“La pulizia di Papa Bergoglio è iniziata”. È quanto sottende la notizia diffusa oggi dell’arresto di mons. Nunzio Scarano, 61 anni, (originario di Salerno e non vescovo di Salerno come alcuni lo hanno erroneamente definito), responsabile del servizio di contabilità analitica all’Apsa, l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica. Tre i capi d’accusa: truffa, corruzione e calunnia.
La notizia già di per sé farebbe scalpore, ma diventa una “bomba” nel momento in cui scoppia a due giorni di distanza dalla decisione del Papa di istituire una Pontificia Commissione referente sulle attività dello IOR. Il che lascia intuire che il team abbia cominciato a fare bene il lavoro di ristrutturazione della banca vaticana tanto desiderato da Bergoglio e, prima di lui, da Ratzinger.
Insieme all’alto prelato – impiegato della Banca d’America e d’Italia prima di prendere i voti – sono finiti nelle manette del Nucleo Speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza anche Giovanni Maria Zito, ex funzionario del Servizio segreto interno, sottufficiale dei carabinieri, espulso alcuni mesi fa dall’Aisi, e il broker finanziario italiano, operante soprattutto all’estero, Giovanni Carenzio. L’ordinanza è del gip di Roma, Barbara Callari.
Le indagini, portate avanti dal procuratore aggiunto Nello Rossi, sono nate in seguito ad alcuni controlli su delle “strane manovre” finanziarie del trio in Svizzera. Mons. Scarano – da oggi tra le mura del Regina Coeli – si sarebbe accordato con Zito una ricompensa di circa 400 mila euro nel momento in cui avrebbe fatto rientrare dal territorio elvetico ben 20 milioni di euro liquidi appartenenti ad una famiglia sua amica (secondo le intercettazioni, i fratelli D’Amico, armatori napoletani, n.d.r.). Il “trasporto” sarebbe dovuto avvenire a bordo di un jet privato: una informazione che però l’avvocato difensore di Scarano, Silverio Sica, ha smentito affermando che “potrebbe essersi trattato di un aereo di Stato”.
Per “monsignor 500” – come era chiamato Scarano in Vaticano per l’abitudine di mostrare le ‘banconote viola’ all’interno del suo portafoglio – era già stato oggetto di un’indagine di alcune settimane fa, a Salerno, che coinvolgeva altre 56 persone. Il reato? Riciclaggio di 560mila euro. Scarano ha sempre dichiarato la provenienza lecita del denaro, ma gli inquirenti e la procura campana hanno preferito andare fino al fondo alla vicenda, cercando di rintracciare la reale provenienza dei liquidi.
In ogni caso, la questione aveva fatto sì che, verso gli ultimi giorni di maggio, il Vaticano sospendesse il monsignore dal suo incarico di responsabile del servizio di contabilità analitica presso l’Apsa. Lo ha confermato oggi Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, dichiarando: “Come già noto dai giorni scorsi, mons. Scarano era stato sospeso dal servizio presso l’Apsa da oltre un mese, appena i Superiori erano stati informati che era indagato”.
Il provvedimento – ha spiegato il portavoce – è stato preso “in applicazione del Regolamento della Curia Romana, che impone la sospensione cautelare per le persone per cui sia stata iniziata un’azione penale”.
La Santa Sede – ha proseguito Lombardi – “conferma la sua disponibilità a una piena collaborazione” con le competenti autorità italiane, seppur per ora non abbia ricevuto “alcuna richiesta sulla questione”. Dal canto suo, l’AIF, l’autorità che vigila sulle finanze vaticane, “segue il problema per prendere, se necessario, le misure appropriate di sua competenza”.