Vari fatti recenti hanno ampiamente confermato la preoccupazione riguardo le minacce ai cristiani in Nord Africa e in Medio Oriente, in seguito ai cambi di regime in quelle regioni.
“Chi salverà la mia amata Siria?”: è l’appassionato appello del vescovo gesuita Antoine Audo, presidente della Caritas siriana, pubblicato lo scorso 21 giugno sul blog della Caritas. Il presule ha lamentato la situazione di persistente violenza, la crisi economica e l’instabilità.
Poco tempo dopo è giunta la notizia dell’assassinio di padre François Mourad, un eremita siriano, che era stato ospite del Monastero Francescano di Sant’Antonio da Padova, ad Al-Ghassaniyah. Secondo quanto riferito da Asia News lo scorso 24 giugno, non è certo se il religioso sia stato ucciso da un proiettile vagante oppure si è trattato di un’uccisione deliberata da parte di estremisti islamici che hanno assaltato il monastero.
La morte di padre Mourad è avvenuta in seguito ad una veglia tenutasi due sabati fa per i due arcivescovi sequestrati in Siria lo scorso aprile, il cui destino è ancora ignoto. Il Patriarca di Antiochia, John Yazigi, ha radunato 300 persone per la veglia nei pressi della città libanese di Tripoli per invocare la liberazione dell’arcivescovo greco-ortodosso Paul Yazigi, e per l’arcivescovo siro-ortodosso Yohanna Ibrahim (cfr. Reuters, 22 giugno).
Ciò avviene mentre i paesi della NATO si stanno mobilitando per fornire armi alle forze ribelli in Siria. Al tempo stesso ci sono prove schiaccianti che sono state mandate armi ai ribelli siriani dalla Libia (cfr. New York Times, 22 giugno).
“Tale flusso è un’importante fonte di armi per gli insorti ed un caso di inversione di rotta sanguinosa, poiché usano gli eredi dell’arsenale di un uomo forte per combattersi a vicenda”, si legge nell’articolo.
Intanto i cristiani si ritrovano nel bel mezzo del conflitto e il loro destino non sembra preoccupare i fornitori di armi.
Anche la situazione in Egitto si sta rivelando ostica per i cristiani. Negli ultimi mesi il New York Times ha pubblicato svariati articoli sugli attentati contro i cristiani.
“Lo scorso giovedì il leader della Chiesa Copto-Ortodossa ha accusato il governo del presidente Mohamed Morsi di ‘delinquenza’ e di ‘ errori valutazione’ per non essere riuscito a prevenire un tumulto di strada settario che, nel weekend, è degenerato in un attacco alla cattedrale dopo un funerale, con almeno sei vittime cristiane”, si legge nel report del New York Times dello scorso 9 aprile.
Anche Amnesty International è intervenuta nel dibattito, con una dichiarazione ufficiale in cui, lo scorso 11 giugno, denunciava l’incremento dei casi di blasfemia.
Il comunicato stampa riferiva di un paio di sentenze giudiziarie, in cui i Cristiani Copti erano stati condannati per blasfemia. Inoltre si afferma che vi sono stati “numerosi recenti rapporti di altre persone accusate e condannate per blasfemia in Egitto”.
Secondo Amnesty International, “blogger e operatori dei media le cui idee siano ‘ritenute offensive’ come quelle dei Cristiani Copti – specialmente nell’Alto Egitto – rappresentano la maggioranza di quelli che sono nel mirino”.
Human Rights Watch, altra preminente organizzazione per i diritti umani ha già espresso a suo tempo preoccupazione per la Primavera Araba nel suo World Report 2013, pubblicato lo scorso febbraio.
Nella sua introduzione del rapporto, Kenneth Roth, direttore esecutivo dell’organizzazione, ha commentato: “Dopo due anni di Primavera Araba, l’euforia sembra una cosa del passato”.
Ci sono timori che i più significativi vincitori della rivolta, gli islamisti, andranno a limitare i diritti umani, aggiunge Roth.
Il direttore esecutivo di Human Rights Watch ha poi aggiunto che vi sono dubbi sul ruolo della Sharia in Egitto e su cosa ciò significhi per i diritti umani, inclusa la libertà religiosa.
Riguardo alla Libia, Roth osserva che vi è un governo debole, incapace di assicurare il rispetto dei diritti umani. In parte ciò è dovuto a fattori locali ma vengono accusate anche le forze della NATO per aver semplicemente dichiarato vittoria e poi abbandonato il campo, invece di contribuire a ricostruire le istituzioni dopo la deposizione di Gheddafi.
Un altro dossier, a cura del Pew Forum on Religion and Public Life, ha concluso che le restrizioni alla libertà religiosa continuano a crescere. Il rapporto Arab Spring Adds to Global Restrictions on Religion, pubblicato lo scorso 20 giugno, ha osservato checontinuano a salire i già alti livelli di attenzione sulla libertà religiosa.
Al pari delle restrizioni imposte dai governi, anche il livello di ostilità sociale è aumentato, commenta il Pew Forum.
Il Medio Oriente non è certamente l’unica regione in cui la libertà religiosa è sotto scacco, osserva il rapporto. Infatti, nel periodo 2007-2011 il numero di paesi con alti livelli di restrizioni è salito da 10 a 20.
I cristiani continuano ad essere il gruppo con il più alto numero di minacce o intimidazioni, in 105 paesi. Ciononostante, il Nord Africa e il Medio Oriente spiccano per essere l’area con i più alti livelli sia di restrizioni governative, sia di ostilità sociale.
Deporre sgradevoli dittatori e regimi autoritari sembra una strada allettante e risulta anche gradita all’opinione pubblica. Le conseguenze di tali azioni sono, come vediamo, non sempre altrettanto allettanti.