La fede, il dono più prezioso che ci è dato e che la prima enciclica di Papa Francesco Lumen fidei ci aiuta a riconsiderare riscoprendola e approfondendola nella sua verità e bellezza. Una enciclica a quattro mani, come lo stesso Papa Francesco afferma nella introduzione: «Egli (Benedetto XVI) aveva già quasi completato una prima stesura di Lettera enciclica sulla fede. Gliene sono profondamente grato e, nella fraternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi» (7).
Così padre Domenico Paoletti, docente di Teologia fondamentale e Preside della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” commenta il documento del Pontefice pubblicato oggi. A caldo – afferma – quello che maggiormente risalta è la visione “olistica” della fede cristiana come verità della realtà, di tutta la realtà (personale, familiare, sociale, politica, economica, ambientale, storica, …). La fede che illumina, dice e dona senso al nascere, al vivere, all’amare, al soffrire e al morire. La fede viene presentata nei suoi nessi intrinseci e inscindibile con la verità, l’amore e la gioia.
“Molto profondo e ricco di fecondità – prosegue – ho trovato il secondo capitolo dove l’Enciclica mostra il legame stretto tra fede e verità: «La fede, senza verità, non salva, non rende sicuri i nostri passi. Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità, qualcosa che ci accontenta solo nella misura in cui vogliamo illuderci. Oppure si riduce a un bel sentimento, che consola e riscalda, ma resta soggetto al mutarsi del nostro animo, alla variabilità dei tempi, incapace di sorreggere un cammino costante nella vita» (24). In questo capitolo si può cogliere in estrema sintesi che la fede cristiana è in verità amore”.
Una fede che, nascendo dall’ascolto umile, si fa dialogo rispettoso con ogni persona e con ogni religione, nella consapevolezza dell’ “inquietum cor nostrum …” di Agostino.Per il nostro impegno in Facoltà, asserisce il Preside, “ho trovato una conferma e un forte incoraggiamento a proseguire nella ricerca del “fare teologia insieme”. La teologia, come fides quaerens intellectum, ha Dio come «Soggetto che si fa conoscere e si manifesta nel rapporto da persona a persona»(36). La teologia, condividendo la forma ecclesiale della fede, non può non farsi insieme, in comunità”.
Un’altra suggestione da segnalare fra le tante, secondo padre Paoletti, è “la chiara ed argomentata affermazione che la fede è un bene per tutti, e pertanto la fede ha un impatto con la storia e con la città degli uomini”. “Proprio per la sua intrinseca connessione con l’amore, la fede si pone al servizio concreto dell’uomo, specie del più bisognoso”. «La luce della fede non ci fa dimenticare le sofferenze del mondo» (57). E Papa Francesco, conclude, qui richiama l’esperienza di Francesco di Assisi per il quale il lebbroso è stato ‘mediatore di luce’, riconoscendo il mistero presente nell’ultimo della ‘periferia’ della società”.