In partenariato con il Centro Astalli dei Padri Gesuiti e l’ente gestore Cooperativa Roma Solidarietà, la Caritas diocesana di Roma ha attivato due progetti per proteggere e aiutare i rifugiati. Si tratta del Progetto Sviluppo e del Progetto S.P.E.S.2, entrambi co-finanziati dal Fondo Europeo Rifugiati (FER), attivi dal 10 agosto 2012 e si concluderanno domenica prossima, 30 giugno.
Ieri, mercoledì 26 giugno – nella Giornata Internazionale a sostegno delle vittime di tortura – la Caritas diocesana ha presentato i risultati finali di questi due progetti durante una conferenza stampa presso il Centro Ascolto Stranieri in via delle Zoccolette, a Roma. La presentazione ha mostrato, che in totale sono stati aiutati 477 stranieri, di cui 124 “vulnerabili”.
Il progetto presentato per primo è stato il Progetto sviluppo, rivolto ai richiedenti e titolari di protezione internazionale, che non rientrano nella categoria “vulnerabili”, bensì in quella “ordinaria”. Lo scopo è il miglioramento delle capacità d’integrazione socio-economica dei richiedenti e titolari di protezione internazionale tra percorsi intergrati e personalizzati nei diversi ambiti dell’integrazione.
Gli ambiti sono la salute, l’istruzione, il lavoro e la casa. Il progetto punta, tra l’altro, a favorire l’acquisizione della residenza, l’accesso ai servizi bancari e finanziari, ad accrescere le competenze per il futuro lavoro e, sopratutto, a favorire la conoscenza della lingua e della cultura italiana. (La conoscenza della lingua è confermata dalla certificazione CILS al livello A1 e A2).
Complessivamente hanno preso parte al progetto 353 persone, dai 19 ai 59 anni. La maggior parte erano uomini (303), mentre erano solo cinquanta le donne bisognose, di cui l’80% sotto i 35 anni. Il 45,9 % delle persone godeva dello status di rifugiato e il 43,3% di protezione internazionale. Più della metà provengono dall’Africa sub sahariana, cioè da Eritrea, Somalia, Mali, Costa d’Avorio, Senegal e Etiopia. Il 43,6% è invece originario dell’Asia, in particolare Afghanistan e Pakistan. Una piccola minoranza proviene infine dell’America Latina.
L’aiuto ai bisognosi è avvenuto attraverso un’attività di ascolto, con colloqui individuali e un’accurata rilevazione dell’Appartenenza al target di progetto. Sono stati effettuati percorsi individualizzati per assicurare le azioni. Alla fine, 146 persone hanno ricevuto contributi come l’indennità di frequenza, la copertura delle spese per l’inserimento lavorativo, contributi per l’alloggio e le spese mediche non coperte dal S.S.N., e anche al pagamento per le visite culturali.
Il secondo progetto, il Progetto S.P.E.S.2 – Sostegno psicologico e sociale, al contrario del primo, si occupa dei “vulnerabili”. I principali obiettivi sono il rafforzamento delle misure di accoglienza, del sostegno e della riabilitazione psicofisica. Poi il rafforzamento dell’accoglienza residenziale per uomini singoli e interventi personalizzati, e infine il potenziamento della rete del territorio per migliorare l’accesso ai servizi dei richiedenti. Durante gli ultimi mesi, il progetto ha seguito tre linee di azione: Accoglienza Residenziale; Attività di promozione e riabilitazione psico-fisica; Orientamento e accompagnamento all’istruzione, alla formazione e al lavoro.
Complessivamente sono stati 300 tra richiedenti e titolari di protezione a beneficiare del progetto. Tra questi, 124 sono risultati eleggibili. La maggior parte (il 72%), come nel Progetto Sviluppo, erano uomini. Il 51% era titolare di protezione internazionale, quasi la stessa percentuale dei richiedenti asilo (47%). Questi provenivano per lo più da Senegal, Costa d’avorio, Mauritania e Mali. Quanto alle diverse categorie vulnerabili, la maggioranza erano vittime di violenza e tortura. Il 42% di queste vittime ha avuto un’inevitabile ripercussione sull’esito dei percorsi di integrazione proposti.
Riguardo alle tre linee di azione, il progetto ha sempre proposto ai destinatari percorsi individuali integrati. Così, dei 124 destinatari in carico nel progetto, il 53,2% ha tratto vantaggio dall’orientamento al lavoro, dalla formazione e dall’istruzione; il 93,5% dall’orientamento sociale e legale; il 51% dalla cura e riabilitazione psicofisica; il 29% dai contributi economici e il 34% dall’accoglienza residenziale.
Durante il convegno di ieri, alcuni rifugiati partecipanti a uno dei due progetti, hanno raccontato la loro storia di vita. La Caritas di Roma ha anche colto l’occasione per porgere i certificati di conoscenza della lingua italiana. Un momento di grande emozione quindi per questi “nuovi cittadini” romani.