La conoscenza di sé è alla base della nostra vita. La nostra esistenza ricerca sempre un equilibrio fisico e interiore, che non può essere armonizzato, senza avere scienza di se stessi. Noi siamo spesso attratti dal conoscere chi abbiamo di fronte, ma siamo pigri mentalmente e spiritualmente a rapportarci con le nostre profondità interiori, per scoprire la nostra vera identità. Gli errori così aumentano e le nostre delusioni diventano “oggetti”, più o meno preziosi, da collezione. Nella nostra quotidianità, tutto passa dalla  esperienza completa di sé. Lo studio, il lavoro, l’amore, lo sport, l’amicizia si contendono il risultato migliore, ma il posto da occupare nella graduatoria della vita dipende molto da quanto siamo riusciti a conoscerci seriamente.

Anche nel momento della preghiera non possiamo non partire da quello che siamo. Non farlo, significa snaturare il rapporto con Dio. A noi manca la scienza di noi stessi e quindi corriamo spesso contro natura; contro lo stesso nostro temperamento; contro la storia della persona che è in noi. Allora anche quando preghiamo non dovremmo chiedere, ad esempio, qualcosa che non saremo mai in grado di fare. Chi prega sottoscrive, sollecitandolo, un patto con il Creatore che non può disattendere. Mai ripercorrere l’esperienza stolta di Erode con Salomè. In Marco leggiamo: E le fece questo giuramento: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Sappiamo come è andata a finire! La testa di Giovanni, malgrado le contrarietà di Erode, fu consegnata su un vassoio. Anche i discepoli, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, chiedono a Gesù di ottenere per sé qualcosa di speciale, dimostrando di non conoscere la scienza del regno di Dio. Sempre in Marco si legge: “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete”. La prima preghiera da fare è di chiedere la comprensione del nostro mistero, della nostra luce interiore, dei nostri talenti, del nostro carisma. È necessaria la concreta conoscenza delle proprie abitudini, aspettative, tempi di apprendimento, attitudini. Il contadino che invoca il cielo per ottenere un raccolto di qualità, ha conoscenza del terreno e della sua attività. La preghiera rivela sempre il cuore di ognuno di noi. Gesù spiegava ai suoi discepoli che bisogna sempre chiedere o rispondere nella preghiera, come nelle nostre relazioni comuni, senza barare con se stessi e partendo dalle proprie reali capacità. Quante brutte figure e quanti errori eviteremmo per noi e per gli altri. Quanta  gente si è rovinata per non avere avuto scienza di sé!

Chi non ha poi scienza di una legge, non potrà mai interpretarla nella sua reale portata e non ne avrà l'esatta conoscenza. La stessa cosa vale per il ruolo esercitato nella società. Giovanni Battista, può spiegare ai suoi seguaci la natura del suo ruolo, perché conosce quello di Cristo. Evita così di falsare la giusta lettura della storia. Per pregare bisogna quindi partire sempre dal posto che Dio ci ha assegnato su questa terra, nella salute e nella cattiva sorte. La relazione con Dio è centrale e dalla sua giusta profondità dipenderà la nostra vita, nella sua essenziale verità. È Cristo che ci illumina per comprendere la volontà di Dio. Il sacerdote, conoscendoci bene, ci indica la strada per vivere bene questa relazione. Ricordiamoci comunque che il Padre predispone ogni cosa! E dove cade la sua benedizione non passa alcuna maledizione. Senza queste verità si precipita nella mormorazione, nell'insoddisfazione, nella debolezza e nella mediocrità. Necessita perciò la catechesi. La Chiesa non può farne a meno, per evitare che si cada nell'esaltazione della Parola, producendo danni irreparabili. La stesso Gesù, prima di mandare per il mondo i suoi discepoli, li preparò al regno del Padre. Senza la scienza di Dio non c'è fede. Senza la scienza di sé, manca l’architrave della preghiera e la relazione con la verità del cielo.

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