Non si sa cosa succederà in Egitto, ma una cosa è sicura: siamo a un bivio cruciale. È come se stessimo all’inizio del secondo atto della cosiddetta «primavera araba», la rivoluzione delle libertà e del rifiuto delle dittature. Siamo stati colpiti dalle immagini che hanno fatto il giro del web del popolo egiziano sceso in piazza con numeri che rasentano l’apocalittico chiedendo le dimissioni di Mohamed Morsi. Alcune fonti autorevoli dell’esercito egiziano hanno definito l’evento «la più grande manifestazione della storia d’Egitto».
Per gettare qualche solco di luce sulla situazione così ingarbugliata e per guardarla dal di dentro, ZENIT ha intervistato Padre Rafic Greiche, Direttore dell’Ufficio Stampa della Chiesa Cattolica in Egitto.
Padre Greiche è anche parroco della chiesa di San Cirillo per i melkiti in Misr Al-Jadida e direttore editoriale della rivista cristiana Hamel Al-Risala, (Il messaggero).
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I pareri sugli avvenimenti delle ultime due settimane sono molteplici e non di rado diametralmente contrastanti. Da uomo di chiesa e da cittadino egiziano, come legge l’attuale scenario che trascina il suo paese?
P. Rafic Greiche:Devo darle ragione. I pareri sono veramente tanti e contrastanti. Ciò che è accaduto in Egitto non è un colpo di stato militare contro il presidente, perché il colpo di stato militare avviene quando alcuni membri dell’esercito prendono iniziativa e si impossessano del potere, acquisendo successivamente il favore popolare. Un fenomeno di questo genere è avvenuto in Egitto il 23 luglio 1952, quando il Movimento degli Officiali Liberi ha fatto un colpo di stato, spodestando il re Farouq e ha avuto il sostegno popolare dando luogo alla cosiddetta rivoluzione del 1952.
Ciò che è avvenuto il 30 giugno 2013 è una rivoluzione popolare massiccia che ha pervaso tutte le regioni egiziane. Trentatre milioni di egiziani di tutte le religioni e le estrazioni, uomini, donne, bambini ed anziani, tutti sono scesi in strada per esprimere la loro rabbia e il loro dissenso contro il governo dei Fratelli Musulmani che ha privato la nazione in un anno di tante risorse e ha impoverito vari settori incluso quello del turismo.
Un mandato che ha indebolito le infrastrutture e ha infiammato i dissidi e le rivalità interreligiose. Il popolo si è trovato con un presidente che fomentava il fuoco della guerra civile e che ha messo in libertà vari terroristi e ha permesso l’ingresso di altri nel paese.
Durante quest’anno di presidenza sono stati uccisi tanti uomini dell’esercito e della polizia. Sono avvenute varie esplosioni nelle riserve petrolifere. È precipitata la sicurezza civile. La sterlina egiziana ha raggiunto i suoi livelli storici più bassi. Ed è subentrata una preoccupante tensione nelle relazioni con vari paesi arabi, occidentali e africani.
Di fronte a un tale risveglio popolare, l’esercito ha dovuto rispondere all’appello della gente per proteggere la nazione. E così l’esercito, la polizia e il popolo sono diventate una mano unica e una realtà unita.
Quali sono state le difficoltà maggiori che i cristiani hanno patito sotto la presidenza di Morsi?
P. Rafic Greiche:I cristiani egiziano assieme ai loro connazionali musulmani moderati hanno patito sotto questo governo dittatoriale. Il livello di povertà e di disoccupazione è salito vertiginosamente. L’ex presidente ha ricevuto varie volte i capi cristiani prendendo anche foto ricordo con loro, ma niente è cambiato sul terreno della realtà, soprattutto per quanto riguarda i diritti civili e le leggi riguardanti i luoghi di culto. Anzi, abbiamo visto un aggravarsi delle discriminazioni, dell’emarginazione e un favoreggiamento delle tensioni interreligiose che ha avuto come triste conseguenza varie chiese incendiate e saccheggiate; tante famiglie cristiane sono state costrette ad abbandonare le loro case e le loro proprietà e un numero preoccupante di ragazze cristiane sono state rapite e costrette ad abbandonare la religione cristiana. Tutto questo è stato coronato con l’attacco degli uomini dei Fratelli Musulmani contro i Sceicchi di Al-Azhar e contro la Cattedrale di san Marco in Abbasiyya.
