“Nome? Figlio di Dio. Stato civile? Libero!”. Se possiamo vantare questi segni particolari nella nostra “carta d’identità” di cristiani è tutto merito di Gesù Cristo che ci ha salvato. L’omelia di Papa Francesco nella Messa odierna a Santa Marta si distingue per l’originalità con cui trasmette il messaggio che, fondamentalmente, è lo stesso di ogni giorno: l’infinita misericordia di Dio.

Concelebrata con il cardinale indiano Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi, il Santo Padre ha incentrato la funzione sul Vangelo del giorno che racconta la miracolosa guarigione di un paralitico da parte di Gesù. In particolare, sono le iniziali parole di Cristo, secondo il Pontefice, la chiave di lettura dell’intero brano: “Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati”.

Un frase che infastidisce gli scribi che mormorano e lo accusano di bestemmia, “perché soltanto Dio può perdonare i peccati”. E forse, anche lo stesso paralitico – ha osservato il Papa – rimane un po’ “sconcertato” perché “desiderava guarire fisicamente”. Gesù infatti compie il miracolo e guarisce l’uomo anche nel corpo. Ma, in realtà - ha spiegato il Santo Padre - “le guarigioni, l’insegnamento, le parole forti contro l’ipocrisia, erano soltanto un segno di qualcosa di più che Gesù stava facendo”: il perdono dei peccati.

È questo il “miracolo più profondo”, ha affermato Papa Francesco, “questa riconciliazione è la ricreazione del mondo: questa è la missione più profonda di Gesù. La redenzione di tutti noi peccatori…”. Cristo questo miracolo non lo compie “con parole”, “con gesti” o “camminando sulla strada”, ha precisato Bergoglio, ma “lo fa con la sua carne!”. “È proprio Lui, Dio, che diventa uno di noi, uomo, per guarirci da dentro, a noi peccatori”; Egli ci libera dal peccato prendendo su di sé “tutto il peccato” ha detto.

Gesù – ha ribadito - “scende dalla gloria e si abbassa, fino alla morte, alla morte di Croce”. Ma è proprio questa “la sua gloria” e, al contempo, “la nostra salvezza”. “Questo è il miracolo più grande”, ha affermato il Pontefice, attraverso il quale Gesù “ci fa figli, con la libertà dei figli”.

In virtù di questo gesto di infinito amore divino “noi possiamo dire: Padre”, e possiamo dirlo“con un atteggiamento tanto buono e tanto bello, con libertà!”. “Noi, schiavi del peccato”, ha rimarcato il Papa, grazie a Gesù Cristo siamo “liberi”, siamo guariti “nel fondo della nostra esistenza”.

“Ci farà bene pensare a questo e pensare che è tanto bello essere figlio, è tanto bella questa libertà dei figli, perché il figlio è a casa e Gesù ci ha aperto le porte di casa… Noi adesso siamo a casa!” ha detto Bergoglio. Ciò chiarisce dunque le parole già citate del Vangelo di oggi: “Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati!”.  “Quella – ha spiegato Papa Francesco - è la radice del nostro coraggio. Sono libero, sono figlio… Mi ama il Padre e io amo il Padre!”.

La grazia da chiedere oggi è, quindi, di “capire bene questa opera” di Dio che “ha riconciliato con sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione” e anche la grazia “di portare avanti con forza, con la libertà dei figli, questa parola di riconciliazione”. “Noi siamo salvati in Gesù Cristo” ha concluso il Santo Padre, e “nessuno ci può rubare questa carta di identità. Mi chiamo così: figlio di Dio! Che bella carta di identità! Stato civile: libero!”.