Nelle giornate dall’1 al 22 Giugno presso l’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (INMP) si è svolto un corso di formazione di 4 incontri dal titolo Diritti giurisprudenza e casi pratici in materia di immigrazione promosso dall’Associazione nazionale Avvocato di strada, una ONLUS il cui Presidente è l’avvocato Antonio Mumolo.
L’associazione di volontariato si occupa di tutelare i diritti delle persone senza fissa dimora e le vittime della tratta, sedi e sportelli sono presenti nell’intero territorio nazionale, precisamente nelle città di Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Ferrara, Foggia, Jesi, Macerata, Milano, Modena, Napoli, Padova, Pescara, Piacenza, Reggio Emilia, Roma, Rovigo, Salerno, Taranto, Trieste e Vicenza.
Il secondo incontro, dal titolo Immigrazione e diritto al lavoro, moderato dall’avvocato Teresa Santulli, coordinatrice dello Sportello avvocato di strada di Roma, ha introdotto le problematiche connesse al riconoscimento giudiziale dei diritti dei lavoratori stranieri che non godono di una contrattazione regolare nel rapporto di lavoro.
Molto spesso, nella realtà della vita quotidiana, gli avvocati dell’associazione si trovano a dover affrontare situazioni gravose dal punto di vista giudiziario e sociale: la legge viene disattesa e le problematiche legali si intrecciano con aspetti sociali e culturali che esigono un’attenta e delicata lettura, per poter venire incontro a situazioni in cui la richiesta di aiuto non sempre è facilmente decodificabile per gli operatori degli sportelli legali.
Alcuni casi pratici in materia di diritti e immigrazione sono quelli raccontati dall’avvocato Alessandro Lodato, che nel suo intervento, si è occupato dell’iniquità di trattamento dei cittadini extracomunitari in materia di invalidità civile e indennità di accompagnamento.
In breve per ottenere trattamenti economici in Italia, che sono erogati dall’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) gli stranieri extracomunitari fino al 2008 dovevano essere titolari di una carta di soggiorno sostituita in seguito dal permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Coloro ai quali era stata accertata l’invalidità civile e il diritto all’indennità di accompagnamento, hanno difficoltà ad accedere ai trattamenti economici poiché l’INPS afferma che i diritti soggettivi in materia di servizi sociali e dunque l’assegno sociale vengono concessi agli stranieri titolari di carta di soggiorno e alle condizioni previste dalla legislazione stessa, compresa la titolarità di un reddito.
Secondo l’avvocato, varie volte si è pronunciata la Corte Costituzionale a partire dal 2008, affermando che la norma su cui si basa l’INPS è illegittima nel momento in cui esclude l’indennità di accompagnamento per gli extracomunitari, poiché sprovvisti di carta di soggiorno CE e dei requisiti di reddito, sempre tenendo conto del principio di ragionevolezza che deve orientare il legislatore.
La Corte afferma che è discriminatoria la pretesa legislativa che impone allo straniero un requisito che non è previsto per i cittadini italiani, tenendo in considerazione l’universalità del diritto alla salute e intendendo per tale anche i diritti ai rimedi possibili: non si possono negare i diritti fondamentali della persona.
Gli stranieri titolari di carta di soggiorno o permesso di soggiorno sono equiparabili ai cittadini italiani nella fruizione delle provvidenze e delle prestazioni di assistenza sociale già dal 1998.
Nonostante ciò l’INPS continua a chiedere il permesso di soggiorno CE per le prestazioni in materia d’invalidità civile agli stranieri extracomunitari.
La casistica in giurisprudenza è molto ampia: Il Tribunale ordinario di Perugia ha rifiutato la domanda del l’indennità di frequenza ad uno straniero extracomunitario per il figlio minore (istituita con legge 289/1990), volta ad assicurare la cura la riabilitazione e l’istruzione per i minori invalidi civili come recitano gli articoli della costituzione 30,31,34,38 sulla Tutela dell’Infanzia.
La domanda è stata respinta poiché il Tribunale ritiene sia indispensabile per essere titolari di tale diritto il requisito del soggiorno in Italia da almeno 5 anni, al di là di del semplice possesso della carta di lungo soggiorno CE e dei requisiti di reddito.
Nella Capitale si presenta un altro scenario: il Tribunale di Roma nel 2010 riconosce l’indennità di accompagnamento e la pensione d’invalidità a moglie e figli di un cittadino extracomunitario soggiornante nel territorio italiano dal 1990; la Curia riconosce la prestazione per l’invalidità a partire dal mese successivo alla domanda di diritto alla prestazione, avvenuta prima della concessione della carta di soggiorno.
Dunque la burocrazia e la discrezionalità di interpretazioni dei vari Tribunali in materia di diritti e invalidità civile, a volte possono rivelarsi un ostacolo per i cittadini stranieri che versano in situazioni di infermità, fermo restando che questa grave situazione di salute debba essere reale e accertata dagli organi competenti.