Riportiamo di seguito il saluto del cardinale Péter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, alla XIV Assemblea della KEK, in corso a Budapest.
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Eminenza, Signor Metropolita Emmanuel,
Eminenze, Eccellenze,
Reverende signore, Reverendi signori,
Cari amici,
É con grande gioia che vi saluto come arcivescovo cattolico di questa città.Budapest èun luogo d’incontro,di convivenzaedi cooperazionecreativadi persone con diverso retroterra religioso e culturale.
Saluto tutti i partecipanti di questa importante assemblea generale anche a nome del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa. Sin dalla sua creazione, nel 1971, la nostra organizzazione (il CCEE) ha avuto rapporti ufficiali e molto fecondi con la KEK. Abbiamo compiuto molti passi tanto nel dialogo quanto nell’approfondimento dei rapporti anche delle tradizioni ecclesiali, teologiche e spirituali. Abbiamo organizzato insieme molti incontri.
Di questi,tuttavia,spiccanole treassemblee ecumeniche europee a Basilea(1989), Graz(1997)eSibiu(2007).Le nostre organizzazionihanno formatoinoltreuna Commissionecongiuntaa cui partecipano le due Presidenze.Questa Commissioneè diventata unelementofondamentale dellacooperazioneecumenicaeuropeanel corso degli anni.
Il CCEE guarda a questa assemblea generale di Budapest con particolare grande interesse, non per ultimo per la sua importanza strategica. Ci auguriamo vivamente che le nostre organizzazioni possano continuare a costruire rapporti amichevoli e ufficiali in futuro. Sappiamo tutti che non sono le strutture da sole, ma le persone e le comunità vive che possono testimoniare in modo efficace la presenza di Gesù nel nostro mondo. Ma sappiamo anche che organismi che sono veramente al servizio del Vangelo, rappresentano un grande aiuto per il lavoro comune di tutti quelli che, seguendo la chiara volontà del Signore, cercano la piena e visibile unità della Chiesa. L’unità di quella Chiesa che dopo il Concilio Vaticano II “è segno e strumento dell’unità del genero umano” (cfr. LG 1).
In Ungheria come in tanti altri paesi dell’Europa centro-orientale la dittatura degli ultimi decenni ha cercato, tra le altre cose, d’impedire la trasmissione della fede. Anche per questo la gente ha sentito il desiderio di libertà e ha conosciuto la necessità di libertà.Abbiamo ritenutoimportante chela vita della societàsi fondanon solosu unastrettaideologiascritta,maanchesu tutta la Verità. A questa pienezza di verità e realtà però appartengono anchei valorisoprannaturali.
Nel frattempo il mondo attorno a noi è cambiato. La secolarizzazione della vita quotidiana oggi può rendere particolarmente difficile il cammino verso Dio. Ogni tanto ci sembra che le grandi promesse sulla verità e la libertà sono quasi irrealizzabili. Si ha l’impressione che le aspettative poste nel tempo della caduta del sistema comunista non erano realistiche. Cristo però è in noi e tra di noi. In questo modo la speranza cristiana non ci delude mai. Cristo vive nella sua Chiesa, nella comunità dei cristiani. Anche oggi Lui è sorgente di speranza per tutta l’Europa. Il Papa Giovanni Paolo II, dieci anni fa, ha dato un solenne incoraggiamento nella sua esortazione apostolica a termine del secondo Sinodo per l’Europa: è tempo che ora l’Europa decida nuovamente del suo futuro nell’incontro con la Persona e il messaggio di Gesù Cristo (cfr. Ecclesia in Europa, 2).
Questo pensiero papale concorda con la grande visione di Vladimir Soloviev. Quando il Papa Pietro, lo starets Giovanni ed il professore Paulo si uniscono per riaffermare la fede, l’imperatore gli chiede: “«che cosa avete di più caro nel cristianesimo?». Lo starets Giovanni risponde anche a nome degli altri: «Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso».”
Con questo pensiero vi auguro delle giornate di lavoro e di preghiera piene di successo. La nostra comunità cattolica accompagna il vostro lavoro con preghiera e amore cristiano.
Grazie per la vostra attenzione.