Ubicata sulla Portuense e nota come la “catacomba fantasma” per via delle sue apparizioni e delle sue scomparse agli occhi di studiosi e di comuni cittadini nel corso dei secoli, la Catacomba Ebraica di Monteverde è la protagonista di un pregevole e accuratissimo lavoro condotto dalla Soprintendenza Speciale dei Beni Archeologici di Roma e culminato nella pubblicazione del Volume intitolato La Catacomba Ebraica di Monteverde : vecchi dati e nuove scoperte.
La Catacomba Ebraica di Monteverde è la prima di sei catacombe ebraiche presenti a Roma a venire alla luce. Ciò accade grazie ad Antonio Bosio nel 1602, e la descrizione confluisce nella sua Roma Subterranea, pubblicata postuma nel 1632.
Notizie sembrano, invero, già apparire nel Diario di viaggio dell’ebreo spagnolo Beniamino de Tudela, datato a 1166, nel quale si parla di una “caverna” nella Portuense, che Paolo Aringhi, autore nel 1671 della Roma Subterranea Novissima, identifica con la nostra catacomba.
Nel corso del Settecento varie personalità la riscoprono: Monsignor Francesco Bianchini nel 1740, il Presidente alle Antichità Romane Ridolfino Venuti nel 1748 e Gaetano Migliore, che – intorno al 1780 – descrive le pessime condizioni della struttura, assai facile al cedimento.
Da allora il complesso ipogeo sembra eclissarsi per circa una sessantina d’anni, quando nel 1843 l’archeologo Padre Giuseppe Marchi, insieme all’architetto Giovanni Fontana, si mette alla sua ricerca basandosi sulle indicazioni del Bosio.
Mentre agli inizi dell’Ottocento, Giovanni Battista De Rossi, padre fondatore dell’archeologia cristiana, si occupa di ricostruire l’origine delle catacombe ebraiche in rapporto con quelle cristiane, nel 1829 un’importante scoperta attira il mondo scientifico di allora : il rinvenimento della seconda catacomba ebraica, quella di Vigna Randanini sull’Appia.
A questo ne seguono altri due nel corso dell’Ottocento : la catacomba ebraica di Vigna Cimarra nel 1866 e quella sulla Via Labicana.
Agli inizi del Novecento, un enorme contributo allo studio del complesso di Monteverde è dato dal Mueller, professore berlinese di Teologia, che svolge due campagne di scavo: la prima tra il 1904 e 1905 e la seconda nel 1906, entrambe nella Vigna Pellegrini – Quarantotti.
Tra il 1910 e il 1914 la realizzazione della nuova stazione di Roma Trastevere comporta drastiche modifiche alla geomorfologia della collina di Monteverde e conseguentemente anche a parte della catacomba.
Alle distruzioni seguono nuove scoperte e nel 1913, nella Vigna Benucci – dove già nell’Ottocento vengono alla luce tombe a cappuccina – a seguito di una frana nel terreno, viene rinvenuta una nuova regione della catacomba, della quale gli archeologi Enrico Josi e Schneider – Graziosi redigono una preziosa planimetria.
Il 12 maggio del 1914 viene pubblicato un articolo sul Caffaro, giornale genovese, in cui sono messe in risalto le pessime condizioni strutturali della catacomba.
Si nota come nel corso dei secoli gli studiosi abbiano spesso posto l’accento sulla facilità di cedimento del banco tufaceo della catacomba. È proprio questo, insieme al forte intervento dell’uomo nell’area, ad aver contribuito alla distruzione di alcune parti del complesso, alla obliterazione di altre ed alla conseguente difficoltà di ritracciare lo sviluppo topografico della catacomba nella sua totalità, da parte degli archeologi contemporanei.
Ancora, un nuovo braccio del complesso catacombale compare all’archeologo Roberto Paribeni nel 1919, ma ad oggi non è purtroppo più localizzato a seguito del suo successivo crollo; mentre Rev.do P. Edomondo Fusciardi individua un ipogeo ebraico sotto la chiesa di Santa Maria Regina Pacis.
Nel 1936 J.B. Frey pubblica una sezione della catacomba senza menzionare alcuna collocazione; fortunatamente nel 1938 il De Angelis D’Ossat per la stessa sezione fornisce invece tutte le indicazioni topografiche, localizzandola in Via Massi (Circonvallazione Gianicolense).
Della catacomba di Monteverde non si hanno più notizie per circa quindici anni, quando, nel 1950 il Bernardini, un appassionato di archeologia, descrive il complesso con i medesimi termini e le medesime indicazioni topografiche del De Angelis D’Ossat.
Nel 1997 appare a Berlino un ricco apparato fotografico- per gran parte riguardante le iscrizioni sepolcrali – consistente in più di 350 fotografie scattate dal Mueller e facente parte della Collezione della Humboldt Universitat, che ne ha permesso il proficuo studio e la loro riproduzione.
Da allora la catacomba è nuovamente tornata all’attenzione degli archeologi che hanno realizzato uno studio accurato delle fonti storiografiche ed archeologiche antiche facendole dialogare con i ritrovamenti odierni.
I limiti topografici dell’area oggetto di studio sono: Via dei Quattro Venti, Via Portuense, la Ferrovia con alle spalle la Circonvallazione Gianicolense e Viale delle Mura Portuensi.
Si è partiti con l’identificazione e il posizionamento su cartografia attuale dei due diverticoli a destra della Portuense descritti nel Seicento dal Bosio, che andava alla ricerca della Catacomba Ebraica e della Catacomba di Ponziano.
Il primo diverticolo ha come riferimento cartografico la pianta del Bufalini del 1555 e una mappa del 1660.
Il secondo diverticolo è citato dal Bosio, il quale afferma di averlo imboccato in corrispondenza della Cappella cinquecentesca di Santa Maria del Riposo, nel 1618, alla ricerca delle catacombe di Ponziano.
Gli studi hanno ampiamente dimostrato la confusione dell’archeologo maltese nell’attribuzione dei diverticoli alle catacombe, così da pervenire alla conclusione che dal primo diverticolo della Portuense (cosiddetto vicolo chiuso) si accede alle Catacombe di Ponziano, mentre dal secondo diverticolo della Portuense (attuale via di Monteverde) si accede alla Catacomba Ebraica.
(La seconda parte segue domani, venerdì 28 giugno)