Ci sono state delle restrizioni che hanno colpito i cattolici in modo particolare?
P. Rafic Greiche:I cattolici sono stati colpiti nell’ambito in cui sono più efficienti ed attivi, ovvero la scuola. I programmi sono stati cambiati ed islamizzati con forza. I Fratelli Musulmani sono diventati una parte dei programmi.
Un altro colpo duro è stato subito dalla Caritas e dalle associazioni caritative e di sviluppo. I loro fondi e gli aiuti che ricevevano dall’estero sono stati congelati dal governo. Stiamo parlando di somme ingenti che in passato venivano divulgate ai poveri senza distinzione di religione o appartenenza. Inoltre, varie religiose cattoliche sono state aggredite da quei fondamentalisti.
Quali sono i vostri timori per la fase imminente?
P. Rafic Greiche:La nostra paura è che il paese scivoli in un circolo vizioso di lotte intestine causate dalla corrente religiosa fondamentalista causando una situazione di instabilità per il popolo egiziano in genere e per i cristiani in particolare.
Ma i cristiani devono difendere i loro diritti come cittadini di pari diritti e doveri. Devono inoltre contribuire alla ricostruzione della nazione. Siamo tutti pieni di fiducia e di speranza che ritorni la calma e tutti possano vivere in libertà e dignità senza discriminazione tra cristiano e musulmano, uomo e donna, o tra classi sociali.
Alcune fazioni che sostengono Morsi manifestano chiedendo il suo ritorno. C’è da aspettarsi una frizione popolare che può degenerare in una guerra civile?
P. Rafic Greiche:È giusto. Ci sono correnti islamiche, specialmente i Fratelli Musulmani e le falange a loro appartenenti che minacciano la pace pubblica e la serenità della società. L’abbiamo visto, ad esempio, il 5 luglio in varie regioni come Al-Gharbiya, Al-Daqhalia, Al-Sharqiya, Al-Manufiya. Ma sono una minoranza. L’85 % del popolo è con l’esercito e assieme alla polizia sono pronti a spegnere gli incendi di dissidio.
Sentiamo parlare molto, forse troppo di «primavera araba», ma anche e giustamente di «autunno arabo». Cosa manca affinché il tempo primaverile diventi più stabile?
P. Rafic Greiche:Alla primavera araba manca la vera libertà del cittadino affinché possa essere pienamente capace di esprimere le sue opinioni, le sue idee, la sua appartenenza religiosa e politica. Le manca la vera democrazia che non emargina nessuna per la sua religione, razza o sesso. Le manca la fiducia in sé, il lavoro assiduo e la programmazione dello sviluppo per permettere un vero risorgimento e un futuro sostenibile per i paesi arabi, specialmente per i poveri. Noi siamo aperti all’Islam politico se si incammina sulle vie della democrazia e della civiltà senza l’utilizzo di sistemi violenti a vari livelli: linguistico, fisico e morale.
Quali sono i suoi auspici per la prossima stagione presidenziale?
P. Rafic Greiche:Spero che i cristiani non si chiudano impauriti dentro le loro chiese e che si inseriscano sempre di più nel lavoro sociale e politico e si aprano a tutti come lievito e partecipino nelle elezioni e si esprimano in libertà.
Spero anche che le Chiese giungano a unità maggiore e che il dialogo ecumenico prosegua anche dopo questo periodo affinché il dialogo non sia occasionato soltanto dalla crisi ma che diventi uno stile abituale e permanente dei cristiani.