Il cardinale arcivescovo emerito di Siviglia, Carlos Amigo Vallejo, OFM, è stato a Roma la scorsa settimana per la presentazione di tre libri su papa Francesco: Solo l’amore ci può salvare, Non lasciatevi rubare la speranza e Vi chiedo di pregare per me, editi dalla Libreria Editrice Vaticana.
Al termine della presentazione, ZENIT ha colto l’occasione per rivolgere alcune domande al porporato spagnolo su papa Francesco, sul suo linguaggio e sul perché attrae così tanta gente.
Come fa questo Papa ad attrarre tanto la gente, in particolare i popoli latini?
Cardinale Amigo: Abbiamo un papa latinoamericano e, tanto i latini, quanto i latino-americani, abbiamo bisogno del sentimento. Abbiamo bisogno della mente, dell’intelletto e della ragione, tuttavia la nostra cultura è anche piena di sentimento. Pertanto papa Francesco è fedele a se stesso, parla con un linguaggio semplice, proprio della gente dei quartieri di Buenos Aires o della gente che si può incontrare in qualsiasi angolo del mondo. Parla dei consigli che gli dava sua nonna e riferisce i detti del suo paese e la gente ora comprende molto bene tutto ciò.
Avrete tutti notato che si esprime in modo molto semplice ma esprime idee di una grande profondità, in quanto il Papa sa di essere un maestro della fede. Ad esempio, quando parla del perdono, parla con parole tenere, parla di misericordia e dell’amore di Gesù Cristo, ma anche della responsabilità di essere fedeli a ciò che abbiamo promesso con il battesimo.
È noto che papa Francesco vuole una riforma della Curia, ma pare che le sue parole già stanno cambiando molte cose.
Cardinale Amigo: Io credo che, più che una riforma, si tratti di un rinnovamento: più che fare cose nuove, rinnovamento significa abbandonare tutto quell’“ossido” che può aver permesso il peccato o la negligenza delle persone. Non si tratta di fare cose nuove ma, piuttosto, di essere autenticamente fedeli all’essenza del fedele cristiano. Invece il rinnovamento ci aiuterà a purificarci un po’, perché sul nostro volto risplenda il volto di Gesù Cristo: questo è essere cristiani.
Quella del Santo Padre è una semplicità molto evangelica, non trova?
Cardinale Amigo: È una semplicità dei gesti e delle parole. Ma è anche una semplicità del mistero. Mistero inteso non come qualcosa di occulto o di arcano, una specie di muro che sta nella sua testa, ma del mistero inteso come una cosa grande, ammirevole, sublime, piena di luce, e il Papa ci sta introducendo a questo mistero, ci sta ponendo nel cuore di Dio.
C’è molta gente che si sta avvicinando o riavvicinando alla Chiesa: ciò avviene solo grazie al linguaggio del Papa?
Cardinale Amigo: C’è anche la sacramentalità dei gesti. Si può pensare che l’acqua benedetta sia solo un po’ d’acqua che uno si pone sulle dita. Invece questo ti avvicina, ti converte il cuore. Ti introducono in uno spazio nuovo e i gesti sono i gesti. Uno non si ferma ai gesti ma si converte nel cuore. Vedendo ciò che fa il Papa, uno sente che la sua coscienza è richiamata, che deve cambiare, ci dice dov’è il cammino, dov’è la verità.
Anche un cardinale prova questo?
Cardinale Amigo: Beh, mi dispiace dirlo – e mi dispiace molto – ma quando alle presentazioni di questi libri, vengono lette alcune pagine di papa Francesco, uno dovrebbe leggerle in ginocchio, e, in più di un’occasione, non dico che mi sono venute le lacrime agli occhi, ma piangere dentro… questo sì, molte volte mi è capitato di piangere nel profondo del cuore, leggendo cose così ammirevoli, specialmente le omelie di Santa Marta. A volte ci preoccupiamo che la Chiesa faccia tante opere di carità e la gente a volte non si rende conto di quello. Al Papa non interessa tanto questo, quanto la fedeltà al Vangelo.