Coltivare il cuore è prioritario per la “vita spirituale”. Nel cuore si concentra tutta l’attività spirituale dell’uomo: le verità vi pongono il loro sigillo, le buone disposizioni vi si radicano, mentre l’opera propria del cuore è di dare il “gusto” di rendere amabili. Quando la “ragione contempla” l’universo spirituale e le sue diversi parti, o quando la volontà è attirata dalle azioni pie che la sollecitano, il cuore deve prima di tutto provare “dolcezza e comunicare calore”. Questo “sentimento di dolcezza” in presenza dello spirituale è il primo segno del ravvivamento dell’anima morta nel peccato. Questo perché la formazione del cuore è di grande importanza sin dall’inizio”[1].
Il cuore, dunque, testimonia ciò che noi siamo in verità, poiché l’uomo non è solo corpo e anima, egli è anche, e principalmente, Spirito in forza del battesimo. Per raggiungere questa “stabilità” del cuore è necessario la lotta spirituale. Il combattimento tra lo Spirito e il demonio è il cuore. E’ nel cuore che il nemico getta il “grano cattivo”. Di conseguenza, non bisogna mai abbandonarsi al sonno, non bisogna mai chiudere gli occhi dello spirito. La vita naturale ha un tempo riservato al sonno, ma la vita dello spirito non ne ha, e bisogna sempre stare in stato di allerta, ed essere vigilanti.
Il primo effetto della vigilanza è di vegliare che qualsiasi elemento distruttore non venga dall’esterno per istallarsi nel cuore. L’arte di conservare il “paradiso del cuore” nello stato di innocenza e di felicità consiste quindi nel troncare ed estirpare sin dal primo istante ogni suggestione del nemico.
In questo senso è fondamentale la “preghiera del cuore”. Essa è considerata infatti uno stato ideale sia per i santi orientali che per gli occidentali. La moderna società tecnologica la comprende difficilmente. L’uomo di oggi cerca, per tutto ciò che accade, una causa esterna. Chi ci insegnerà oggi, di nuovo, ad ascoltare le “voci interiori” che parlano dentro di noi? Coloro che praticano la «preghiera del cuore»ci introducono all’interno di questa arte.
La preghiera del cuore è un’attività umana irraggiungibile con i concetti scientifici che sono alla base della nostra civiltà, ma nello stesso tempo attira ed affascina perché qualcosa di nascosto. Teofane il Recluso, autore russo classico della spiritualità, parte dal fondamento antropologico che l’uomo partecipa interamente all’atto della preghiera. Secondo la tradizione orientale, elementi essenziali sono il corpo, l’anima e lo Spirito Santo. Ma il ruolo decisivo nella preghiera spetta all’anima, all’interno della quale distingue tre facoltà: intelletto, volontà, cuore.
La preghiera attiva è quella che si realizza su decisione della volontà. Ma la più perfetta è quella in cui predominano i «sentimenti del cuore» [2] ovvero le “intuizioni del cuore”. Un altro momento di unione col Signore è nella “contemplazione”. Un ricordo continuo di Dio, come sostengono i Padri della Chiesa, che per i cristiani dovrà divenire abituale come respirare. Un desiderio di piacere a Dio, sempre presente e sempre attivo in ogni atto umano. Questo anche perché bisogna prendere atto che “l’anima del mondo” è lo Spirito Santo che entra in ogni situazione. L’uomo ricorderà la presenza costante di Dio nella sua vita osservando la bellezza del cosmo, l’unità del mondo se segue Dio, in comunione con lo Spirito Santo. Il cosmo “obbedisce alla parola di Dio” e Dio “veglia” sulle proprie creature e provvede al loro bisogni. C’è una Provvidenza cosmica e incentrata direttamente sull’uomo.
La Provvidenza si identifica con “quell’azione di Dio” che nella letteratura cristiana prende il nome di oikonomia. Giovanni Crisostomo impiega tali tecniche per descrivere il comportamento prevalente dell’uomo, che prima di agire considera le circostanze. E questo è anche il disegno di Dio sull’uomo, che procede verso un fine che è la salvezza e la gloria. Secondo gli autori spirituali, questo modo nei Padri della Chiesa di concepire la Divina Provvidenza presente nel mondo e nel creato, mette già le basi alla scienza del “discernimento spirituale”.
L’universo infatti è per S. Basilio il “territorio” di Dio-Padre e nulla resta escluso dalla Provvidenza di Dio, nulla sfugge alle sue cure. Il suo occhio “vede tutto e non dorme”, la sua Provvidenza è generale perché implica tutto l’universo e nello stesso tempo «particolare», in quanto la “provvidenza universale” non implica che essa sia la stessa per tutti gli esseri. C’è una Provvidenza particolare per coloro che ne sono «degni», accanto a quella comune che guida il mondo. Quando arriveranno le sofferenze, che metteranno alla prova questa bella fede nella Provvidenza universale, il cristiano darà testimonianza della sua virtù [3].
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NOTE
[1] Teofane il Recluso, Put’,305 Mosca , p. 400
[2] Teofane il Recluso, Lo Spirito ed il cuore, p. 142-146
[3] Thomas Spidlik, La Spiritualità dell’Oriente cristiano, p. 123-126.