“Si può essere felici in tempo di crisi?”. A questa domanda risponde Don Piero Sapienza, parroco in una parrocchia di periferia di Catania, responsabile dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale, con il volume: “Il cammello e la cruna dell’ago” edito dalla Libreria Editrice Vaticana.
Il paradosso evangelico del cammello che non può passare dalla cruna di un ago, che accompagna la metafora del giovane ricco che rifiutò l’invito a seguire Gesù, perché era molto ricco, risponde alla domanda esistenziale di tanti giovani istruiti, tecnologici, ma profondamente “infelici” e parecchi a causa della mancanza di lavoro.
“I ragazzi di oggi hanno tutto e non sono contenti” per loro la fonte della gioia non sta nell’essere, bensì nell’avere, e difficilmente si distaccano dalla materialità dei beni economici. Nel contesto euratlantico i nostri giovani sono i più poveri tra i poveri, perché privi di speranza. Chi educa i giovani ha un dovere speciale che è appunto quello di educare alla speranza! Non a quella vana attesa del posto di lavoro o della raccomandazione, che risente del buonismo sterile, ma educare a quella speranza che si traduce nella certezza che solo la vita donata per gli altri conduce alla felicità autentica.
La domanda di felicità nella maggior parte dei casi è connessa allo stipendio e al guadagno, così da favorire una vita agiata che si pensa “felice”; ed ecco il prezioso contributo di Don Piero Sapienza, il quale saggiamente indica il senso di marcia che consente di guardare l’attuale crisi sociale non con sgomento, ma come “opportunità” per la ricerca della vera felicità, che non può essere circoscritta né al piacere dei sensi, né al possesso del potere e quindi all’apparente benessere sociale, né alla sola realizzazione personale e professionale.
Negli otto capitoli l’Autore analizza la crisi economica contemporanea e fa riferimento anche alla ricerca della felicità nell’antichità classica, spesso connessa con la ricerca della virtù e del vero bene, si sofferma con puntuale attenzione e competenza sul pensiero forte di Rosmini, suo autore preferito e oggetto di numerosi studi e ricerche, e in questo volume indirizza una specifica analisi alla crisi del consumismo Dedica, quindi, l’attenzione all’homo oeconomicus che ricerca la felicità in tempo di crisi che oltre a quella economica, caratterizzata dal consumismo, investe quella relazionale e sociale.
Il testo termina con una diligente ricerca del tema del lavoro alla luce del Magistero sociale della Chiesa, che coinvolge anche la questione ambientale, la crescita demografica, e lo stile di vita dell’uomo d’oggi.
Le risposte che il consumismo dà alla ricerca della felicità, sono risultate false e deludenti, mentre la saggezza dei filosofi e dei pensatori della classicità ritrovava nei valori etici la dimensione della vera felicità che consiste nel “vivere secondo virtù”.
Non si può essere felici senza essere giusti e onesti, come affermava A. Genovesi, sostenendo che “ la nostra felicità deriva dall’equilibrio tra il rispetto dei diritti di Dio, quelli nostri e quelli degli altri”.La temperanza, la moderazione e il senso di equilibrio nel non provocare sprechi ed esagerazioni, portano a disegnare i contorni di un nuovo stile di vita che apporta notevoli benefici all’intera comunità umana. “Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia provoca notevoli danni, così come il degrado ambientale provoca insoddisfazione nelle relazioni sociali”.
Questa riflessione dovrebbe consentire di evitare gli sprechi, e “conservare il mondo alle generazioni future”. Essere “custodi del creato”, secondo il messaggio di San Francesco, e della Fondazione “Sorella Natura”, ripreso da Papa Francesco in diversi interventi, implica delle reali responsabilità che trovano i presupposti essenziali nel prendersi cura di se stessi, vigilare sui propri sentimenti, produrre buoni frutti e costruire segni di sviluppo e di crescita.
Il volume interpella il lettore e la comunità civile ed ecclesiale circa l’impegno di “una grande opera educativa e culturale” per operare un “corretto discernimento” in merito al soddisfacimento dei bisogni veri e indotti, tipici dell’economia consumistica e tendere ad un reale e produttivo “star bene” con se stessi, con gli altri, nella società, nella scuola, nel gruppo, nella Chiesa. Questo messaggio educativo, slogan e leit-motiv del “Progetto Giovani” e del “Progetto Ragazzi 2000”, che ha caratterizzato per diversi anni la scuola italiana negli anni Novanta, ritorna oggi , sotto altre espressioni che auspicano: serenità, benessere, pace, gioia, ed il desiderio di “essere felici”, come si legge nell’interrogativo posto a sottotitolo del volume.
L’attuale crisi apre nuovi orizzonti di nuova progettualità e di sviluppo, capace di offrire all’uomo contemporaneo, definito “post-moderno”, un orizzonte di maggior respiro proteso al trascendente e consapevole che “non si può essere felici da soli”, come affermava Raoul Follereau.
In un recente incontro con gli educatori Mons. Enrico dal Covolo, rettore dell’Università Lateranense, ha raccontato la favola dell’uomo che avendo chiesto a Dio, il dono di un fiore ed una farfalla e, invece, ricevette un cactus e una larva. Dopo la prima delusione e, passato un po’ di tempo, un bel mattino si accorse con gran sorpresa che dal brutto e spinoso cactus era nato il fiore più bello e quell’orribile larva si era trasformata in una splendida farfalla. Allora capì, ed esclamò felice: “Dio agisce sempre bene!”.
Dal cactus spinoso della crisi d’oggi sboccerà presto un bel fiore, se si riesce a leggere il progetto di Dio e si seguono le sue indicazioni per un percorso agevole e veloce verso il bene.
La citazione finale di Benedetto XVI, che chiude il volume, risposta alla domanda sul vero bene, sullo sviluppo solidale, sul senso della vera felicità, indirizzati all’Amore e alla Verità, traccia una linea bianca nel sentiero contorto e caotico della crisi d’oggi e orienta verso nuovi traguardi di sviluppo umano e solidale.
Alla domanda iniziale si potrà dare una risposta affermativa se si riesce a mettere ordine alle cose, ponendole nella corretta sequenza di priorità e se, come raccomanda Papa Francesco “non ci si fa rubare la speranza”.