Non essendo stata firmata da Benedetto XVI non può essere considerata il completamento di una ‘trilogia ratzingeriana’, tuttavia l’enciclica Lumen Fidei rappresenta il terzo e ultimo tassello di una vera e propria trilogia sulle virtù teologali, ovvero i fondamenti del Catechismo e della nostra Chiesa.
Lo ha detto stamattina, monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, conversando con i giornalisti a margine della conferenza stampa di presentazione della prima enciclica di papa Francesco.
Rispondendo ad una domanda sul n°34 della Lumen Fidei – che afferma che “il credente non è arrogante” e che “la verità lo fa umile” – monsignor Fisichella ha spiegato che questo assunto ha le sue radici nella Prima Lettera di San Pietro che raccomanda ai cristiani di “dare ragione della fede e della speranza” che è in loro, “con dolcezza, con rispetto e con retta coscienza” (1Pt 3,15).
Con un linguaggio più moderno ed accessibile, papa Francesco riafferma quindi l’insegnamento del suo più antico Predecessore e ricorda che “chi ha fede non si irrigidisce nella sua sicurezza di fede”.
L’arroganza si manifesta in un credente qualora questi voglia “estremizzare la verità”, ovvero pretendere di leggere tutta la realtà, servendosi soltanto di “un frammento di verità”: in tal modo “si diventa non solo arroganti ma anche fondamentalisti”, ha osservato Fisichella.
A sostegno di tale passaggio della prima enciclica bergogliana, il presule ha ricordato che il beato Giovanni Paolo II aveva scritto che “la verità non può offendere nessuno” (cfr. Fides et ratio).
Con riferimento alla continuità o meno con il precedente pontificato, Fisichella ha affermato che effettivamente la Lumen fidei mostra “temi cari non solo a Benedetto XVI ma a tutta la teologia” e che, quindi, “è facile trovare questa dimensione nell’enciclica”.
Tuttavia, papa Francesco “ha voluto dare la sua impronta al testo”, manifestando così “la capacità di essere concreti” e mostrando che “la fede non è soltanto una problematica ma anche una risposta positiva che viene data ai problemi dell’uomo contemporaneo”.
ZENIT ha domandato a monsignor Fisichella come vada inquadrata la nuova enciclica nell’ottica dell’Anno della Fede. “Lo scopo dell’enciclica era proprio quello di dare all’Anno della Fede un suo percorso ed aiutare i cristiani, terminato l’Anno della Fede, a riflettere su un aspetto così importante come quello della fede”, ha risposto il vescovo.
Quando nel 2010 a papa Benedetto XVI fu proposto di indire un Anno della Fede, per l’occasione accettò anche di scrivere un’enciclica che, di fatto, sarebbe diventata il completamento della trilogia iniziata con Deus Caritas Est e proseguito con Spes Salvi.
“Questo pensiero – ha spiegato Fisichella – lo ha accolto con forte convincimento anche papa Francesco: nel mezzo dell’Anno della Fede, il Santo Padre dà alla Chiesa e a tutti i cristiani un motivo in più per riflettere sull’esperienza che si è fatta quest’anno”.
La fede cristiana non è puramente ascetica ma ben ancorata alla realtà dell’uomo ed aiuta a comprenderla: questa verità è ribadita con forza nella Lumen fidei e, come fa notare monsignor Fisichella, anche tale concetto trova fondamento nelle Scritture.
San Giacomo, infatti, afferma: “Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Gc 2,18).
“Il Papa lo afferma nell’ultimo capitolo: la fede è anche responsabilità nella costruzione di una città che diventa affidabile; chi crede non si allontana dai problemi del mondo, chi crede vive intensamente i problemi del mondo e ne è immerso ma vive con quella compagnia della fede che lo aiuta a dare una risposta ai problemi che ci sono”, ha proseguito il responsabile del Dicastero della Nuova Evangelizzazione.
I problemi del mondo, ha aggiunto, non sono solo di carattere “economico o finanziario”: la vera crisi di questi decenni è “antropologica” ed è l’uomo ad essere in crisi. “Un’enciclica sulla fede aiuta dunque a dare una risposta positiva a un uomo spesso disorientato e senza speranza”, ha quindi concluso Fisichella.