le preghiere, che certamente eleviamo a Dio per il buon esito del suo viaggio. Dalla giustizia tra i popoli, da un rapporto solidale basato sulla equa ripartizione delle risorse dipende la pace nel mondo.
Il 2013 di Papa Francesco rovescia la prospettiva del 1782 di Pio VI: la Chiesa non difende più i propri privilegi, e si schiera con i popoli che combattono per affermare i propri diritti. La missione di Papa Francesco si colloca dunque nello spirito apostolico di San Pietro, di San Paolo e di tutti gli Apostoli, che andarono per il mondo ad annunziare il Vangelo: anche essi viaggiarono per ispirare i popoli nella rivendicazione della loro dignità.
Papa Bergoglio ci da un nuovo segno di come la Chiesa ritorni allo spirito profetico delle sue origini: le genti dell’America Latina attendono la sua parola come viatico nel proprio cammino di liberazione.